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8.7.18 - Un sollecito per i lavori sul fiume Metramo
Maria Francesca Cordiani

12.7.18 - Ospizio e asilo nido: soldi bruciati?
Pasquale Cannatà

29.7.18 - La vulgata populista sulla Prima Repubblica e il Nazionalpopulismo
Domenico Distilo

9.8.18 - Buon senso e istituzioni
Maria Francesca Cordiani

10.8.18 - Terme: la sentenza del Tar sotto la lente d'ingrandimento
Francesco Orlando Distilo

14.10.18 - Luigi Di Maio non è populista. Chi lo attacca non ha capito che il popolo merita ogni attenzione
Angelo Cannatà

12.11.18 - «Plauso per il finanziamento alla diga, ma non bisogna abbassare la guardia»
Carmelo Panetta





(8.7.18) UN SOLLECITO PER I LAVORI SUL FIUME METRAMO (Maria Francesca Cordiani) - Qualche tempo fa la scrivente inviava a mezzo lettera raccomandata una richiesta al Responsabile del procedimento ed all’Ufficio Direzione dei lavori sul Metramo della Città Metropolitana di Reggio Calabria, con la quale lamentava l’insufficienza dei lavori effettuati sul corso d’acqua sopra citato, a seguito dell’approvazione del progetto esecutivo, relativo al completamento degli interventi di messa in sicurezza dei fiumi Fermano e Metramo, per il mancato rafforzamento degli argini, nonché per la presenza nell’alveo del suddetto fiume di vegetazione di varia specie, che ostruisce il regolare deflusso delle acque.

Nella missiva inoltre la stessa metteva in evidenza la necessità di un ampliamento del progetto, per il tratto del torrente che attraversa Galatro ed a monte almeno a partire dalla diga. Ella sollecitava poi i destinatari dell’istanza a procedere all’accertamento di eventuali lacune nei lavori effettuati sul sopraindicato fiume rispetto a quanto previsto ed a disporre un ampliamento di tali opere.

Recentemente il RUP (Responsabile Unico del Procedimento) con cortese solerzia in riscontro alla suddetta epistola inviava alla sottoscritta una raccomandata A/R nella quale dichiarava, tra l’altro, che «l’impresa aggiudicataria dei lavori ha eseguito le opere così come previsto in progetto e come successivamente disposto dagli atti tecnico-amministrativi redatti e regolarmente approvati in corso d’opera.»

Nulla lo stesso affermava in riferimento all’istanza di ampliamento dei lavori. Alla luce di tale dichiarazione, quindi, i lavori previsti sono stati completati.

Ma il fiume nelle condizioni in cui a tutt’oggi versa può considerarsi bonificato e messo in sicurezza? Ad avviso della scrivente solo in minima parte ed addirittura, forse, in misura inferiore rispetto ai suoi affluenti.

Alla luce di quanto sopra esposto sarebbe utile e necessario richiedere maggiori chiarimenti ed un'estensione dei lavori al competente Settore della Città Metropolitana di Reggio Calabria, soprattutto per il tratto del fiume a monte del nostro borgo, dal momento che, come già la stessa ha affermato in precedenza e come d’altronde è noto, la vegetazione presente nell’alveo non tarderà a crescere e diramarsi nuovamente.

A tal fine la sottoscritta si dichiara disponibile anche alla costituzione di apposito comitato civico.

Maria Francesca Cordiani

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(12.7.18) OSPIZIO E ASILO NIDO: SOLDI BRUCIATI? (Pasquale Cannatà) - Quando ero un giovane studente universitario mi è capitato di leggere un concetto espresso da un autore di cui non ricordo il nome, ma che mi è rimasto talmente impresso che ancora oggi mi torna in mente, anche se non con le parole esatte: i soldi che i comuni intendono investire per la costruzione di asili nido e di ospizi per gli anziani dovrebbero essere bruciati tutti, perché i bambini devono stare con le loro mamme ed i vecchi devono essere accuditi dai loro figli!

In quegli anni a Galatro era così perché poche donne avevano un lavoro esterno alla famiglia e potevano quindi dedicarsi alle cure di parenti e anche di vicini di casa. Adesso che sono passati 50 anni, le condizioni sociali sono cambiate ed un salario o uno stipendio non bastano più per garantire alle famiglie quel livello di vita a cui ci siamo abituati (anche se forse ci affanniamo per avere tante cose non necessarie!), per cui molte più donne lavorano e di conseguenza i vecchi devono essere assistiti in strutture pubbliche, così come i bambini in età pre-scolare.

In base a queste considerazioni si può dedurre che i soldi spesi per la costruzione a Galatro di un ospizio e di altre strutture mai utilizzate non sono stati soldi bruciati, ma usati per realizzare opere che non rispondevano ancora alle necessità della comunità galatrese essendo premature per quei tempi, ma che oggi potrebbero tornare di nuovo utili.

Ho fatto questa premessa perché in risposta a quanto ho scritto nel
mio articolo sulle “mutande di Giulio Cesare” mi ha contattato su facebook Antonio Sibio per ricordarmi le proposte che lui aveva fatto in un suo articolo pubblicato su questo giornale in data 11/2/2014: l’ho riletto e ritengo che quanto da lui immaginato sia ancora realizzabile e devo constatare che di tutte le cose da lui elencate solo il vecchio campo sportivo è stato recuperato diventando il bel maneggio della signora Norma.

Di Antonio Sibio ho fatto il nome perché volevo che chi fosse interessato potesse leggere il suo articolo, ma come lui altri mi hanno scritto auspicando una svolta positiva nell’economia del paese, così come non sono mancate considerazioni pessimistiche da parte di alcuni galatresi: il dibattito da me sperato si è quindi acceso, anche se in forma privata o ristretta a pochi amici, visto che al momento non mi risulta che qualcuno abbia spedito le sue considerazioni al nostro giornale.

