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< gen-giu 07 Commenti 2007
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1.7.07 - Caro Nicola, la tua voce non rimane inascoltata
di Guerino De Masi

2.7.07 - Le mie opinioni su Galatro e la politica
di Biagio Cirillo

3.7.07 - Vogliamo progetti concreti dai politici galatresi
di Caterina Zito

12.7.07 - Galatro e i forestieri
di Biagio Cirillo

14.7.07 - Bisogna prendere decisioni
di Daniele Fenoli

14.7.07 - In risposta a Biagio Cirillo
di Caterina Zito

16.7.07 - Ma dove sono i politici di professione?
di Antonio Franzè

21.7.07 - Galatro, politici e politicanti
di Nicola Sollazzo

31.7.07 - Il dibattito sulla crisi di Galatro: provvisorio bilancio
di Domenico Distilo

5.8.07 - Nel dibattito sulla crisi di Galatro
di Guerino De Masi

21.8.07 - A proposito di ottimismo della volontà
di Francesco Zoccali

30.8.07 - Quale visione abbiamo di Galatro?
di Guerino De Masi

30.8.07 - L'incontro che ho organizzato alle terme
di Guerino De Masi

9.9.07 - Maria, Madre della Chiesa
di Carmelo Di Matteo

18.9.07 - Cambiamenti e vandalismi
di Simone Sofrà

1.10.07 - Il V-Day
di Francesco Zoccali

2.11.07 - Halloween... una festa che non ci appartiene
di Michele Scozzarra

8.11.07 - Un messaggio da divulgare
di Pietro Ozimo

25.11.07 - Aspettando la visita pastorale
di Carmelo Di Matteo

2.12.07 - Sulla morte dell'amico Gaudioso Trimboli
di Michele Scozzarra

6.12.07 - San Nicola... nostro Patrono
di Michele Scozzarra

7.12.07 - Meravigliosamente un Amor mi distingue
di Pasquale Cannatà

9.12.07 - La domanda sul destino per il quale siamo stati fatti
di Michele Scozzarra

11.12.07 - Ci hanno lasciato
di Guerino De Masi

15.12.07 - Caro Guerino...
di Michele Scozzarra

20.12.07 - Grazie Michele...
di Guerino De Masi

24.12.07 - Buon Natale
di Guerino e Rita De Masi

24.12.07 - Caro Gesù Bambino
di Michele Scozzarra

27.12.07 - Anche se non fosse vero...
di Pasquale Cannatà

27.12.07 - L'indifferenza: cosa c'è di peggio?
di Guerino De Masi

29.12.07 - Caro Giuliano Ferrara...
di Pasquale Cannatà

31.12.07 - Realtà e rappresentazione
di Domenico Distilo





(1.7.07) CARO NICOLA, LA TUA VOCE NON RIMANE INASCOLTATA (di Guerino De Masi) - E' con affetto che leggo le esternazioni di Nicola Pettinato, e capisco che le sue vecchie motivazioni di dimissioni da consigliere comunale siano state dfinite "iperbole".
Evidentemente la sua passione per il paese trova la grande delusione per la frustrazione del vedere le tante cose da fare e che rimangono tali perchè mancano progetti e visioni per il futuro.
Il suo articolo
Galatro ormai come il Titanic termina con un auspicio: "...trovare la forza per ricominciare a credere nella politica". Frase che Domenico Distilo non lascia cadere nel vuoto invitando Nicola a (ri)sporcarsi fiducioso le mani. Mi pare che questa sia una aperta dichiarazione d'invito alla collaborazione riconoscendo in Nicola, non "una voce che grida nel deserto", ma una sensibilità ed un'obiettività da tutti riconosciute di fronte ai reali problemi del paese.
Mi dispiace veramente di essere totalmente all'oscuro dei problemi enunciati dal caro Nicola, a causa della mia totale assenza dal paese.
Sono comunque fiducioso per un futuro migliore, notando quanti concittadini sono culturalmente dotati e dunque potenzialmente indicati per un rifiorire di Galatro.
La mia conoscenza politica del paese risale (tenetevi forte), agli aquiloni!
Ci fu un tempo in cui sopra Galatro svolazzavano aquiloni di vari colori, i colori dei manifesti elettorali!
Ricordo che un esperto di questi aggeggi volanti era uno dei figli di Simari - "guardiafili" - (mi perdonino l'utilizzo di questa espressione, ma è quello che alla mia mente riporta automaticamente la cara famiglia Simari, nostri vicini di casa).
Si parlava allora di "Tromba" e, nella mia mente infantile, significava rosso, operai, socialisti, mio padre Peppi 'i Masi, e un'altro personaggio, a me misterioso, Nicola Mancuso.
Era festa quando l'aquilone più bello e più grande riusciva a salire nell'aria, sopra Metramo, in prossimità della villa.
Ricordo anche che quando le difficoltà non permettevano di costruire il proprio aquilone, si ricorreva all'aiuto di qualcuno dell'altra parte! Il Bianco Fiore!
Un turbine di ricordi passa per la mia mente che associa i colori ai suoni. I suoni delle trombe degli altoparlanti fissati sulle camionette che scorazzavano su e giù per la via Regina Margherita. Propaganda elettorale. I comizi sulla grande piazza della chiesa sopra il Bar Dell'Orto. E noi bambini, incapaci di capire il perchè di tanto rumore.
A 57 anni, le cose sono cambiate, e un'idea me la sono fatta anch'io.
Sono molto attento alle dichiarazioni dei nostri politici pur avendo maturato un'opinione quanto al "trovare la forza di credere nella politica" (frase del caro Nicola).
Sono figlio di un uomo di sinistra che maturò la sua scelta politica durante l'ultima guerra mondiale nel deserto della "Tripoplitania", a Bengasi.
La sua coerenza politica trovo sia diventata rara nel nostro paese (non parlo della realtà di Galatro che purtroppo disconosco). Ma dopo più di 42 anni nel mondo del lavoro, e ultimamente da quasi venti come artigiano, le mie posizioni politiche si discostano da quelle che aveva il mio caro papà, perchè maturate da altre esperienze e da altra epoca.
Ritengo comunque che la realtà locale necessita di uomini e donne che hanno passione e amore per il proprio paese aldilà delle apparteneze politiche.
Immagino sia utopia difronte ai vari interessi personali, politici, clientelari per non parlare d'altro. Conosco la mia realtà locale e dunque i miei polli.
Non occorre scomodare il sud per leggere dai media le nefandezze di cui si macchiano uomini e donne quando l'interesse non è più il bene comune.
Non è mio intento propendere per una piuttosto che per l'atra parte, ma vorrei dire che auguro ci siano tanti Nicola che con passione denunciano il degrado ed il bisogno del paese per un rinnovo (se c'è bisogno) di Galatro e del nostro caro territorio.
Caro Nicola Pettinato, non ti arrendere, la tua insistenza non è esasperata, la tua voce non rimane inascoltata e "le tue verità" non sono ignorate.
Dio ti benedica.
Tuo cugino.

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Biagio Cirillo (2.7.07) LE MIE OPINIONI SU GALATRO E LA POLITICA (di Biagio Cirillo) - Finalmente a Galatro qualcuno inizia a parlare dei problemi e, soprattutto, della politica galatrese. Secondo me le critiche sono costruttive e perciò bisogna parlare senza peli sulla lingua, ovviamente con rispetto per il prossimo.
Scendendo a Galatro, sento tanta gente che si lamenta di come vanno le cose ma, non ha il coraggio di parlare e così le cose peggiorano giorno per giorno, mese per mese, anno per anno.
Quando si avvicinano i periodi elettorali tutti ti conoscono, tutti fanno promesse, tutti criticano i loro avversari che in cinque anni hanno governato il paese, tutti sono onesti e tutti riescono a cambiare il paese, si!... con le parole, perché una volta giunti sulla prima sedia del comune vanno in letargo, e si ricordano d’essere sindaci solo quando ci sono degli eventi importanti per mettersi la fascia tricolore addosso, ma questo non basta cari signori, ci vuole ben altro per il nostro paese, ci vuole collaborazione, ci vuole meno egoismo, ci vuole l’amore per il proprio paese, bisogna trovare il coraggio di votare le persone che si stimano anche se non sono amici o parenti, le persone che non fanno promesse personali per avere un voto in più, persone altruiste e che amano veramente il paese.
Forse le donne di Galatro che, ultimamente stanno dimostrando d’avere cuore e amore per il paese organizzando un pò di tutto pur di tenere vivo quel poco che resta, potrebbero entrare a far parte della politica locale, perché a mio parere solo queste "Donne" potrebbero dare una svolta al nostro paese, logicamente non da sole, ma con l’aiuto delle persone valide in politica. Gli altri, non dovendo dimostrare niente a nessuno, dovrebbero farsi da parte e non intralciare quel poco che si riesce a fare.
Vorrei aggiungere un’altra cosa: le persone candidate si dovrebbero scegliere consiglieri che s’intendono di politica e non gente che, come me, non ha mai capito niente in merito, come
testimonia la Giusy Ferraro.
Io personalmente, insieme ad altri emigranti, anni addietro siamo stati invitati in comune per una riunione tra sindaco e consiglieri, dove nell’occasione si doveva discutere dei problemi di Galatro, ma purtroppo neanche dopo mezzora hanno iniziato a litigare e un consigliere, dopo tante offese, ha lasciato l’aula di consiglio. In quell’occasione ho visto gente nel consiglio comunale che non solo non ha mai capito niente di politica, ma non sapeva dire niente oltre ad offendersi.
Indignati e pentiti di aver accettato l’invito siamo usciti dal ring e siamo andati al bar dove dei problemi del paese si discute più civilmente.
Con questo, ovviamente, non voglio affermare che tutte le riunioni sono simili a quella cui ho avuto la sfortuna di assistere io, almeno lo spero.
Sento sempre parlare dei fondi della Comunità Europea che sono stanziati per il sud, perché Galatro non si avvale di questo?
Un’ultima cosa e poi mi fermo: il sindaco Panetta, che io conosco come una brava persona nella vita comune, ma non conosco come uomo politico (spero sia altrettanto bravo), legge le nostre lettere? Ci può descrivere in poche parole gli sviluppi del paese e le previsioni per il futuro? Se ci sono lavori e migliorìe per il paese ci può assicurare che avranno un termine e un’utilità per il futuro e non come le cose fatte fino adesso da altre amministrazioni? tipo: la diga sul Metramo, l’ospizio, l’ostello della gioventù, il gabbiotto in villa comunale che almeno prima serviva da riparo in caso di pioggia, il ponte sul Metramo che fino adesso non sento dire a nessuno che è terminato.
Spero di avere qualche risposta a tutto questo e riguardo al futuro di queste strutture.
Con affetto e sperando che non si offenda nessuno.
Biagio Cirillo

