Il liceo classico così come lo conosciamo nasce in Italia con la riforma della scuola varata dal primo governo Mussolini - con Giovanni Gentile ministro della Pubblica istruzione - ma concepita e progettata dall’ultimo gabinetto Giolitti, quando l’inquilino di Palazzo della Minerva - fino alla seconda metà degli anni Venti sede del ministero - era Benedetto Croce.
Nell’impianto della riforma si riflette infatti, molto più di quella gentiliana, la filosofia idealistica crociana. La divisione tra discipline di ambito conoscitivo, assegnate ai licei, e di ambito pratico, appannaggio degli istituti tecnici, deriva infatti per via diretta dal sistema crociano dei distinti, così che si andrà al liceo per conseguire una formazione storico-letteraria e filosofica essenziale per “iscriversi”, una volta completati gli studi universitari e divenuti adulti, alla classe dirigente (il che nella visione di Croce vuol dire partecipare attivamente e consapevolmente al progresso dello Spirito); mentre agli istituti tecnici è affidato il compito di trasmettere, per mezzo degli “pseudoconcetti”, quel sapere pratico-economico nel quale si attua la dimensione utilitaria della vita.
Quanto al modello formativo, è manifestamente attinto alla Fenomenologia dello Spirito di Hegel: si tratta di innalzarsi, ripercorrendo le vicende della storia politica e culturale, all’altezza del presente. A ispirare e sostenere l’intero impianto è la fede crociana nella libertà e nel futuro, i cui artefici saranno le giovani generazioni adeguatamente addestrate, attraverso uno studio severo e selettivo testato nell’esame di Stato, alle prove più impegnative.
Un “sistema”, dunque, che ha nella storia il suo ubi consistam e la cui capacità di far sviluppare una razionalità critica e duttile non si fonda, come spesso si è detto, sullo studio in sé del greco e del latino, ma sull’integrazione del greco e del latino in una visione del mondo incentrata sull’idea della perennità del passato declinata in chiave critica del presente. Non sarà stato certo un caso se questo motivo - che avrebbe rappresentato il marchio attualistico, precipuamente gentiliano, impresso sulla riforma - sarebbe finito ben presto per essere diluito e dissolto dal fascismo in una prassi didattica dalla prevalente impronta nozionistica, con l’insegnamento linguistico condotto sulle sole grammatiche normative – in una chiave, perciò, sostanzialmente astorica - e quello delle discipline scientifiche senza il fondamentale apporto della storia della scienza.
Ciononostante, il liceo classico ha adempiuto una funzione essenziale, rappresentando un modello culturale e pedagogico in grado di valorizzare, talvolta addirittura creandole o ri-creandole, la storia e la tradizione nazionali e traendo da esse un sistema di valori e uno stile di vita, un modo di stare nel mondo coltivando la vocazione alla critica piuttosto che appiattendosi sull’esistente. Si spiega così che i prodromi della contestazione si siano avuti, in Italia, giusto in un liceo classico - il Parini di Milano - e quasi tutti gli esponenti di essa più in vista nel mitico '68 avessero frequentato o stessero frequentando il liceo classico. A questi indubbi meriti non poteva però non corrispondere un limite intrinseco e in gran parte inevitabile, la strutturale vocazione elitaria, che in tempi di governi dominati da una concezione mercatistica della scuola non può non risultare penalizzante.
La cosiddetta autonomia degli istituti si basa infatti sui numeri: la conservano solo quelli che superano le 600 unità. E poiché un tale score è quasi sempre fuori della portata dei licei classici – specie in realtà di provincia - ne diviene giocoforza la caduta, con l’accorpamento, nell’orbita di un’altra istituzione scolastica, con altre caratteristiche, altra storia, altre prospettive di crescita.
Il vecchio “classico” sembra così destinato a una morte per (in)naturale estinzione, a meno che non si decida, a livello nazionale e locale, di contemplare un’eccezione alla regola dei numeri, nella consapevolezza che scuola e cultura non sono sempre riducibili a numeri e non possono essere governate con criteri di pura ragioneria. In particolare, la questione della sopravvivenza del liceo classico andrebbe inquadrata a partire da due dati di fatto imprescindibili e dalla loro reciproca incompatibilità. Il primo è la necessità di far sopravvivere un’istituzione che nel Novecento ha rappresentato un elemento importante della nostra stessa identità nazionale; il secondo è che tale sopravvivenza non può ottenersi “spontaneamente”, affidandosi allo sviluppo, con il marketing, della capacità di attrarre “utenti”.
E’ inutile girarci intorno: una scuola che propone nel proprio curriculum lo studio delle cosiddette lingue morte non potrà esercitare un grande appeal su ragazzini di terza media già formati da un senso comune e da una sottocultura dominati dall’idea della superfluità delle litterae. Delle quali non resta altro che cercare di garantire la trasmissione a quei pochi che saranno riusciti a sottrarsi alla presa dello spirito dei tempi, come poi in fondo è quasi sempre stato. Non resta, a conclusione di queste note, che fare gli auguri al “Gerace” di Cittanova per il compimento dei suoi primi settant’anni, nella speranza che i secondi siano forieri degli stessi successi.
(25.2.16) LICEO CLASSICO "GERACE": BOOM DI ISCRIZIONI - Boom di iscrizioni al liceo classico “Gerace” di Cittanova, che invertendo una tendenza che sembrava consolidata viene scelto da quasi ottanta nuove reclute, ragazzi di terza media che il prossimo settembre si incontreranno nelle aule di una delle più vecchie e prestigiose istituzioni scolastiche della provincia, avendo festeggiato il settantesimo genetliaco nel 2014.
L’idea vincente, che ha ispirato le attività di orientamento – culminate nella notte bianca del liceo il 30 gennaio scorso - è stata la dimostrazione che una formazione classica, se adeguatamente mediata da una didattica innovativa e sperimentalmente creativa, rappresenta il migliore approccio alle sfide della modernità, oltreché la risposta più appropriata alle esigenze e alle attese di giovani e famiglie giustamente preoccupati del futuro.
Il lusinghiero risultato non è dovuto certo al caso, ma ad un’offerta formativa che oltre a presentarsi ricca ed articolata sui più diversi fronti - dal corso ad indirizzo biomedico alla comunicazione multimediale all’attivazione del corso di lingua spagnola all’inizio del prossimo anno scolastico, fino agli ormai collaudati corsi di vela e alla settimana bianca - viene gestita in piena sinergia e sintonia dalla Dirigente Scolastica, dottoressa Antonella Timpano, e da un team di docenti che non lesinano energie e impegno per la causa comune, badando a non disperderli in personalismi improduttivi e ottusità burocratiche.
La vocazione “classico–modernista” del “Gerace” si può inoltre riscontrare nell’attuazione del disposto della legge sulla cosiddetta “Buona scuola”, che prevede, come si sa, l’alternanza scuola-lavoro. Sono ben 180 i ragazzi del “Gerace” impegnati nelle più svariate attività con istituzioni ed aziende, dalla sezione dell’Archivio di Stato di Palmi alla Clinica universitaria di Germaneto alle redazioni di giornali online e cartacei e a case editrici. Una considerazione, per concludere, che può ben essere racchiusa in uno slogan che renda pienamente l’idea: Il “Gerace”, una scuola che funziona.
Nella foto: il Liceo Classico "Gerace" di Cittanova.