Da parte mia devo correggere l’informazione che avevo dato riguardo alla mia permanenza a Galatro, perché per motivi di organizzazione familiare non sarò in paese nelle date annunciate, ma solo dal pomeriggio di mercoledì 25/7 alla mattina di sabato 28/7. Per questa ragione, non avendo il tempo minimo necessario per parlare con qualcuno, elenco sinteticamente di seguito le mie idee per il percorso e per l’organizzazione di una eventuale “Mezza maratona delle terme di Galatro”, cosa che non dovrebbe essere difficile vista la bravura dimostrata dall’A.D.O.S. nel realizzare la “marcialonga 5 ponti”.

A parte il cambiamento della data della mia permanenza a Galatro, confermo quanto indicato nel mio precedente articolo, come l’utilità della pubblicità gratuita che darebbe al paese il collegamento per una Messa su radio Maria e la mia disponibilità a collaborare da Padova alla realizzazione di qualche progetto. In modo schematico si tratta di questo:

Logistica
  • Piazza G. Matteotti tendone x sponsor e vendita materiale sportivo; consegna pettorale e pacco gara giornata di sabato in locali del comune adiacenti alla piazza; pasta party e altre portate a pagamento sabato sera; intrattenimento musicale sabato sera; partenza corsa domenica; c’è acqua potabile nelle vicinanze;
  • Edificio scolastico via regina Margherita spogliatoi, consegna sacche e cabine wc nel cortile interno; c’è acqua potabile nelle vicinanze;
  • Viale A. Moro arrivo; Largo Montagna e Asilo x pasta party e altre portate a pagamento dopo corsa (la stessa location del sabato sera); acqua potabile nelle vicinanze; cabine wc lungo ‘saitta’.
  • Percorso: da via R. Margherita verso strada di campagna che porta al frantoio Curinga e prosegue fino distributore Larosa/ristorante Mylos; si prosegue per la sp41 fino alla Villa comunale per imboccare la strada delle terme e tornare in paese per via Stab. Balneare; si percorrono via S. Nicola, via Diaz e si rientra in via R. Margherita dopo aver percorso le vie del paese in misura tale da finire il primo giro oltre metà percorso perché al secondo giro si andrà dritti dalla villa al traguardo di viale A. Moro.
  • Utilizzando il percorso di campagna si chiuderebbe per poco più di tre ore solo la strada per Galatro e si metterebbero delle transenne solo su metà carreggiata del tratto tra lo sbocco del sentiero e la salita per Feroleto/Plaesano (poco più di 200 metri!)

  • Pubblicità
  • Giornali; tv;
  • altre maratone, anche Messina

  • Regolamento
  • Ambulanze, sorveglianza percorso, transenne e altro sulla falsariga dei regolamenti di altre maratone che si possono reperire su internet.

  • Contenuto pacco gara
  • Canottiera con due loghi: comune e terme. Sarebbero gradite perché in tutte le maratone danno magliette con maniche lunghe o corte.

  • Gestione manifestazioni estate termale
  • Anche se la stagione termale comincia in primavera e finisce in autunno, le manifestazioni turistiche di cui ho parlato nel mio precedente articolo potrebbero avere inizio con la “5 ponti” a metà giugno e finire a metà settembre con la mezza maratona.
  • Far coincidere la chiusura con la festa della Montagna? (seconda domenica di settembre).
  • E l’apertura con una festa per s. Antonio? (seconda/terza domenica di giugno).

  • Non mancheranno da parte di amministratori e semplici cittadini altre idee migliori o suggerimenti per aggiustare quelle che io ho manifestato!

    Chiudo augurando a tutti delle buone vacanze e proponendo un’altra massima che mi è venuta ora in mente: le idee sono innumerevoli come i granelli di sabbia sulla spiaggia del mare, ma quelle realizzate sono come rare pepite d’oro.

    Spero che Galatro si riveli una ricca miniera!

    * * *

    Articoli attinenti:
    11.2.2014 - Galatro e le sue "bellezze" incomprese
    25.5.2008 - Situazione terme e strutture inutilizzate
    22.5.2008 - Strutture inutilizzate: il casotto della villa

    Nella foto in alto: struttura inutilizzata dell'ospizio a Galatro.

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    (29.7.18) LA VULGATA POPULISTA SULLA PRIMA REPUBBLICA E IL NAZIONALPOPULISMO (Domenico Distilo) - C’è anche una vulgata della storia della (cosiddetta) Prima Repubblica ad alimentare il morbo populista che sta devastando l’Italia e l’intero occidente. Pur conoscendo benissimo quanto sia inutile opporre ragionamenti e fatti a luoghi comuni e pulsioni irrazionali, crediamo sia il caso di soffermarsi su alcune verità che, paradossalmente, sono divenute invisibili proprio a causa della loro grandezza.

    1. Nei primi trent’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale l’Italia ha realizzato progressi per quantità e qualità non paragonabili con quelli di nessun’altra epoca storica. La scelta atlantica e quella europea sono state fondamentali per far entrare definitivamente il Paese nella modernità, determinando un’avanzata delle classi subalterne mai prima sperimentata;

    2. Da paese agricolo l’Italia si è trasformata in paese industriale, entrando nell’élite dei primi cinque o sei paesi al mondo con il PIL più alto e il reddito medio più alto per abitante;

    3. L’espansione del settore pubblico, in conformità ai canoni della politica economica keynesiana, ha contribuito alla crescita della domanda aggregata, con ricadute positive generalizzate;

    4. La scolarizzazione di massa ha accompagnato la diffusione del benessere e fatto sì che gli standard di vita dei giovani italiani raggiungessero e in molti casi superassero quelli dei paesi più avanzati;

    5. Sono stati ampliati i diritti dei lavoratori e i diritti di cittadinanza – dall’ istruzione alla sanità - grazie a una Costituzione improntata ai valori del solidarismo cattolico, del liberalismo e del socialismo;