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(3.7.07) VOGLIAMO PROGETTI CONCRETI DAI POLITICI GALATRESI (di Caterina Zito) - Vorrei fare alcune affermazioni in merito alle centrali eoliche che dicono di costruire per il futuro di Galatro. Mi auguro che non vengano fatti gli stessi errori delle terme. Galatro era una miniera di risorse ma purtroppo non posso dire la stessa cosa adesso.
Io, come tanti, siamo ormai emigrati, purtroppo più tempo passa e più emigrazione c'è. Come fanno a dire i nostri politici galatresi che faranno dei lavori per il paese se fino adesso non è stato presentato nessun progetto concreto?
Ogni volta che vengo a Galatro lo vedo sempre più morto.
Mi chiedo: la centrale eolica verrà gestita dal Comune e quindi dai galatresi, oppure una volta pagate tutte le spese faremo beneficenza a qualche forestiero?

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Biagio Cirillo (12.7.07) GALATRO E I FORESTIERI (di Biagio Cirillo) - Leggo con rammarico l'articolo di Caterina Zito. Forse io mi sbaglio ma, fino adesso, le strutture gestite dal Comune o dai galatresi non sono mai decollate, né la casa di riposo, né l'ostello dei giovani, il depuratore, nemmeno le terme che, a mio ricordo, sono state anche chiuse per diverso tempo, e neanche la vecchia struttura termale ormai all'abbandono.
L'unica struttura che bene o male funziona e ha avuto tante migliorie è proprio quella data in mano al "forestiero" come lo chiami tu ma, secondo me, suona male.
Non pensi che il Comune, dopo aver speso dei quattrini e tanti, è meglio che dia queste strutture in gestione a chi è competente e inizia ad incassare invece che spendere lasciandoli fermi ed abbandonati? E magari dopo anni fare altre ristrutturazioni per poi riabbandonarli?
Ricordi la vecchia guardia medica, una struttura sana ma lasciata al degrado e alla sporcizia nonostante ci lavoravano dei medici di guardia? Io personalmente mi vergognavo quando dovevo accompagnare delle persone del Nord che sono venute con noi in ferie e spesso, al momento della visita, giravano le lucertole per le stanze e sopra i muri ragni e ragnatele.
Il Comune, o chi di competenza, invece di tenere pulito cosa ha fatto? un'altra guardia medica. Io non ho capito il senso di questa cosa, forse qualcuno me lo spiegherà, e forse mi spiegherà cosa ne faranno della vecchia guardia medica.
Come vedi le cose gestite da "Galatro" fino adesso non hanno fruttato niente.
Sai cosa dico a te e a tanti altri che sento parlare del forestiero? ce ne vorrebbero altri forestieri a Galatro.
Io le terme le ho viste prima della gestione del forestiero e le vedo anche adesso, e sai cosa ti dico? non sono le stesse. E infine ti dico che, grazie alle terme ancora in piedi, diversi galatresi bene o male possono far quadrare i conti familiari e rimanere a Galatro.
Ora ti saluto e saluto i tuoi fratelli che stimo tantissimo. Un abbraccio a tutti i galatresi, alla Redazione, ai miei genitori, a mia sorella Marianna e la sua bella famiglia. Un saluto a Guerino De Masi con cui domenica siamo riusciti ad incontrarci a Bolzano.

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(14.7.07) BISOGNA PRENDERE DECISIONI (di Daniele Fenoli) - Eccoci qua... oggi come dieci o ventanni fa stiamo a discutere cosa si può fare per Galatro... tra 10 anni saremo qua ancora a parlare cosa si può fare.
Stiamo a discutere sul forestiero o paesano (siamo in Europa). Galatro in futuro, come tanti altri comuni del Sud o del Nord, se non sarà in grado di autogestirsi tenderà sempre di più a scomparire.
Le potenzialità ci sono: Diga, Terme, un paesaggio non sfruttato, tre fiumi mai sfruttati.
Ed una volta per tutte bisogna prendere delle decisioni anche impopolari per Ostello, Asilo nido, Casa di cura per anziani.
Un saluto a tutti e forza Galatro!


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(14.7.07) IN RISPOSTA A BIAGIO CIRILLO (di Caterina Zito) - Vorrei rispondere alle affermazioni di Biagio Cirillo. Prima lo saluto e spero che stia bene, lui e tutta la sua famiglia. Poi vorrei dire a proposito delle strutture da lui citate che sarebbero andate a finire male. Non è vero che i galatresi non sono in grado di far decollare le strutture che il Comune progetta, il problema è un altro: ai galatresi non si dà la possibilità di farlo.
Anche noi abbiamo forte, ma dico forte, la possibilità di gestire delle stutture. Come mai io sono a Milano da 10 anni ed ho gestito 2 ristoranti, pizzerie e bar ed ho fatto degli investimenti immobiliari. Sono convinta che se io o qualche altro galatrese avesse fatto richiesta, non gli avrebbero concesso la gestione del ristorante. Si, in effetti è vero, i galatresi lavorano alle terme, li pagano quando fa comodo al datore e il compenso è penoso, visto quello che mi hanno detto diverse persone che vi lavorano.
Poi la guardia medica è una vergogna: ma l'Asl di zona dov'è? Il comune dovrebbe avviare tutte le strutture e assumere del personale, non tenerle chiuse in modo che dei giovani maleducati le distruggano. Se guardi, a Galatro c'è una lista ampia di ragazzi laureati e altrettante persone che risiedono al Nord che hanno realizzato degli ottimi progetti e credo che, se avessero avuto un'ottima possibilità, avrebbero offerto le loro capacità e risorse per il nostro paese.
Un saluto a Biagio, alla sua famiglia ed a tutti i galatresi. Un abbraccio ai miei familiari.

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(16.7.07) MA DOVE SONO I POLITICI DI PROFESSIONE? (di Antonio Franzè) - Colgo l'occasione, dopo le ultime e "stuzzicanti provocazioni" di Caterina Zito, per pregarvi a non farvi sfuggire quanto sta venendo fuori circa la situazione politica-sociale-culturale di Galatro.
Apprendo molto positivamente che Galatro ha risorse capaci di gestire anche nel settore alberghiero e della ristorazione (brava Caterina, non lo sapevo).
Spero che Galatro Terme News possa sollecitare anche nell'ambiente di Galatro quanto si sta scrivendo perchè è molto strano che questi interventi da parte di
Caterina Zito, Biagio Cirillo (complimenti per le sue belle poesie), Daniele Fenoli, Mario Sofrà, Nicola Pettinato, Franco Zoccali non abbiano destato interessi nei "politici di professione" locali, siano essi gli amministratori o politicanti di turno.
Forse i "tecnici/politici" sono impegnati a passeggiare in piazza Matteotti per cantare la canzone di Mina "parole... parole... parole...", oppure perchè è meglio che alcune posizioni che possono turbare qualcuno è meglio esternarle in luoghi asettici perchè sono dolori per tutti?
Terme - Diga - Fiume Metramo - Paesaggio - sono i temi trattati dai galatresi nel mondo chiedendo per una Galatro migliore un impegno maggiore agli amministratori e politici dormienti.
Porgo distinti saluti alla Redazione, chiedendo che il sito sia anche una "spina nel fianco" degli amministratori per poter far decollare la nostra Galatro, e porgo un affettuoso saluto esclusivamente a tutti i galatresi nel mondo ansiosi per un paese migliore, tanto i galatresi residenti non si accorgono di noi perchè in piazza Matteotti c'è bisogno di parole... parole... parole... parole.
Antonio Franzè - Baruccana (MI)
La mia e-mail per chiunque volesse contattarmi è: af.zingaro@alice.it