    6. Grazie alla diffusione del benessere è aumentata la speranza di vita alla nascita, così che i costi del sistema sanitario sono in misura significativa determinati dall’incidenza della popolazione anziana. Il che rappresenta un male solo per chi ha voglia di morire giovane;

    7. Il calo demografico – che porta con sé la crisi del sistema pensionistico - è ascrivibile alla crescita dei livelli di benessere. Checché ne pensino Salvini e i salviniani, l’apporto degli immigrati è indispensabile per operare il riequilibrio e consentirci di sperare in una più bassa età pensionabile. E’ la sola strada da battere se si vuole seriamente mettere mano alla legge Fornero;

    8. Che il sistema politico della (cosiddetta) Prima Repubblica fosse instabile, perché caratterizzato da frequenti crisi di governo, è una sciocchezza a cui credono soltanto quanti di quell’epoca hanno una conoscenza molto superficiale. E’ vero che le crisi di governo erano in media una all’anno, ma garantivano il ricambio della classe di governo, determinando per tal via una sostanziale stabilità;

    9. Una consapevolezza condivisa ai tempi della (cosiddetta) Prima Repubblica era che la politica ha dei costi, che qualcuno deve pur sostenere. Se non si vuole che sia la fiscalità generale dovrà essere qualcun altro, ma immaginare che la politica si possa fare gratis è sciocchezza allo stato puro;

    10. Così come era dato per scontato che non si dà democrazia fuori del sistema della rappresentanza, la cui selezione e organizzazione non può prescindere dai partiti;

    11. Quanto a questi ultimi, non possono essere aggregazioni di individui come che siano e quali che siano. Ciò che distingue un mero aggregato di individui (ad esempio: il pubblico di uno stadio o di un teatro; i viaggiatori su un autobus) da un insieme cosciente e consapevole di persone che condividono dei fini e una visione del futuro (oltreché del passato), è l’ideologia, vale a dire l’essere di centro, di destra o di sinistra, secondo una nutrita e varia gamma di gradazioni;

    12. Uno degli assiomi della (sempre cosiddetta) Prima Repubblica è che la politica è essenzialmente mediazione e compromesso, nel senso che la mediazione serve a preparare il compromesso, che non è una parola impronunciabile ma il fine stesso della politica. Se non si fanno mediazioni e compromessi (che non sono “contratti”, termine che è sempre servito a designare gli accordi tra privati una volta formalizzati) semplicemente non c’è politica, a meno di non volersi consegnare a una dittatura, aperta o mascherata;

    13. Durante la (sempre cosiddetta) Prima Repubblica nessuno coltivava la pretesa che le élites non dovessero esistere. Poiché a scuola si studiava e non si faceva la settimana enigmistica si era pienamente compresi del fatto che le grandi svolte, preparate da grandi idee, sono sempre il frutto di intuizioni coltivate e perseguite da minoranze. Comprensione il cui corollario inespresso era che con i sondaggi, che funzionano da termometro degli umori popolari, si possono vincere le elezioni ma non si fa la storia, se non per il peggio;

    14. Il dramma del populismo sta proprio nel fatto che è venuta meno la distanza tra leader e masse e che al vertice dei governi e degli stati c’è chi pensa esattamente “come pensiamo noi”, cioè con la pancia. In altri termini, i leader invece di guidare le masse indicando loro le mete, ne amplificano le fobie, le idiosincrasie, le pulsioni irrazionali e violente. Trump, per dire, è la sintesi del peggio dell’americano medio, così come Salvini è l’icona del popolano padano post postmoderno che ha lasciato (si spera temporaneamente) il bar e la curva dello stadio per trasferirsi, niente poco di meno che, al Viminale;

    15. Il nazionalpopulismo montante non è una bagattella, ma un fenomeno di portata mondiale che rischia di far saltare le basi stesse della civiltà occidentale, non diversamente, mutatis mutandis, dal nazifascismo degli anni Venti-Trenta-Quaranta. Con il nazifascismo ha questo in comune: non è fatto di un’idea, di un progetto di società, di una visione del mondo ma solo di risentimenti, di rabbie, di risposte violente e semplificatrici a problemi magari reali ma quasi sempre amplificati, per i quali si pensa che la risposta sia fuori della politica e fuori dei parlamenti, per i quali s’invoca il rogo;

    16. Della pericolosità del nazionalpopulismo è del resto una spia il fatto che vada riprendendo in una maniera che è cominciata a diventare aperta e sfrontata ideologemi (propri del fascismo) imperniati sulla nazione e sulla razza, nonché sulla separazione tra liberalismo e democrazia, vale a dire tra il principio di maggioranza e le garanzie universali compendiate, prima che nelle costituzioni, nelle dichiarazioni dei diritti dell’uomo e del cittadino. Non è un caso che si torni a pensare e a mettere in atto la chiusura delle frontiere, anche ridando credito ad alcuni ciarpami del Romanticismo quali lo “Stato commerciale chiuso” di J. G. Fichte, un filosofo romantico-idealista non a caso e non a torto considerato da molti un precursore di Hitler;

    17. C’è chi è convinto che la storia non si possa ripetere. Tuttavia è provato che esistono i “ricorsi”, nei quali credevano Giovan Battista Vico e Benedetto Croce. Probabilmente ci troviamo dentro un “ricorso”, un ritorno a fasi e momenti che si credevano superati ma che invece “corrono” un’altra volta (“ri-corrono”, appunto) dopo avere avuto già una prima volta “corso";

    18. A “ricorrere” è attualmente una forma non poi tanto larvata di nazifascismo, le cui componenti sono il razzismo, che è la fondazione della politica su un principio biologico – la razza, appunto -, il nazionalismo, basato sulla chiusura a tutto ciò che è diverso e l’autoritarismo nella forma dell’affermazione di una democrazia illiberale (perché basata esclusivamente sul principio del numero) che reprime le minoranze (politiche, culturali, religiose ecc.);

    19. L’attuale alleanza di governo appare a molti un’alleanza destra-sinistra, dove la Lega sarebbe la destra e il M5S la sinistra. Se fosse vero sarebbe un motivo in più di preoccupazione, visto che si tratterebbe dell’alleanza tra due estremismi, qualcosa di inedito e lontanissimo dal classico rassemblement dei moderati, la cui prima versione si ebbe al tempo del “connubio” Cavour-Rattazzi. Piuttosto è qualcosa che ricorda il patto Molotov–von Ribbentrop, che ai suoi tempi non fece dormire a nessuno sonni tranquilli;

    20. Una sola delle cose dette da Renzi in tutta la sua carriera politica si può condividere: “Il M5S non è la nuova sinistra, ma la vecchia destra” (pronunciata durante l’intervento all’ultima assemblea nazionale del PD).


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    (9.8.18) BUON SENSO E ISTITUZIONI (Maria Francesca Cordiani) - Qualche giorno fa, com’è noto, durante la cosiddetta “cerimonia del ventaglio”, il nostro pregiatissimo Presidente della Repubblica, nel suo discorso, riecheggiava una significativa frase dei Promessi Sposi di Manzoni, affermando che «il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune.» Egli, inoltre, sottolineava «la necessità di governare il linguaggio con il coraggio e, se necessario, di contraddire opinioni diffuse.»

    Affermazioni di gran valore che dovrebbero costituire la base dell’agire quotidiano. Dichiarazioni da cui emerge, tra l’altro, il ruolo di garante della Costituzione svolto in maniera eccellente dal Capo dello Stato.

    Difatti il buon senso è anche e soprattutto osservanza dei valori e dei principi costituzionali, primo fra tutti quello del rispetto della persona umana, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità, ai quali si collegano gli altri fondamentali cardini costituzionali quali ad es. l’uguaglianza formale e sostanziale tra i cittadini, le libertà e la dignità del singolo, il dovere di solidarietà politica, economica e sociale ecc. Postulati a volte sopraffatti da mentalità diffuse, che spingono taluni ad assumere comportamenti inauditi che poi sfociano in episodi tragici.

    I mass-media, infatti, sovente ci danno notizia di vicende di violenza di matrice razzista o comunque frutto di ideologie lesive del valore della persona in quanto tale. Nella società odierna dominata sempre più dalla sete dell’avere e dell’apparire, in sostanza, spesso il buon senso è costretto a lasciar spazio a comuni modi di pensare, con la conseguente violazione, talvolta, dei fondamenti costituzionali. Quando poi sono le istituzioni, che invece dovrebbero dare l’esempio, ad incorrere in tali errori si rimane basiti e stupefatti.

    Al riguardo recentemente ha suscitato meraviglia e scalpore la notizia dei motivi della sospensione, un anno e mezzo fa ad opera dell'allora presidente Laura Boldrini, del concerto alla Camera dell’orchestra costituita da giovani componenti di Laureana di Borrello perché, secondo alcuni, sospettati di essere legati ad esponenti della malavita.

    In tale circostanza, piuttosto che adottare misure così drastiche altamente lesive, tra l’altro, della libertà, dell’identità, della dignità personale, dell’immagine dei membri dell’orchestra, oltre che dell’intera comunità Laureanese ed ancor più calabrese da sempre considerate terre di ndrangheta, forse sarebbe bastato ricorrere a maggiori misure di sicurezza.

    In generale, comunque, la mancanza di buon senso pervade la nostra vita quotidiana ogniqualvolta ci si nasconde dietro le opinioni e le mode della massa, senza avere il coraggio di andare controcorrente.

    Allora, non resta altro da dire se non: viva le persone di buon senso!

    Nella foto: l'ex presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, protagonista della sospensione del concerto dell'Orchestra Giovanile di Laureana di Borrello.


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    (10.8.18) TERME: LA SENTENZA DEL TAR SOTTO LA LENTE D'INGRANDIMENTO (Francesco Orlando Distilo) - Prima di entrare nel merito della sentenza del Tar di Reggio Calabria, nr. 468/2018 Reg. Prov. Coll. e nr. 100/2017 Reg. Ric., pubblicata il 31/07/2018, che si è conclusa a favore del Comune di Galatro, vorrei mettere in chiaro tre cose molto semplici per evitare facili strumentalizzazioni.

    In primo luogo voglio affermare con decisione che non entro nel merito delle questioni tra la Terme Service Srl ed il Comune di Galatro, in quanto questioni prettamente private e, pertanto, non mi compete alcun giudizio. L’esame della sentenza del Tar riguarderà solamente la decisione di ritenere infondate le doglianze per l’annullamento della delibera del Consiglio comunale n. 15 del 27 aprile 2017, pubblicata in data 3 maggio 2017, per l’assunzione della gestione diretta in economia delle Nuove Terme con annesso albergo di cui al punto 7) della Sentenza. Secondariamente aggiungo che, nonostante la mia opposizione a questa Amministrazione, sono favorevole alla gestione pubblica delle Terme, a condizione che vi siano trasparenza nella gestione e pari dignità per tutti i galatresi che dalle Terme attendono un’occasione di occupazione. Ed in ultimo, anche se può apparire ovvio, le sentenze si rispettano, anche se non le condividiamo nonostante questa sentenza sia, per alcune parti, il frutto di un copia e incolla, di cui darò dimostrazione a conclusione del presente intervento.

    Quando ho letto la sentenza, nella parte in cui si dice “tale principio, peraltro, è stato trasfuso nell’art. 166, II comma, del nuovo codice dei contratti pubblici ai sensi del quale le amministrazioni sono libere di decidere il modo migliore per gestire … la prestazione dei servizi”, mi sono ricordato della frase che mi disse il consulente di una società: “se lo hanno fatto è perché si può fare”. In quella circostanza stavo disconoscendo una fusione per incorporazione in quanto operazione elusiva. L’episodio risale a quando c’erano le lire e al posto dell’Agenzia delle Entrate c’erano l’Ufficio IVA e l’Ufficio delle Imposte Dirette. In tale circostanza sia l’Ufficio delle Imposte Dirette che la Commissione Tributaria hanno condiviso le mie argomentazioni. L’inciso del Tribunale Amministrativo quando dice che le amministrazioni sono libere di decidere il modo migliore per gestire … la prestazione dei servizi ha la stessa portata della frase che mi disse il consulente.