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(21.7.07) GALATRO, POLITICI E POLITICANTI (di Nicola Sollazzo) - Leggo spesso su Galatro Terme News degli interventi di galatresi che si trovano all’estero o al nord Italia e che si lamentano dei cosiddetti politici galatresi che nulla fanno per cambiare la situazione economica e sociale di Galatro.
Penso che abbiano ragione.
Ma certo come sempre la colpa, se naturalmente di colpa possiamo parlare, non sta solo da una parte.
Diciamo subito che a Galatro non esistono molti uomini politici, ce ne sono pochi e molti invece sono i politicanti, gli uomini cioè che riescono a raggirare i cittadini sinceri ed ingenui e che si muovono, quando si muovono, esclusivamente nell’interesse personale e mai collettivo.
Sono quelli che spesso hanno la responsabilità di governo del paese, che fanno la loro politica solo in prossimità della campagna amministrativa e che passata quella si rivedono di norma alle prossime amministrative dopo cinque anni.
Abbiamo avuto amministratori o responsabili di partiti politici o di organizzazioni culturali o galoppini portavoti in attesa del beneficio che si sono pavoneggiati per il potere conquistato ma che non hanno mosso o non hanno saputo muovere un dito per questo paese che si sta riducendo a quattro anime e che fra ventanni rischia di essere un vecchio borgo completamente abbandonato.
E i galatresi residenti che fanno? Nulla!
Abulici, assenti, senza stimoli ed anche se stimolati senza reazioni, alcuni magari in attesa del posto al Comune per il figlio o per il nipote non apprezzano chi si sforza di lavorare per il bene collettivo e guardano soltanto quello o quelli che promettono e che poi naturalmente non mantengono.
Spesso molti galatresi, forse la maggioranza dei galatresi, votano guardando più alla persona che alla capacità della persona, votano per simpatia od antipatia, per odio o per amore ma quasi mai per convinzione nelle possibilità che i candidati alla guida del paese hanno per affrontare e risolvere qualche problema importante come il creare qualche posto di lavoro.
E mi dispiace dirlo ma anche molti di quelli che si trovano fuori del paese quando vengono a votare spesso si adeguano alle dicerie personalistiche e danno il loro voto soltanto rispetto alle voci ed al sentito dire e non alle capacità dei singoli.
Capita che qualche volta si giochino il nome giusto ma spesso sbagliano ed allora sono guai seri per la nostra povera Galatro.
Negli interventi in rete si domanda spesso di Terme e Diga.
Sono domande intelligenti ed importanti, perché queste sono opere che se bene sviluppate potrebbero dare lavoro a centinaia di persone e potrebbero cambiare il volto economico e sociale di Galatro.
Ma questi forse sono problemi più sentiti dai galatresi non residenti che da quelli qui residenti.
Il mio partito, il Partito Socialista Nuovo PSI di Caldoro, nel mese di maggio ultimo scorso ha organizzato nell’androne delle scuole elementari un
dibattito su Terme ed infrastrutture relative alla Diga sul Metramo quali la costruzione di una grande centrale idroelettrica, della rete di irrigazione per circa ventiseimila ettari di terreno, di potabilizzazione dell’acqua.
Oltre ai dirigenti locali erano presenti il segretario provinciale ed il segretario regionale del partito.
Eravamo in circa sessanta persone a partecipare al convegno, responsabili dei partiti nel paese presente, responsabili dell’Amministrazione Comunale, diplomati, laureati, ma nessuno, dico nessuno di quelli che eventualmente potevano essere interessati al lavoro di cui si trattava.
Il convegno è finito bene, importanti idee ma nessun’altra organizzazione che abbia ripreso i temi del dibattito per poterne unitariamente fare un caso nazionale o quanto meno regionale.
Ben vengano quindi gli stimoli dall’esterno perché ci fanno pensare e riflettere e qualche volta agire ma altri stimoli siano orientati anche verso i galatresi che non sono politici o politicanti, che affrontino assieme a chi lavora senza interesse personale i problemi di Galatro, che non si nascondano, in attesa di sedersi a tavola apparecchiata perché così facendo la tavola sarà sempre vuota e resteremo sempre in attesa della manna dal cielo.
Tanto avrei ancora da dire ma naturalmente sono già stato lungo abbastanza, mi auguro di poter dialogare ancora con i galatresi residenti all’estero che mi sembrano molto sinceri nei loro interventi e fuori da ogni schema personalistico ed avere ancora da loro nuove idee e nuovi stimoli per potere operare.
A presto.
Ing. Nicola Sollazzo
Dirigente Nazionale del Nuovo PSI


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(31.7.07) IL DIBATTITO SULLA CRISI DI GALATRO: PROVVISORIO BILANCIO (di Domenico Distilo) - Nelle scorse settimane s’è svolto tra i nostri lettori un appassionato dibattito, innescato da un articolo di Nicola Pettinato, sulla crisi di Galatro, crisi di cui nessuno degli interlocutori ha negato l’esistenza, dunque conclamata oltre che, aggiungiamo, consolidata, nella molteplice varietà dei suoi aspetti, da cause ormai annose, d’ordine sia oggettivo che soggettivo, cause mai seriamente aggredite e perciò indisturbate nella continuità della loro azione, al punto che non è una metafora quello che può definirsi il rischio supremo per una comunità con una storia, una cultura e una tradizione quali le nostre, il rischio di dissolversi nella diaspora (che è però fortunatamente viva e vitale, come attesta la partecipazione intensa degli emigrati alle vicende, anzi, alla vicenda del destino del proprio paese d’origine).
Buona parte degli interventi ritiene che l’origine prima, la causa causarum dei mali di Galatro sia l’inadeguatezza della classe politica locale, il suo ritardo nel leggere il mutamento dei tempi e nel coglierne le esigenze, il suo ripiegamento su interessi elettoralistici immediati, di corto o cortissimo respiro.
Benché un po’ enfatizzata, la critica non può dirsi infondata. Essa pecca però, specie nell’ultima parte, per difetto, limitandosi ad utilizzare un luogo comune dell’antipolitica. Il punto vero è invece un altro, specificamente locale, perciò tale da non consentire di cullarci nel mal comune mezzo gaudio.
Si tratta di questo: la discordanza tra ciò in cui si crede, o si dice di credere e ciò che poi si fa, la totale, assoluta schizofrenia tra la teoria e la prassi, le parole e le azioni, l’incapacità di resistere a quella che si potrebbe definire una sorta di legge bronzea del potere (per analogia con la vecchia legge bronzea dei salari, nota agli storici dell’economia), per cui chiunque divenga sindaco o assessore finisce per rinchiudersi in una caricatura di realpolitik che gli impedisce di avere lo sguardo lungo, di operare le rotture che sarebbero necessarie per promuovere davvero l’interesse generale.
Invero la legge bronzea inizia a dispiegare la sua azione nefasta già in campagna elettorale, allorché la voglia di vincere fa letteralmente strame di tutto il resto (buoni programmi, buona squadra ecc.); qualche mese dopo la vittoria essa è pienamente e completamente padrona del campo, senza più nessuno in grado di resisterle.
In cosa consista è presto detto: nella coazione a ripetere, a fare ciò che si è sempre fatto, a seguire gli schemi canonici, a non andare mai sopra le righe, così esasperando, e nel contempo deprimendo, il concetto di politica quale (mera) arte del possibile, col corollario dell’ideologia panglossiana (dal personaggio di un famoso romanzo di Voltaire, Candide, ou de l’optimisme) che porta a credere di vivere nel migliore dei mondi, appunto, possibili.
Purtroppo non è sorto finora, tra gli amministratori, soprattutto tra i sindaci degli ultimi quindici o vent’anni, un pensiero “divergente”, vale a dire creativo, degno del nome, qualcuno in grado non solo di fare la “mossa del cavallo”, ma in possesso del carisma necessario per convincere gli altri dell’opportunità di farla. Soltanto Bruno Marazzita, in qualcuno dei suoi momenti migliori, ha lasciato intravedere le caratteristiche giuste. Non ne è venuto fuori nulla perché non ci può essere un carisma unilaterale: esso deve trovare le adeguate corrispondenze, l’humus nel quale radicarsi e prosperare. Ora è proprio questo humus che manca a Galatro, lo standard medio di cultura indispensabile per produrre quella metanoia, quel rivolgimento nel modo di pensare senza del quale non si va da nessuna parte e si è condannati a restare prigionieri di un preteso buon senso – non a caso definito la metafisica degli imbecilli -, inadatto a produrre nell’organismo collettivo le trasformazioni indispensabili alla sopravvivenza, tanto meno al rilancio.
Per riassumere: non si è trovato il modo di mettere in minoranza le forze psicologicamente e culturalmente – non politicamente: psicologicamente e culturalmente - conservatrici, sì che ora la partita per la sopravvivenza è divenuta maledettamente complicata. E non ci resta altro da fare che sperare in bene: con l’ottimismo della volontà contro il pessimismo dell’intelligenza.

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(5.8.07) NEL DIBATTITO SULLA CRISI DI GALATRO (di Guerino De Masi) - Premesso che sono uno di quei galatresi che ora sta al Nord, e prima all’Estero, e che non mi lamento degli attuali e/o vecchi politici di Galatro in quanto non li conosco e non so nulla del loro operato. (di Nicola Sollazzo)
Mi ritrovo semplicemente a leggere le varie opinioni, tra cui quelle che lamentano l’assenteismo di questi politici, o peggio la loro inadeguatezza che sarebbe causa per Galatro del rischio “supremo” del dissolversi nella diaspora e nel divenire vecchio borgo completamente abbandonato per cui la domanda: dove sono i politici? (...di Domenico Distilo, Nicola Sollazzo, Antonio Franzè, Nicola Pettinato...)
Pare che manchi l’humus dello standard culturale nei galatresi, senza il quale non si va da nessuna parte. L’interesse dei concittadini emigrati e non, su queste pagine, dimostra che il potenziale humus c’è per questa trasformazione tanto auspicata. La questione è come rendere efficiente questo potenziale a pro della nostra Galatro.
Condivido pienamente l’espressione (felice a mio parere) del dott. Domenico Distilo sull’ottimismo della volontà ed il pessimismo dell’intelligenza.
In quanto di fede evangelica, questa è una definizione che mi vede costretto quotidianamente ad affrontare in ogni campo.
Sin dal lontano ’66, la mia vita è permeata dai valori alti della moralità ed etica cristiana che il Signore mi insegna nella sua Parola. Questa Parola a cui mi riferisco è la Sacra Bibbia che leggo e studio quotidianamente. Essa è una fonte inesauribile per ciò che riguarda il mio rapporto con la società in cui vivo, con i fratelli in fede e con il Signore stesso. La lettura e lo studio della parola del Signore, mi danno questa visione pessimista quanto all’intelligenza che si acquista del come Dio vede le cose, da una parte e dall’altra; l’ottimismo nella volontà per l’impegno nella società in cui vivo, ricordandomi che il Signore “vuole” il bene di ogni uomo fino a morire al suo posto sulla croce del Calvario. (Ev. di Giov. Cap.3v.16)
Credo dunque che le antitesi sono però conciliabili ed è dunque possibile sperare per un miglioramento della vita sociale di Galatro.
Prego Dio di sollecitare i cuori e le menti dei miei concittadini affinché una buona classe politica sia riconosciuta dalla collettività ed incoraggiata ad operare per il bene comune con il contributo dei galatresi emigrati sì, ma con il cuore attento alla vita e sviluppo del paese natìo.

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(21.8.07) A PROPOSITO DI OTTIMISMO DELLA VOLONTA' (di Francesco Zoccali) - Trovo corretta l’analisi di Domenico Distilo nel suo commento di qualche tempo fa riguardo il fatto che la politica locale di Galatro, come di tanti altri paesi e cittadine della Calabria, non sia sorretta da un substrato che la coadiuvi ed inciti allo scopo del raggiungimento di validi obbiettivi. Per dirla in soldoni basta considerare che quand’anche un politico (sindaco o assessore o consigliere) abbia un certo entusiasmo e vigore nel voler effettuare qualche cambiamento, qualche innovazione, che potrebbe rappresentare un progresso si ritrova ad avere intorno una pletora di altri politici e gente comune che lo ostacolano, lo dissuadono, lo costringono a cambiare, volente o nolente, direttiva. Quand’anche ci fosse un amministratore che cercasse di gettare il primo sassolino nello stagno per far crescere quell’onda di rinnovamento, di cambiamento, che dovrebbe ormai essere straripante ed investire tutti, accade che egli, inesorabilmente, tristemente, pateticamente, si ritrova ad avere intorno solo terra bruciata e quel sassolino che aveva timidamente lanciato affonda sul fondale dell’oblio.
Il perché ciò accada è presto detto: c’è una tendenza al conservatorismo di cui parlava Domenico, quasi ci fosse una paura del ‘nuovo’, di ciò che non si conosce bene, anche se, interiormente, si sa bene invece che questo ‘nuovo’ sarebbe ormai imprescindibile. Ci sono poi ancora purtroppo una serie di interessi personali e familiari che si tarda, e tanto anche, a mettere da parte per curare invece gli interessi di tutti in una visione più armoniosa e civile di se stessi e degli altri come esseri, tutti, appartenenti ad una comune vita sociale. Probabilmente vi sono poi ancora caparbietà, testardaggine, esigenza di farsi valere sugli altri, invidia, rancori e quant’altro, tutto di bassa lega, costituisce uno strettissimo collo di bottiglia al libero, naturale, fluire del vitale liquido che porta nutrimento all'evoluzione.
Credo che sia fondamentalmente questo ciò che Domenico ha voluto significare col suo scritto. Ma ciò che dice fa pensare anche al comportamento di tutta la gente di Galatro che ha importanza pari se non maggiore di quello della classe amministrativa. Si dice spesso che una cittadinanza ha il governo che si merita e ciò è vero, ed è vero in particolare per Galatro: una comunità che non socializza più, in cui ognuno pensa solo al proprio lavoro, alla propria famiglia, ai propri impegni, ai propri guai, una società immobile in quanto a fermenti culturali e sociali, senza alcuno stimolo a procurarsi il lavoro che non c’è tramite magari la creazione di attività commerciali che sarebbero necessarie per far rifiorire la ‘vita’ del paese. Ecco, una siffatta comunità cosa può pretendere dalla sua medesima classe dirigente se non le stesse caratteristiche che essa ha in seno?
Il problema quindi non è, secondo me, imputabile solo agli amministratori bensì a tutta la cittadinanza giacchè se accadesse il miracolo che tutta la gente prendesse profondamente coscienza che così non va e cominciasse ad impegnarsi sul serio per cambiare se stessa e gli altri, ebbene, questa sarebbe una condizione sufficiente, ed anche una condizione necessaria, per far cambiare la politica locale. Infatti a quel punto, gli amministratori, volenti o nolenti, pressati dalla popolazione, anche tramite lo strumento stringente dei consensi di voto, sarebbe costretta a fare il salto di qualità.
C’è un’altra considerazione di Domenico che mi turba un po’: lui parla dell’ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione. In prima persona io so bene quanto in effetti la ragione indirizzi spesso verso il pessimismo e probabilmente tante persone sono vittime di questa nefasta operazione noetica che comporta, tra le altre cose, la drammatica inamovibilità nella tristezza della rassegnazione. Questa della rassegnazione è una caratteristica tipica del calabrese, almeno credo. Non sono d’accordo invece sul concetto di ‘volontà’: parecchio tempo fa ho scritto su queste stesse pagine un articolo in cui parlavo della illusione della ‘volontà’ e sono sempre più convinto di ciò, o meglio, sono sempre più convinto che la volontà, il libero arbitrio, siano molto limitati, molto più limitati (se non, oserei dire, del tutto assenti) di quanto possiamo immaginare. Tanto per fare un esempio pratico proprio a proposito di Galatro basta dire che c’è sicuramente tanta gente che vorrebbe che lo stato di cose cambiasse, che avrebbe anche un certo impeto, prorompente a volte, di impegnarsi in prima persona per cambiare le cose però nessuno si muove, nessuno fa nulla. E’ come se ci fosse una certa ‘volontà’ ad intraprendere qualche iniziativa, qualche cambiamento, ma questa spinta non diventa mai azione pratica. Quindi accade che questa ‘volontà’ viene negata perché si scontra con mille altre ragioni più o meno plausibili. La presunta ‘volontà’ non si attua nella realtà ergo la volontà è inconsistente! Non accade ciò che ‘vogliamo accada’ ma ciò che deve per Necessità accadere!
D’altro canto se noi analizziamo attentamente l’espressione della nostra volontà ci rendiamo conto che spesso l’oggetto di essa è più che altro una ‘voglia’ che ascende dal profondo più che una determinazione veramente libera della nostra attività cosciente. Un esempio per tutti: se io decido di ‘andare al mare’ questa volontà non è frutto del nostro libero arbitrio e della nostra libera volontà bensì deriva da una esigenza di ‘andare al mare’ che viene da strati più profondi della mente rispetto all’attività cosciente. La mia volontà di andare al mare è dettata da una ‘voglia’, da una esigenza interna e più profonda, di ‘andare al mare’ che è espressione, più che della mia volontà cosciente, di una istanza più profonda quale può essere l’inconscio che veramente, questo si, potrebbe possedere il libero arbitrio ma che è indipendente dalla nostra volontà libera la quale è invece soggetta ad esso.
Anche in questo caso ne deriva che la ‘volontà’ è inconsistente o perlomeno è illusoria in quanto ci fa pensare come nostre libere scelte delle volontà che discendono da una istanza più interiore e gerarchicamente più in alto.
Io dico che aveva pienamente ragione la Montalcini nell’affermare che l’uomo, semmai possiede, aggiungerei io, un minimo di libero arbitrio e di libera volontà, queste non sono più ampie di quelle possedute da un cane al guinzaglio!
Se la ‘volontà’ è illusoria o limitata da ciò deriva che da essa non può discendere o comunque non può sempre discendere la sua attuazione né tantomeno l’attuazione del suo presunto ‘ottimismo’.
Tutto ciò è un esempio di ‘pessimismo della ragione’ ed allora, della serie ‘i miei interrogativi’, ritorna inesorabile e stringente e dolorosa la domanda primigenia: come fare per liberarsi del pessimismo della ragione?
Ed è poi così importante liberarsi di tale pessimismo o esso è utile perché invece, seppur dolorosamente, ci permette di vedere la realtà vera senza lenti colorate ed alchimie disturbanti e genitrici di illusioni di vario tipo?
C’è qualche anima senziente che saprebbe dare una risposta a questo amletico dilemma?