    Occorre, innanzitutto, chiarire la distinzione fra servizi pubblici a rilevanza economica e servizi pubblici privi di rilevanza economica in quanto tale differenza inciderà, poi, sulle forme di gestione.

    Per quanto riguarda la rilevanza economica, questa viene mutuata dalla definizione di imprenditore, per cui possono essere considerati servizi pubblici a rilevanza economica quelle attività per le quali l’ente locale ha scelto un modello gestionale di carattere imprenditoriale, finalizzato alla produzione di utili che coprano almeno i costi di gestione (v. nota 1)”.

    Per delimitare, invece, l’area dei servizi privi di rilevanza economica, si fa riferimento alla categoria dei cc.dd. servizi sociali, ovvero a quelle attività rivolte alla soddisfazione dei bisogni primari della persona, in base al disposto di cui all’art. 112 T.U.E.L. che contiene un richiamo ai “servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali (v. nota 2).

    Chiariti i concetti, anche se in forma sintetica, fra servizi pubblici a rilevanza economica e servizi pubblici privi di rilevanza economica, facciamo un passo indietro per vedere cosa ha disposto la delibera del Consiglio comunale n. 15 del 27 aprile 2017. Con questa delibera il Consiglio Comunale ha deciso di gestire le Terme in forma diretta ed in economia.

    La gestione in economia era regolamentata dall’art. 125 del D.Lgs 163/2006. Il ricorso alle procedure per spese in economia relative a servizi e forniture era consentito, ai sensi del comma 9 dell’art. 125, sino ad un importo di 137.000 euro, per le amministrazioni statali e sino a 211.000 euro, per tutte le altre amministrazioni. Il comma 10 prevedeva i casi tassativi in cui l’Amministrazione poteva procedere agli acquisti di beni e servizi in economia, elencando le seguenti fattispecie:

    a) a seguito di risoluzione di precedente contratto;

    b) per completare un’esecuzione di contratto in corso con prestazioni non previste e non inseribili nel contratto medesimo;

    c) per prestazioni periodiche a seguito della scadenza del contratto e nelle more delle nuove procedure di scelta del contraente;

    d) in caso di urgenza derivante da fatti oggettivamente imprevedibili, al fine di scongiurare situazioni di pericolo per persone, animali o cose ovvero per l’igiene, la salute pubblica, il patrimonio storico, artistico e culturale.

    Come già ampiamente ribadito in più di una occasione dal sottoscritto, nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici sono scomparse le procedure in economia. Nel testo del nuovo Codice dei contratti non risulta essere presente un articolo o un comma o, comunque, una disciplina omologa a quella contenuta nell’art. 125 del D.Lgs n. 163/2006. In poche parole, il nuovo codice dei contratti perde per strada la regolamentazione delle procedure in economia. Né tale disciplina si potrà continuare a ricavare dal D.P.R. 207/2010, abolito con la vigenza del nuovo codice, salvo in via transitoria le disposizioni indicate dall’articolo 216 del medesimo nuovo Codice (su progettazione, lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale, contabilità dei lavori e collaudi)”.

    In particolare, per le forniture e i servizi, l’effetto che deriva dal nuovo Codice è la sparizione totale della disciplina delle acquisizioni in economia. Per quanto riguarda, invece, i lavori, resta una traccia nell’art. 148, ove al comma 7 si prevede: “L’esecuzione di lavori in economia è consentita nei casi di somma urgenza, nei quali ogni ritardo sia pregiudizievole alla pubblica incolumità o alla tutela del bene, fino all’importo di trecentomila euro, tanto in amministrazione diretta, che per cottimo fiduciario. Entro i medesimi limiti di importo, l’esecuzione in economia è altresì consentita in relazione a particolari tipi di intervento individuati con i decreti di cui all’articolo 146, comma 4”.

    Considerato quanto evidenziato, mi pare che il Tribunale Amministrativo Regionale – Sez. staccata di Reggio Calabria e l’Avvocato della Terme Service Srl, sono stati superficiali sulla questione. Il punto focale della controversia, a mio avviso, non è la gestione diretta, di cui dirò in relazione a quanto riportato in sentenza dal Tribunale Amministrativo, ma la gestione in economia che, nel vigente articolato sui contratti pubblici, è sparita.

    Nell’articolata sentenza del T.A.R. di Reggio Calabria, al punto 7) si legge, tra l’altro: “Come già correttamente rilevato da precedente giurisprudenza, all’indomani dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 179 del 2012 (il cui articolo 34, comma 20 — correttamente richiamato dalla difesa del Comune — stabilisce che per i servizi pubblici locali di rilevanza economica è ammessa la gestione con ciascuna delle modalità ammesse dall’ordinamento eurounitario, a condizione che sussistano “[i] requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta”), non sussistono più limiti di sorta all’individuazione da parte degli Enti locali delle concrete modalità di gestione dei servizi pubblici locali di rispettivo interesse.

    L’articolo 34, comma 20 del decreto-legge n. 179 del 2012 dispone che “per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l'affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell'ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste”.

    Appare evidente che l’articolo citato fa riferimento all’affidamento, per il quale sono previsti tre diversi modelli di gestione del servizio:

    1. l’affidamento ad un gestore privato, mediante il ricorso a meccanismi competitivi di apertura del mercato;

    2. l’autoproduzione;

    3. le società miste, a partecipazione pubblico privata.