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Guerino De Masi (30.8.07) QUALE VISIONE ABBIAMO DI GALATRO? (di Guerino De Masi) - Mi chiamo Guerino De Masi. Ho 57 anni. Quasi 50 anni fa emigravo con la mia famiglia in Francia per ritornare in patria nel 1972. Sono Artigiano dal 1990 e vivo a Vimercate, nella Brianza Lombarda dal 1976.
Le mie rare e brevi visite a Galatro, di cui l’ultima risale a 32 anni fa, fanno sì che la mia conoscenza di Galatro sia limitata ai miei ricordi d’infanzia e dunque poco adatta alle realtà locali ed attuali del paese.
In seguito a necessità di documenti d’anagrafe per la mia mamma (
che non c’è più dal 6 Giugno scorso), contattai la segreteria comunale del nostro paese che premurosamente si è adoperata nella persona di un gentilissimo signore, il quale mi indicò anche il “sito internet” di Galatro: www.galatroterme.it
E’ più di un anno oramai che regolarmente e settimanalmente seguo le lettere e le news del sito intervenendo qualche volta nelle conversazioni.
Le firme, le provenienze e gli argomenti hanno risvegliato in me una nostalgia ed una passione latenti che ci hanno portato, mia moglie Rita ed io, a tornare al paese, almeno per questa breve vacanza, se non altro per rivivere i luoghi e le mie memorie oramai lontane.
Essendo di fede evangelica dall’età di 16 anni, i miei pochi interventi sono quindi ed anche in quella prospettiva. Nessuna meraviglia dunque se nei miei interventi faccio riferimento al Signore ed alla Bibbia.

Quale visione ho di Galatro?
Sono in tanti quelli che mi hanno chiesto:
“come hai trovato Galatro dopo tanto tempo?”
Scherzosamente ho risposto:
“non è cambiato niente!”
E in fondo è un po’ vero, a cominciare dalle strade che portano a Galatro. Impervie, invase dalle erbacce e dalle canne che nascondono non solo i paracarri quando ci sono, ma anche i cartelli stessi della poca segnaletica e con strisce talvolta inesistenti al punto che mi chiedevo: ma chi me lo fa fare?
L’arrivo alla “villa” però, mi ha scaldato il cuore con le sue palme, i coniferi, il vecchio monumento e la visione di quel “presepio” che è “Montebello”.
Irresistibilmente, alle 7 del mattino, imbocco la strada a destra che mi porta verso via Regina Margherita, 'a "curva", dove ho abitato secoli fa. Prima osservazione. Non ci sono più i “crassiari”! Quelle acacie, profumatissime in primavera, ombreggianti l’estate e chiassose di cicale! Ma il cambio ne vale la pena con questi alberi sapientemente allineati e deliziosamente potati.
A "curva"! ...non la riconosco più! Case nuove, altre ristrutturate, altre demolite... e la mia, la mia vecchia casa disabitata è rimasta tale e quale nel tempo. Mi fermo, parcheggio malamente di traverso dove trovo posto e vado a toccare quelle vecchia mura con il cuore in gola dall’emozione.
Di nuovo in macchina vado su per il paese. A chiazza, a via di sutta, a via dammezzu e a via i supra. Pochi cambiamenti. Tutto come prima, malgrado alcune piccole cose.
Di certo non mi sono perso!
Sembra che a Galatro il tempo si sia fermato e che non abbia avuto effetti su di lui.
Infatti di prima mattina, quelle persone a cui ho chiesto dove abita questo o quell’altro mio parente erano solo poche e anziane.
Tutto sommato, Galatro è rimasta come la ricordavo... E mi sono chiesto: perché e come mai?
L’arrivo alle Terme ci ha piacevolmente sorpreso ma ci ha fatto anche pensare quanto diverso e distante è questo sito Termale dal caro paese.
Distante, non per il chilometro, ma per il fatto che sia un altro mondo.
Sono due realtà a sé stanti, che sembra si ignorino a vicenda! E ancora mi sono chiesto: Come mai? E perché?
Avevo capito dalla lettura di alcuni interventi nel sito “Galatro Terme News”, che delle diatribe si trascinano da tempo, da anni.
Non trovo in paese alcun riferimento o collegamento con le terme se non per quel cartello indicatore che dice che non bisogna entrare in Galatro ma svoltare a sinistra!
Non un chiosco, non un souvenir, non un piccolo segnale che mi dica che in paese ci sono le terme!
Mi sono così trovato a pensare a quanti Galatrisi, che come me sono nella “diaspora” cui fa riferimento il “sito”, e che tornando a Galatro fanno la mia stessa esperienza.
Come è possibile?
E’ possibile, è possibile!
Mi si dice:
qui è così!
Scusate, ma non ci sto. Non ci sto a pensare che non si possa e non si debba fare niente.
Mi è sorta così l’idea di chiedere a coloro che stanno “fuori” cosa ne pensano.
Credo che esista un potenziale fortemente arricchente tra i Galatresi della diaspora e ciò è facilmente dimostrabile per la loro capacità di fare impresa, in ogni luogo dove stanno. La loro realizzazione nel mondo del lavoro e degli affari fuori Galatro sono un potenziale che sarebbe un peccato non valorizzare.
Ma come?
Dalle conversazioni con alcuni ne ricavo due aspetti.
  • Da un lato, questa visione comune a tanti che sarebbe meglio se anche a Galatro ci fosse un maggior sviluppo.
  • Da un altro lato, la rassegnazione che tanto non si farà mai niente e che niente si può sperare di fare a Galatro.
    Ho ascoltato i suggerimenti per lo sviluppo di Galatro che vanno dalla gestione delle terme alla possibilità che i galatresi di fuori possano acquistare casette o porzioni di case a prezzi modici per poi ristrutturarle, magari affittarle, cioè abbellire il paese e far giungere turismo. Promuovere il paese con richiami di feste come quella ultima a Montebello. Avere chioschi con informazioni e articoli souvenir.
    Insomma, iniziative che promuovano e facciano migliorare il paese facendolo conoscere fuori.
    Le opinioni di rassegnazione sembrano invece poggiate sulle esperienze che da anni frustrano ogni iniziativa individuale e collettiva e spingono continuamente i giovani ad emigrare lasciando un borgo oramai spopolato e senza prospettive future.
    Tali opinioni non sono campate in aria, ma doviziosamante correlate da esperienze ed esempi, ahimé, inconfutabili.
    Ho ripensato allora alla storia che leggo nella Bibbia del tempo delle deportazioni di Israele in Babilonia e di Nehemia, uomo socialmente e politicamente oramai affermato in quel lontano paese d’esilio che era la città del re Artaserse. Circa 5 secoli a. C.
    Avendo egli preso informazioni da alcuni provenienti da Gerusalemme, fu fortemente rattristato per lo stato di degrado in cui versava la sua città d’origine.
    Pregò il Signore confessando ed ammettendo le colpe proprie e quelle dei suoi padri per questa triste situazione.
    Al re che gli chiedeva: cosa hai? Espresse il desiderio di fare qualcosa per la sua città e questo che gli diceva: quando torni?
    Intraprese quindi il viaggio e di notte fece il giro della città prendendo visione del degrado e distruzione di Gesusalemme.
    Si rivolse quindi l’indomani ai notabili ed ai cittadini del paese che acconsentirono alla ricostruzione della città.
    Il libro di Nehemia ci fa l’elenco delle singole famiglie e persone che si mettono all’opera. Ognuno per conto proprio,fianco a fianco, ricostruiscono il paese malgrado l’opposizione dei detrattori e di coloro a cui stava bene che le cose rimanessero così com’erano.
    Credo che Galatro abbia bisogno di uomini e donne che hanno questa visione della necessità che il paese si sviluppi, si ricostruisca, malgrado le opposizioni e le visioni pessimistiche.
    Visioni pessimistiche dettate dall’intelligenza di chi sa e vede come stanno le cose, ma che possono e diventano ottimistiche se ci mettiamo il cuore (da un intervento nel sito).
    Dio Benedica Galatro e tutti i Galatresi.

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    (30.8.07) L'INCONTRO CHE HO ORGANIZZATO ALLE TERME (di Guerino De Masi) - L’incontro ebbe luogo il 17 agosto... malgrado lo scoraggiamento per le opinioni sentite del tipo: tanto non verrà nessuno!
    Dopo
    la mia breve introduzione, ci furono alcuni interventi (prettamente politici), ma soprattutto conversazioni che si protassero fino a tarda notte... pardon, a mattina presto!
    Mi sono accorto di quante questioni personali sono la causa del “non fare” a Galatro. Capisco dunque che se c’è un minimo (e c’è!) di volontà nel fare, ogni iniziativa, singola o collettiva, trova il famoso muro di gomma, dove tutto rimbalza, respinto dai soliti diverbi e perenni disaccordi personali. Pare che non ci sia dunque la voglia di cambiare. Ognuno sembra bloccato da quella o quell’atra persona, da quel programma o non programma, ma soprattutto dalla visione deformata del parere personale e dalle lotte intestine al paese che vanificano ogni buona iniziativa per il bene collettivo.
    Eppure, Galatro merita di più!
    Galatro non è inferiore ai comuni limitrofi che, pur nella loro limitata emancipazione, sembra che riescano a realizzare cose e strutture che a Galatro dovrebbero essere spontanee e naturali.
    Sono ancora sbalordito dal fascino del nostro territorio. La passeggiata che il caro Nicola Pettinato ci ha regalato a mia moglie ed io andando fino alla “diga”, mi ha concesso una visione delle nostre risorse che neanche immaginavo.
    Ho pensato a quanti paesini della Bergamasca o della Valtellina che, pur non avendo la nostra ricchezza di territorio, riescono ad attirare il turismo, vuoi per la semplice tenuta delle vecchie casette di tutto punto attrezzate che sono dei tesoretti da visitare, vuoi per i vari negozietti ed iniziative che promuovono la conoscenza del borgo.
    Ci manca forse qualcosa?
    Montebello è forse meno affascinante di Petosino o di Val Canale?
    Che i nostri boschi non possono avere sentieri con flora e fauna da fare invidia a Selvino?
    Avete visto le Terme di Boario? Galatro Terme è forse da meno?
    Qualcosa di meno lo abbiamo, sì. La voglia e la visione che a Galatro si possa fare.
    Dal colloquio con un Galatrisi di fuori, chiaramente, mi è stato detto che il nostro problema è quello là!... che non puoi fare nulla senza accordi con... che è pericoloso voler fare impresa a Galatro!? Quanta omertà in questa conversazione. Non posso crederci e non voglio crederci! Il rischio del malavitoso c’è dovunque e dovunque c’è qualcuno che vuole le scorciatoie per il benessere. Ma noi che siamo “gli” emigrati, lo sappiamo molto bene. Gli obbiettivi si raggiungono con l’impegno, l’abnegazione ed il lavoro. Nessuno ci ha mai regalato niente. All’estero (con i tristi esempi di Oltralpe, oltre Oceano) come al Nord Italia, le imprese con cognomi del Sud e del Sud Italia sono il risultato della caparbietà, della tenacia e dell’orgoglio e della capacità, per non dire del genio, di tanti lavoratori che con abnegazione hanno raggiunto il loro scopo, il loro sogno, la loro visione.
    Un caro giovane è di esempio a Galatro. Cinque anni fa è tornato al paese, investendo, ma soprattutto con una visione futura. Il suo piccolo bar merita la nostra ammirazione, se non altro per l’iniziativa individuale.
    Dai cordiali colloqui con il sindaco, è emersa la volontà di fare per il bene del paese. Discorso politico? Forse. Ma desidero sottolineare che nel suo intervento del 17 agosto, disse una cosa per me degna di attenzione: ...non ho vinto il concorso per sindaco. Un lavoro ce l’ho già!
    Perché dunque non trovare punti d’incontro con questa amministrazione? Lo dico a quanti con il pessimismo della ragione si ritirano nei loro “sofismi” (espressione che ho udito nelle conversazioni), negandosi ad ogni qualsivoglia collaborazione.
    Quasi che la soluzione sarà possibile solo e soltanto quando cambierà questa amministrazione! Perché, prima cosa è stato fatto di più? (mi perdonino gli ex stimatissimi con cui ho avuto l’onore ed il piacere di dialogare). Avete fatto nel passato? Ok. C’è ancora da fare, e molto mi pare. Non è impossibile. E’ sufficiente che gli elementi “perfettamente accessoriati”, culturalmente preparati, che CI SONO a Galatro, trovino un punto d’intesa. Quale? Il bene del paese!
    Se d’acchito l’impresa sembra arrendersi, il risultato farà sì che i Galatresi vi appoggeranno in tutte le vostre iniziative quando capiranno che sono i loro interessi quelli che procacciate e non le vostre meschine piccole vendette personali.
    Le Terme, mi pare siano uno dei grossi nodi che impediscono un decollare d’iniziative e d’impegno per Galatro.
    La fila di pali con lampioni spenti perché non collegati alla rete elettrica, lasciando al buio tutti i visitatori e/o ospiti delle terme mi sembra emblematica.
    Abbiamo qui un esempio di come stanno le cose a Galatro. Grandi bei lavori fatti e poi lasciati lì come “Cattedrali nel deserto” (qualcuno ha così definito la diga), incompiuti, a testimoniare che qualcosa non va. Non mi si dica che l’allacciamento è impossibile o troppo oneroso, o non di competenza (le ho sentite tutte). Melo Panetta, il signor sindaco mi disse che qualcuno dell’ente per l’energia elettrica ha promesso che presto verrà collegato l’impianto. Vi prego, fatemelo sapere quando questo avverrà.
    La stessa cosa vale per l’Hotel e le Terme. Ho saputo di contratti discutibili... di gestione comunale piuttosto che privata, di condizioni contrattuali per cui non è possibile fare meglio!
    Ok. Intanto, la struttura c’è. E’ bellissima, non bella. E questo è merito vostro. Dei tecnici, dei politici e del privato. Date atto ad ognuno del merito che gli spetta. Non è questione politica. Si tratta di buon senso. Visto che c’è, perché non impegnarci affinché funzioni bene, meglio ed attiri turisti non solo dalle Calabrie, ma anche dal nord e dall’estero?
    Ho incontrato questo ultimo week-end di agosto, mia sorella Rachelina a Grenoble, in Francia. Fu l’occasione del matrimonio della figlia del mio migliore amico di gioventù: il Dr. Daniel Boggetto. Famiglia di piemontesi trapiantati a Grenoble. Non ho mancato di parlare della nostra Galatro, della ricchezza del territorio e delle meravigliose Terme. Avendo con me la mia penna di memoria elettronica, ho fatto loro vedere le foto delle bellezze del nostro territorio tanto che hanno seriamente espresso il desiderio di venire a Galatro.
    Il passa parola è fondamentale se ci crediamo, se abbiamo una visione positiva futura per Galatro e se amiamo la nostra terra!
    Questo è l’ottimismo del cuore di Guerino, miei cari compaesani.
    Il pessimismo della ragione sembra voler cancellare quanto sopra.
    Faccio appello a Voi, alla vostra intelligenza, al vostro cuore, al vostro amore e passione per il “nostro” paese.
    Migliorare, cambiare, fare... si può.
    Si può nella misura in cui tu, io, loro, sappiamo rinunciare alle nostre posizioni (spesso egoistiche) e guardare in prospettiva futura (via gli occhiali deformanti).
    L’esempio della storia di Nehemia è interessante. Non si ricostruisce sulle macerie (ogni buon tecnico lo sa bene) ma per carità, non adoperiamo le macerie per seppellire il nostro vicino, il nostro prossimo.
    Dio benedica Galatro ed i Galatresi.

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    Carmelo Di Matteo (9.9.07) MARIA, MADRE DELLA CHIESA (di Carmelo Di Matteo) - Giorno 19 agosto u.s. moriva in Forlì l’autore delle canzoni più cantate in tutte le Chiese del mondo. Il suo nome, sconosciuto ai molti, è nel cuore di tanti: Claudio Chieffo. Ai molti, comunque, risveglierò la memoria nel citare alcuni suoi vecchi canti: Io non sono degno, I Cieli, il Seme. Riprendo, in questa sede, una delle sue ultime canzoni, intonata ormai in ogni luogo sacro o meno che sia: Ave Maria Splendore del Mattino. In questa l’affidamento, la protezione, la pace, il soccorso. E’ l’uomo, qualunque uomo, in modo evidente o latente, che chiede, per sè e per la totalità degli uomini, di essere sostenuto nel suo cammino dalla tenerezza del “tuo vero amore”.

    - Ave Maria, splendore del mattino,
    puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore,
    protegga il nostro popolo in cammino
    la tenerezza del tuo vero amore;
    - Madre non sono degno di guardarti,
    però fammi sentire la tua voce,
    fa che io porti a tutti la tua pace
    e possano conoscerti ed amarti.
    - Madre, tu che soccorri i figli tuoi,
    fa in modo che nessuno se ne vada,
    sostieni la sua croce e la sua strada,
    fa che cammini sempre in mezzo a noi.

    Maria, la immagino piccola, mingherlina e, per un paragone quasi immediato, mi sovviene quel corpo gracile di Madre Teresa di Calcutta che ho incontrato alla prima esposizione della Sacra Sindone a Torino e poi dopo tanti anni al Meeting di Rimini. Che forza! E Maria, così, ai piedi della Croce, per portare e sopportare il suo dolore di madre e come Madre il soccorso per tutti! Dante Alighieri nel suo Paradiso scopre le carte alla fragilità umana e lui, anche lui come uomo, sa che Lei è lì ed è pronta ad accogliere e ad accoglierlo:

    Donna, se' tanto grande e tanto vali,
    che qual vuol grazia e a te non ricorre
    sua disianza vuol volar senz'ali.

    Ieri, ho percorso quasi tutta la processione accanto ai “portatori” della statua della “Madonna della Montagna”, così come viene nominata Maria a Galatro; uomini attempati, giovani e giovanissimi a sostenere il peso che, in particolare per le vie di Montebello, era gravoso ed a volte pericoloso. Volevo applaudire su al “serbatoio” quando hanno tirato un sospiro di sollievo. “Spostati che mi metto io”, nella salita più difficoltosa, “mancu mortu” gli rispose l’atro e così per tutti. Erano tanti, tantissimi, come non mai. Sudati, bagnati, come sempre, e volevano portare quel peso. Stavano portando la Madre del Signore. E la volevano portare. Erano venuti appositamente dalla Svizzera, dalla Germania, dal Nord, “dalla montagna”, “Per portarla”! Pochi ragionamenti teologici o di umana “Filosofia”. Quell’immagine è l’immagine di ciò che è Sacro e ognuno di loro lo sa. E non volevano mancare ad un gesto così importante!. E probabilmente ciascuno avrà portato il suo “peso” e in cuor suo e a modo suo avrà detto a Maria: “Aiutami”. Non c’è amico che tiene, perché ogni amico ha il limite del tempo e delle cose, la Madre del Signore non ha né limiti di tempo e tantomeno delle cose. Quanti occhi rossi lungo la processione, quanti sguardi fissi su di Lei lungo il cammino, quanta passione nei canti popolari della gente e con quanta serietà la banda non di Galatro ha cantato “Bona sira vi dicu a vvui Madonna”. Quanta gente con il rosario in mano! Che giudizio per noi distratti o chiacchieroni!
    Maria, “L’Aurora che precede il risveglio del Sole”, “La Bellezza”, “La porta per l’ingresso di Dio nel Mondo” (Don Cosimo Furfaro – Omelia della Santa Messa di ieri alle ore 11,00), Colei, per l’appunto, che ci ha permesso di incontrare “DIO” al tempo e nella storia. “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (Papa Benedetto XVI - Lettera Enciclica “Deus caritas est”).
    La gratitudine a Maria, quindi, per quel “Si” che ci ha permesso di incontrare “DIO”. Non quindi una “grande idea”, ma di "incontrare Dio". La chiesa delle origini aveva ben chiaro quanto Gesù aveva promesso: “Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt. 28,20), la loro autocoscienza stava nella consapevolezza che essa era ed è “la continuità di Cristo nella storia. La chiesa delle origini era veramente aderente a quanto Lui aveva insegnato e cioè che la sua opera non era una dottrina, non un’ispirazione per una via più giusta, ma Egli stesso mandato dal Padre come compagnia al cammino dell’uomo” (Mons.Luigi Giussani: Perché la Chiesa-Tomo I).