    Tralasciando l’affidamento al gestore privato e alle società miste, non oggetto della sentenza de qua, mi soffermo sull’autoproduzione. L’art. 5 del D.Lgs 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici) esclude il ricorso al mercato mediante procedura ad evidenza pubblica nelle ipotesi in cui un appalto pubblico venga aggiudicato “a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato” quando:

    a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi (società in house);

    b) oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante;

    c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, previste dalla legislazione nazionale che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giudica controllata.

    Appare chiaro che, non solo all’avvio del procedimento amministrativo ma anche alla sua conclusione, il Comune di Galatro non avesse i requisiti per l’affidamento, sia perché la gestione in economia è sparita e sia perché, a tutt’oggi, la famosa società in house, per la gestione delle Terme, non è stata ancora costituita.

    Andando oltre, né il Tribunale Amministrativo né (e figuriamoci) la difesa del Comune fanno riferimento all’art. 13, comma 25-bis, D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 il quale dispone che “gli enti locali sono tenuti ad inviare le relazioni di cui all'articolo 34, commi 20 e 21, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, all'Osservatorio per i servizi pubblici locali, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente e comunque senza maggiori oneri per la finanza pubblica, che provvederà a pubblicarle nel proprio portale telematico contenente dati concernenti l'applicazione della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica sul territorio”.

    Provate, cari lettori, a visualizzare il sito dell'Osservatorio per i servizi pubblici locali al seguente link:
    dati.mise.gov.it.

    Vi risparmio la fatica, il Comune di Galatro non c’è, perché ancora non ha i requisiti richiesti per poter affidare le Terme alla società in house.

    Ecco un altro motivo per cui il Tribunale Amministrativo Regionale di Reggio Calabria o l’avvocato della Terme Service Srl ovvero entrambi, secondo lo scrivente, sono stati superficiali sulla questione.

    L’ultimo motivo di questa trattazione ed anche, a mio parere, il più grave è il richiamo all’art. 166 del D.Lgs 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici).

    Occorre, innanzitutto, rilevare la collocazione dell’art. 166. Esso è stato collocato alla “PARTE III – Contratti di Concessione”.

    La concessione di lavori pubblici è un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici affidano l’esecuzione dei lavori ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i lavori oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo (art. 5, par. 1, n. 1, lett. a, D.Lgs. n. 50/2016).

    La concessione di servizi è qualificata anch’essa come un contratto a titolo oneroso, in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano ad uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori, riconoscendo, a titolo di corrispettivo, unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione, in capo al concessionario, del rischio operativo legato alla gestione dei servizi (art. 3, comma 1, lett. vv, D.Lgs. n. 50/2016).

    La distinzione tra l’appalto e concessione è agevole, posto che nel primo caso, il corrispettivo è costituito dal pagamento all’appaltatore, direttamente da parte del committente, dell’importo pattuito, consistente in una somma in denaro ovvero in altra utilità. Nel secondo caso, oltreché del prezzo concordato con il concedente, il diritto di gestione, a seconda dei casi, dell’opera o del servizio, consente al concessionario di percepire proventi dall’utente (sotto forma di pedaggio o di canone) per un periodo di tempo determinato.

    Pur riconoscendo quanto affermato dal T.A.R., nel senso che l’art. 166 recepisce il principio, cosiddetto di “libera amministrazione”, contenuto nell’art. 2, dir. 2014/23/UE, secondo il quale le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione della prestazione in conformità al diritto nazionale ed europeo. In particolare, la disposizione stabilisce che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono liberi di organizzare la procedura per la scelta del concessionario, fatto salvo il rispetto delle norme specifiche disciplinate per le concessioni dal decreto n. 50/2016. Questi soggetti sono liberi di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici. Il recepimento disposto dall’art. 166 di questo principio ne rappresenta, tuttavia, una edizione ridotta, rispetto al principio Eurounitario: testualmente, infatti, esso risulta limitato alla scelta ed organizzazione della procedura per la scelta del concessionario, nonché alla scelta del modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi. In sostanza il decreto n. 50/2016 prevede, pur nella flessibilità delle forme di gara, che trovino applicazione alle procedure di concessione le disposizioni di cui alla parte I e II del Codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione. In sostanza si consente al soggetto pubblico di decidere se erogare direttamente all’utenza la prestazione, mediante apposito organismo in house con affidamento diretto (autoproduzione), o se affidarla ad altri (esternalizzazione), mediante il rispetto delle norme che costituiscono un confine oltre il quale non è possibile andare per il rispetto di quei principi generali enunciati nell’art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016.

    Concludendo, in sostanza, a mio avviso, il Tribunale Amministrativo Regionale non ha tenuto conto, nella sua sentenza:

    i. dell’abolizione, dal D.Lgs. n. 50/2016, della gestione in economia;

    ii.dell’assenza di una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato a cui dare l’affidamento delle Terme;

    iii. della contraddittorietà in relazione all’articolo 34, comma 20 del decreto-legge n. 179 del 2012.

    NOTE
    1. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 28 maggio 2014, nr. 1356.
    2. Consiglio di Stato, ad. plen. 30 gennaio 2014, nr. 7

    BIBLIOGRAFIA
    Francesco Caringella, Il sistema del diritto amministrativo, Dike Giuridica Edizione;
    Francesco Caringella e Giuseppe De Marzo, La disciplina dei contratti pubblici, Woleters Kluwer;
    Massimiliano Alesio, Marco Panato, Nicola Sperotto, Le procedure di affidamento. Guida Operativa al D.Lgs. 18 aprile 2016, nr. 50, Woleters Kluwer;
    Roberto Garofali e Giulia Ferrari, Codice dei contratti pubblici, Nel Diritto Editore;
    Michele Corradino, Domenico Galli, Domenico Gentile, Maria Cristina Lenoci, Carlo Malinconico, I Contratti Pubblici, Woleters Kluwer;
    Luca R. Perfetti, a cura di, Codice dei Contratti Pubblici Commentato, Woleters Kluwer.

    Avevo anche anticipato che parte del punto 7) della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria risulta copiata da altre sentenze, con gli adattamenti al caso concreto delle Terme di Galatro, vi riporto, come promesso, le parti copiate ed i relativi link ove poter verificare personalmente.

    1.
    Dal punto “non sussistono più limiti di sorta all'individuazione da parte degli Enti locali” al punto “della eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”, risulta estrapolata dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 15/3/2016 n. 1034 che potrete trovare al seguente link:
    www.dirittodeiservizipubblici.it/sentenze

    2.
    Dal punto “all'indomani dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 179 del 2012 (il cui articolo 34, comma 20 stabilisce che per i servizi pubblici locali di rilevanza economica è ammessa la gestione con ciascuna delle modalità ammesse dall'ordinamento eurounitario” al punto “Si intende con ciò rappresentare che, quand'anche risultasse fondato l'argomento secondo cui l'autoproduzione non fosse in realtà idonea ad arrecare effettivi vantaggi economici all'Ente”, risulta estrapolata dalla sentenza n.01034/2016 REG. PROV. COLL. e n.05848/2015 REG. RIC. del 14 gennaio 2016 emessa dalla Sezione Quinta del Consiglio di Stato che potrete trovare al seguente link:
    www.comune.rodigo.mn.it/download

    C’è da aggiungere che le sentenze in questione sono state emesse sotto la vigenza del D.Lgs. 163/2006 e prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 50/2016. Io un’idea su come siano andate effettivamente le cose ce l’ho. Mi auguro che chi di dovere ne prenda atto.

    * * *

    Visualizza la Sentenza del TAR di Reggio Calabria n. 468/2018 (PDF) 623 KB

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    (14.10.18) LUIGI DI MAIO NON E' POPULISTA. CHI LO ATTACCA NON HA CAPITO CHE IL POPOLO MERITA OGNI ATTENZIONE (Angelo Cannatà) - Di Maio sbaglia i congiuntivi, Di Maio è demagogo, Di Maio è populista, Di Maio puzza. Tutti contro Di Maio, i giornaloni, reo di aver voluto la prima finanziaria attenta agli ultimi e non ai benestanti. Certo, qualche ingenuità l’ha commessa. Luigi Di Maio è giovane e ha tutto il tempo per imparare che certi errori vanno evitati: non si arringa la folla dai balconi, non si attaccano i giornali, eccetera, se non altro per non alimentare paragoni – ridicoli – con Mussolini.

    Ciò detto, vediamoli da vicino i detrattori del ministro. Repubblica è stato un giornale importante: denunciava e attaccava con forza: nella loggia P2 c’è Sindona, “Non stupisce - commenta Scalfari - perché Dio li fa e poi li accoppia. Gelli e Sindona sono personaggi della stessa pasta, versati entrambi nell’intrigo finanziario e politico e nell’arte della corruzione” (Repubblica, 10-5-81). E’ il frammento di una denuncia che scosse la coscienza della nazione. E’ difficile polemizzare con chi incarna, da mezzo secolo, parte importante del giornalismo italiano. Così come dispiace prendere le distanze da Michele Serra. Ricordo la mattina in cui arrivai al liceo in sala docenti - primi anni Novanta - col numero di Cuore e la “notizia”: “Scatta l’ora legale, panico tra i socialisti”. Sublime. Fui circondato dai colleghi e partì un cazzeggio infinito. Bellissimo. E tuttavia negli ultimi tempi qualcosa non va.

    Domenica 30 settembre, per es., sia Scalfari che Serra attaccano il governo. Legittimo. Ma con quali argomenti? “Quanto all’Italia - dice Scalfari - siamo in un Paese che ha una dittatura non soltanto di fatto (quella c’è già) ma di diritto.” Il Fondatore ha conosciuto la dittatura vera, fascista, che uccise Matteotti, votò le leggi razziali e portò il Paese in guerra, e definisce dittatura un governo democratico che aumenta il deficit dall’1,6 al 2,4 per cento. Sbaglio se scrivo che è un’esagerazione?

    Di più: è un errore insistere su un “rinnovato” partito della sinistra guidato dai “soliti nomi”, Gentiloni, Zanda, Calenda, Renzi. Molti sono scappati dal Pd proprio perché traditi da questa cosiddetta classe dirigente. Il tema è colto con lucidità da Carlo Feltrinelli: la sinistra “non sempre ha operato per la giustizia sociale, ha tentennato sui principi e spesso li ha traditi” (Repubblica, 28 settembre). E’ così. Hanno tradito i principi e non ha senso demonizzare i grillini: occupano lo spazio (diritti, equità, eguaglianza) lasciato vuoto dal Pd. Michele Serra dice che “il reddito di cittadinanza è cosa giusta ma i 5Stelle non sono di sinistra” perché sforano decimali di deficit. Non è così: proprio perché è cosa giusta i poveri vanno aiutati (anche) portando il deficit a 2,4. Infine. E’ una brutta pagina l’uscita di Di Maio contro Repubblica, ma anche il quotidiano di Calabresi deve aggiustare il tiro: non si nasconde “l’inchiesta per la soffiata di Renzi a De Benedetti… usata per guadagnare in Borsa 600 mila euro in due minuti”. Roba che Scalfari, quello antologizzato nel Meridiano Mondadori La passione dell’etica, avrebbe fatto esplodere uno scandalo, proprio perché De Benedetti è l’editore di Repubblica. E allora, ecco cinque punti su cui tutti i protagonisti dovrebbero riflettere:

    1. Un ministro non può attaccare i giornali. Ha ragione Flores d’Arcais: alle critiche della stampa chi governa risponde con l’azione riformatrice.

    2. Di Maio ha peccato d’inopportunità ma ha detto verità più volte denunciate dalla stampa.

    3. Repubblica s’è comportata davvero, spesso, come giornale-partito: governativo con Letta-Renzi-Gentiloni; all’attacco contro i “pericolosi” gialloverdi.

    4. A Largo Fochetti non dovrebbero recitare il ruolo di vittime: la solidarietà ricevuta non esclude la critica al modo in cui fanno politica.