    Nella foto: Carmelo Di Matteo


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    (18.9.07) CAMBIAMENTI E VANDALISMI (di Simone Sofrà) - Lugano - Ho visto dei nuovi cambiamenti a Galatro: il nuovo campo di calcetto, il nuovo campo da tennis, il campo di pallacanestro, strade pulite in montagna, i nuovi paracarri sulla strada che porta nelle zone montane di Galatro: peccato che questi ultimi sono gia stati demoliti dai vandali, che però non sono stati denunciati; cioè questi paracarri hanno salvato la vita a qualcuno, ma questo qualcuno non ha pensato che si dovrebbero riparare per salvare la vita a chi, come lui, sbanda ed esce fuori strada. Poi diciamo: "guarda, tutto rotto, e il Comune non fa niente". Siamo noi che rompiamo che dobbiamo aggiustare con le assicurazioni, non per niente le paghiamo.
    Poi, a proposito di discariche, non c'è solo quella vicino al campo da tennis, c'era una discarica anche nella zona d'i "cruci". I trattori arrivavano a scaricare di mattina presto, per non farsi vedere. Un'altra discarica è nella strada provinciale vecchia di Galatro, e ci sono tanti altri posti che conoscono tutti a Galatro.
    Sono del parere che, come avete detto voi della Redazione nell’ultimo
    articolo sulla raccolta porta a porta, sarebbe necessaria la tolleranza zero sia con i rifiuti sia con le persone che non rispettano le cose pubbliche.
    Ancora una nuova opera, cioè il ponte nuovo in via lungo Metramo; è veramente una bella struttura.
    Inoltre finalmente ho trovato aperto il cancello delle vecchie terme per fare il bagno nell’acqua calda, senza disturbare le nuove terme, perché ad una domanda di una persona non si abbassa la testa, ma si alza e si risponde in modo educato.
    A buon intenditor poche parole.
    Saluti a tutti.

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    (1.10.07) IL V-DAY (di Francesco Zoccali) - Certo, tutti ne hanno avuto notizia: l'8 settembre u. s. si è celebrato in tutta Italia il V-Day organizzato da Beppe Grillo. Nonostante la manifestazione abbia interessato oltre 200 piazze in tutta Italia coinvolgendo migliaia di persone (200.000 erano presenti solo a Bologna dove conduceva dal palco lo stesso Grillo) sia la Rai, sia Mediaset, sia Sky, sia la stampa hanno ammutito la rilevanza dell'evento, asserviti come sono e come è stato ampiamente proclamato dallo stesso comico genovese, al potere politico.
    V-Day sta per 'vaffanculo' Day cioè giorno che Beppe Grillo, interpretando a dovere il sentimento popolare, ha voluto dedicare alla gente comune per darle la possibilità finalmente di esprimere liberamente il proprio pensiero indirizzando la parola che dà il nome alla manifestazione a tutti i politici quasi nessuno escluso e non solo. Ci sono state infatti forti parole di critica anche alle istituzioni che dovrebbero garantire la giustizia nonchè al giornalismo in genere ed ai mass media i quali hanno puntualmente convalidato ciò che è emerso dalla manifestazione negando la corrispondenza degli eventi occorsi e dimostrando come in effetti sia indiscutibile la forza occulta del potere sui canali ufficiali di comunicazione.
    In occasione dei meetups organizzati in moltissime città d'Italia sono stati predisposti dei banchetti per la raccolta delle firme al fine di stilare una petizione popolare per richiedere una legge che sancisca i tre punti fondamentali che hanno mosso la passione e l'indignazione di Grillo.
  • In primis impedire che in Parlamento possano sedere personaggi inquisiti o che sono stati condannati in passato dato che, dati alla mano, sono stati individuati almeno 70 parlamentari che hanno avuto o hanno a che fare con la giustizia.
  • In secondo luogo dare finalmente la possibilità ai cittadini di scegliere liberamente i candidati delle liste che non possono e non devono essere imposti dalle logiche perverse dei partiti.
  • Per finire evitare che i parlamentari possano scaldare le sedie del Parlamento per più di due legislature.
    Questi sono i tre argomenti fondamentali per i quali circa 300.000 persone in Italia hanno fatto delle code anche di ore, con pazienza e disciplina, perchè la loro volontà possa essere attuata. Questa è solo la punta dell'iceberg della moltitudine che ha espresso il suo volere giacchè molti non sapevano per nulla dell'evento per non parlare del fatto che molte altre persone non hanno potuto firmare in quanto non vi erano moduli sufficienti vidimati dalle Cancellerie delle città, motivo per cui in varie località saranno aperti dei contenziosi per il mancato ottenimento dei suddetti moduli.
    Per chi volesse conoscere i dettagli delle varie iniziative in Italia, misconosciute dalla informazione mediatica più diffusa, il sito di riferimento è il blog di Beppe Grillo (
    www.beppegrillo.it) e il sito dell'editoriale EcoTV (www.EcoTv.it) che, seppur con i pochi mezzi a disposizione, ha fatto un encomiabile lavoro di diretta del V-Day sia dalla piazza di Bologna che da altre di tutta Italia.
    Sul sito di EcoTv si possono trovare due streaming (V-Day parte prima e parte seconda) che sono la registrazione integrale del meetup di Bologna e non solo. In particolare nella 'città dotta' Grillo a parte le esternazioni riguardo i partiti, la politica, i media, i giornalisti, ecc. ha presentato i tre pezzi forti della serata nelle persone di Massimo Fini, Sabina Guzzanti e Marco Travaglio.
    Il Fini si è prodigato a spiegare come la 'nostra democrazia' sia ormai una burla ed una beffa nei confronti di tutti i cittadini. La Guzzanti con la sua simpatica ironia ha fatto capire bene come si 'fa' giornalismo oggi in Italia mentre Travaglio, che Grillo ha indicato simpaticamente come il vero plausibile Ministro della Giustizia (al posto dei Mastella e compagnia 'bella'), ha raccontato delle storie di ordinaria ingiustizia, di come il corso della 'Giustizia' segua delle strade molto contorte e di come la 'Giustizia' assolve personaggi in odore di 'mala' che continuano a 'governare' nelle regioni meridionali (Sicilia e Calabria in testa).
    EcoTv ha garantito dei collegamenti anche con l'estero: in tutte le parti del mondo, Francia, Germania, Inghilterra, America, si sono fatte delle feste e dei raggruppamenti davanti ai consolati italiani dove molti emigrati hanno partecipato al V-Day ed hanno anche firmato, seppur simbolicamente, dei moduli simili a quelli firmati qui da noi, incoraggiando con veemenza il movimento di protesta che in Italia ha finalmente visto la luce.
    Guardando gli streaming di EcoTv ci si può rendere conto della foga con cui giovani, adulti ed anziani hanno colto l'occasione al volo per mandare 'affanculo' le classi dirigenti, i politici, la partitocrazia, che non rappresentano più nessuno e che la stragrande maggioranza non vuole più perchè ne ha piene le tasche per non dire di peggio.
    E' possibile anche ascoltare l'audio della diretta con la piazza di Cosenza ed il lungomare di Crotone dove l'invettiva, seppur volgare, del V-Day, è stata gridata in coro ai microfoni di EcoTv.
    Il 'giornalismo' della nostra Italia ha avuto la spudoratezza di fornire blanda notizia di un evento che ha visto un coro, dalle Alpi alla Sicilia, di popolarissimi, sentiti, eufemisticamente 'no grazie' alla nostra politica.
    Un caloroso grazie va a Beppe Grillo per la sua iniziativa che ha molto ben interpretato il sentire e la saggezza della gente nonostante lui con umiltà sostiene che non ha fatto nulla di particolare ma è stato solo il 'detonatore' (come lui stesso ha detto) di un esplosivo a cui mancava solo la miccia.

    E' necessario sottolineare e seguire un evento di tale portata che grazie a Grillo ha portato alla luce l'Italia Vera, quella fatta da italiani Veri, che rappresentano ancora la nostra Nazione, quelli che ancora, nonostante tutto, seppur stringendo e digrignando i denti, ancora lavorano, sognano, amano, pregano, piangono, si prodigano, poetano, studiano, ricercano, disdegnando il cinismo, la spudoratezza, la marpioneria, il malaffare, il denaro, il potere, i privilegi, di una politica che sta facendo diventare veramente l'Italia "sei bella e perduta" facendo rivoltare nella tomba i Mazzini, i Garibaldi, i Regolo, i Cavour, i Giolitti, i Savoia e tanti martiri del Risorgimento che hanno dato l'anima e la vita per un vero ideale che sta fallendo, tradendoli, nella vergogna più completa.