    5. Contestare un ministro per alcune dichiarazioni non significa disconoscerne l’azione politica: la critica – quando non c’è faziosità – non è un atto ostile.

    Sono dati oggettivi e principi di buon senso. Evidenziarli è utile, il buon senso è rivoluzionario se, irrazionalmente, dilaga il tifo per la propria squadra dietro la maschera della neutralità.

    * * *

    Articolo apparso su
    ilfattoquotidiano.it giovedì 11 ottobre 2018

    Nella foto: Luigi Di Maio.

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    (12.11.18) «PLAUSO PER IL FINANZIAMENTO ALLA DIGA, MA NON BISOGNA ABBASSARE LA GUARDIA» (Carmelo Panetta) - Il sindaco Carmelo Panetta, in un comunicato ufficiale che riportiamo in basso, plaude al recente finanziamento di oltre 26 milioni di euro per le opere di completamento connesse con la Diga sul Metramo. La sua esperienza gli suggerisce comunque di non abbandonarsi a facili trionfalismi e di tenere sempre alta la guardia fino alla concreta realizzazione di quanto deliberato.
    * * *


    Sono trascorsi esattamente tre anni dal
    convegno sulla Diga sul Metramo, tenutosi a Galatro nel novembre 2015, durante il quale l’allora presidente del Consorzio di Bonifica Tirreno Reggino, concessionario delle acque per l’uso irriguo, venne ad illustrare il suo progetto di realizzazione di una centrale idroelettrica che, previo abbandono delle opere di adduzione e canalizzazione verso l’altipiano della Ghilina del Comune di Galatro e attribuzione da parte della Regione della concessione per l’uso plurimo, avrebbe visto destinare le acque dell’invaso ad una utilizzazione prevalentemente industriale.

    Di quel convegno è rimasto agli annali, anche perché interamente ripreso da un’emittente locale, il vivace (per usare un eufemismo) confronto avuto con il dott. Zerbi, al quale manifestai in modo molto chiaro la ferma opposizione mia personale e dell’intera amministrazione comunale galatrese ad ogni ipotesi progettuale che non prevedesse il completamento della galleria di derivazione (la cui costruzione è ormai bloccata da anni per un contenzioso tra il Consorzio e la ditta appaltatrice) ovvero la realizzazione di un’opera idraulica alternativa, di modo che fosse comunque garantita l’irrigazione delle centinaia di ettari di terreni agricoli della contrade montane e collinari dei comuni di Galatro, San Pietro di Caridà e Laureana di Borrello nonché l’uso potabile delle acque.

    Non molti sanno, però, che proprio da quella sera iniziò una instancabile opera di sensibilizzazione nei confronti del Governatore Mario Oliverio affinché si rendesse conto dell’importanza che, per l’economia del territorio, avrebbe rappresentato l’ultimazione delle opere previste dal progetto originario, anche in considerazione del fatto che gran parte delle infrastrutture di canalizzazione dall’altipiano della Ghilina verso valle erano già state realizzate.

    In tutta sincerità devo riconoscere che, fin dal primo momento, il Presidente Oliverio si è fatto carico del problema, investendo le strutture tecniche regionali (e in particolare gli ingegneri Pallaria e Pangallo) dello studio della problematica e della elaborazione delle opportune soluzioni tecniche, effettuando personalmente un sopralluogo nel giugno dello scorso anno e assumendo come propria priorità il reperimento dei fondi necessari per il completamento delle opere di canalizzazione e la piena valorizzazione di una risorsa strategica, rimasta per troppo tempo inutilizzata.

    Ora, questa programmazione regionale, che ha ribaltato la proposta originaria del Consorzio di Bonifica, ha trovato concreto riscontro nel finanziamento di 26,5 milioni di euro, approvato all’unanimità nel corso della Conferenza Unificata dello scorso 8 novembre, per la realizzazione del progetto di “Completamento della galleria di derivazione dell’invaso della Diga Castagnara sul fiume Metramo, adduzioni dallo sbocco della galleria alle utilizzazioni intersettoriali, impianto di potabilizzazione (IPOT) di Laureana di Borrello, centrale idroelettrica” predisposto dalla Regione Calabria.

    Si tratta di un passaggio decisivo, perché finalmente il governo ha messo sul piatto quelle risorse finanziarie la cui mancanza aveva fino ad oggi costituto l’alibi per l’immobilismo e il perseguimento di soluzioni al ribasso. E per questo devo tributare un sentito ringraziamento al Presidente Oliverio, visto che solo grazie a lui ed ai suoi collaboratori si è potuto registrare un risultato tangibile dopo anni di vacue promesse.

    I miei capelli bianchi mi inducono, però, a non lasciarmi andare a facili trionfalismi, perché sono ancora innumerevoli gli ostacoli che possono frapporsi alla definitiva conclusione della partita.

    Io sono convinto che il momento sia propizio e che oggi ci siano le persone giuste al posto giusto affinché il progetto di completamento possa essere realizzato in tempi ragionevoli. Ma in politica nulla è definitivo. Quindi occorre procedere con la massima tempestività alla stesura del progetto esecutivo e all’appalto delle opere, che potranno offrire anche sbocchi occupazionali alle maestranze galatresi.

    Per questo non abbasseremo la guardia e continueremo a fungere da stimolo e da sprone, senza rivendicare meriti ma rispettando il ruolo e i compiti che ci sono stati affidati dai cittadini di Galatro. E lo faremo sin da subito, nel corso di una iniziativa pubblica che si terrà nei prossimi giorni, durante la quale il Presidente Oliverio verrà ad illustrarci il progetto finanziato e le ulteriori iniziative programmate dalla Regione per la completa valorizzazione della Diga sul Metramo.

    Galatro, 12 novembre 2018

    Carmelo Panetta – Sindaco di Galatro

    * * *

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    Nella foto in alto: particolare della Diga sul Metramo.

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