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    (2.11.07) HALLOWEEN... UNA FESTA CHE NON CI APPARTIENE (di Michele Scozzarra) - La moda e la retorica ci hanno imposto, negli ultimi anni, una festa che non ha nulla a che fare con le nostre tradizioni e la nostra cultura. Un importante quotidiano nazionale, quasi in perfetta solitudine ha evidenziato: “Ci tocca sorbirci anche Halloween”. Ma cos’è questo Halloween? Dove sta il senso, dove si nasconde il perché di questa messinscena gratuita, di questo abiurare alle nostre usanze per regalarcene di nuove ed estranee alla nostra storia ed alla nostra cultura.
    Il nome della festa rimanda alle antiche origini celtiche e al rito del “All Hollow’s Eve”, cioè la vigilia del giorno degli spiriti, che nel calendario dei Celti si celebrava al tramonto del 31 ottobre. La data segnava il passaggio dalla stagione calda dell’inverno e, chiudendo il periodo “circolare”, consentiva la comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. In Irlanda e in Scozia si credeva che, in quella notte, i defunti ritornassero dall’aldilà e si dessero ritrovo su colline e alture per festeggiare l’inizio della parte dell’anno dominata da Samhain, il dio delle tenebre. Le creature del regno dei morti arrivavano sulla terra per portare con loro nuovi defunti e per contrastare il loro potere si celebravano riti sacrificali sulle colline.
    Ma la notte di Halloween, corrotta perfino della sua vera natura, è stata da noi importata, un po’ per caso e un po’ per goliardia, qualche anno fa, quando le prime zucche cominciarono a campeggiare sui banchi delle birrerie, negli angoli bui dei pub, sugli scaffali immacolati di qualche boutique mestamente alla moda. Niente di male, business is business, così come c’è la festa del papà e quella della mamma, la festa della birra e l’happening del reggiseno, San Valentino Perugina e la festa del libro...
    Certo Halloween sta diventando, anche da noi, un passaggio obbligato, un in alto i calici per la nostra coscienza civica. Peccato che abbiamo dimenticato il gusto delle visite al cimitero, quelle visite dove forse c’era più spirito di circostanza che dolore, ma che al fondo avevano un che di grande, un che di giusto: ricordare i nostri morti, i nostri padri ed i nostri nonni, e dire con un gesto che la vita, quando si spegne, vale almeno un fiore. Questo non lo facciamo quasi più, come le preghiere che s’infrangono sulle labbra dei bambini, questa beata ignoranza che si regala il Paese dei cioè, che dimentica e, non pago, s’inventa una ragione per dimenticare, sia lo spirito laico sia lo svecchiamento dei costumi.
    In compenso ci regalano la festa di Halloween e la stanno facendo diventare più popolare che mai, facendola intrufolare addirittura nelle scuole. E proprio dal mondo della scuola, tempo addietro, mi è piaciuto riportare, in una rubrica che tenevo su un giornale di Nicotera, un giudizio “fuori dal coro”, rispetto ai tanti, ormai omologati che abbiamo avuto modo, nostro malgrado, di leggere su tante riviste proprio sulla notte di Halloween. Forse, a prendere una simile posizione ci è voluto molto coraggio, più di quanto si possa immaginare, però una persona che ancora ha a cuore i fondamenti della nostra cultura cristiana, non può, anche se solo in cuor suo, non ammettere che Halloween è una festa, anzi non una festa ma un rito consumistico e carnevalesco, che non ci appartiene e non la si può accettare solo perché è una occasione nuova per “fare ancora casino”. Questo sembrava voler dire, qualche anno addietro, il prof. Filippo Marino, direttore del primo Circolo didattico di Gioia Tauro, destinando agli insegnanti dei vari plessi che fanno capo alla Direzione di Piazza Duomo, una breve circolare dal sapore di un richiamo alla realtà. Ha scritto, infatti, il prof. Marino agli insegnanti: “Sta prendendo insulso piede nelle scuole dell’Occidente, cosiddetto dotto e progredito, la celebrazione macabra halloweniana a base di zucche svuotate, candeline psichedeliche semiaccese, canti non della nostra tradizione popolare calabrese per esorcizzare la morte ed i defunti… sembra che in ambienti scolastici alcuni docenti siano attratti dal “docere” cose insulse e insignificanti di importazione straniera. Prego, pertanto, i signori docenti di studi sociali di voler spiegare a tutti gli alunni il significato reale della buona razionalità umana da connettere con termini quali morte-vita-aldilà per i quali conviene fare una ricerca interdisciplinare sconsigliando argomenti e modi di fare che nulla hanno a che fare con la nostra sapienziale tradizione calabrese ed italiana”. Anche al di fuori della circolare, il prof. Marino afferma: “Halloween non appartiene né alla tradizione classica né a quella cristiana. La “festa” che ha preso piede in questi ultimi anni anche da noi, conquistando voglio dire, l’Occidente cosiddetto progredito e industrializzato altro non è che un misero e macabro avanzo di importazione straniera le cui primigenie origini risalgono a gente senza Dio e votata a ogni scrupolo che intendeva con sì nefasti riti esorcizzare la paura della morte”.
    E proprio perché da qualche anno è entrata prepotentemente negli usi dei più giovani, ben felici di questa sorta di “carnevale bis”, che cade giusto in concomitanza con la Festa dei Santi e la Commemorazione dei Defunti, le parole più pesanti sono arrivate dall’Arcivescovo di Palermo, Salvatore De Giorgi, che si è detto “amareggiato perché le due feste liturgiche, tra le più care al nostro popolo e alla nostra cultura cristiana, la solennità di Tutti i Santi e la Commemorazione dei defunti, sono state contaminate da un rito consumistico e carnevalesco, di importazione americana, che non solo non ha nulla in comune con le nostre tradizioni religiose, ma costituisce un’offesa all’autentica pietà verso i defunti e anche un ulteriore segno di cedimento alle invadenti espressioni colonizzatrici della globalizzazione”.
    Mi ha fatto un certo effetto leggere questi duri ma essenziali e necessari giudizi, anche perché mi è risultato ancora più chiaro come non sono gli americani che ci vogliono plagiare, siamo noi che ci plagiamo da soli, da quando abbiamo perso i nostri appigli ed i fondamenti delle nostre radici cristiane e si sono sfarinate le nostre certezze e, piuttosto che andare alla ricerca di ciò che ci ricorda chi siamo, ci appoggiamo a tutto ciò che ci fa dimenticare tutto: dalle radici della nostra fede, alle tradizioni e ai nostri riti più cari, a cominciare dalla Commemorazione dei nostri Defunti.
    E allora non possiamo accettare ogni anything goes, tutto va bene, specie se è colorato e zuccheroso come Halloween.
    Peccato che le tradizioni nessuno se le sceglie, alcune sono buone altre cattive… noi ci ritroviamo San Nicola e Santa Lucia, la Befana ed i Magi, tanto per citarne qualcuna di quelle che hanno accompagnato, egregiamente, non solo il periodo della nostra infanzia...
    Ma Halloween non fa parte del pacchetto… e bene fa chi tiene fuori le zucche e... non solo dalla scuola.


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    (8.11.07) UN MESSAGGIO DA DIVULGARE (di Pietro Ozimo) - Una proposta ai lettori da parte di Pietro Ozimo. Si tratta di una presentazione in power point che contiene un messaggio che si riferisce alla presenza, o assenza, di Dio nella nostra vita quotidiana:

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    Il vescovo Bux Carmelo Di Matteo (25.11.07) ASPETTANDO LA VISITA PASTORALE (di Carmelo Di Matteo) - Nei giorni dal 30 novembre al 2 dicembre, la Parrocchia di Galatro “San Nicola-Maria SS. della Montagna” avrà la visita Pastorale del Vescovo della Diocesi S.E. Mons. Luciano Bux. La visita Pastorale si articolerà in due momenti distinti: uno prettamente burocratico e riguarderà l’andamento governativo dell’istituzione ecclesiastica, con controlli dei registri e dei beni patrimoniali e l’altro, più pastorale, riguarderà gli incontri con il suo popolo, perché come “Angelo Custode di questa Chiesa Diocesana, aiuti il popolo di Dio a trovare la gioia nella fede” (Benedetto XVI -29/09/07 ai nuovi vescovi).
    Il Parroco, Don Cosimo Furfaro, domenica scorsa, presentando il programma dell’Incontro ci ha tenuto a precisare che il Vescovo “più che parlare Lui, vuole sentire Voi”. Che non significa, disquisire su Dio, Cristo, la Chiesa o altro, quanto, sentire come la Chiesa vive; come personalmente si vive; vuole capire, se davanti ha una comunità cristiana viva e un cristiano che colpisce perché dice delle cose che sente vere. Vuole sentire se si è ancora capaci di difendere quella civiltà di elevazione della dignità umana costruita nei millenni di presenza cristiana.
    Certo, le vicende locali di questi ultimi anni, dicono di come il laicismo si stava impossessando della Chiesa e della società. Il pensiero ed il modo di vivere dei cristiani, non era il pensiero ed il modo di vivere della Chiesa. La visibilità dei cristiani, inesistente. Intimismo, obiezioni, divisioni: lacerazioni legate a puro frutto di progetti egoistici e giudizi del tutto gratuiti e fuori tempo, la regola della vita. La Chiesa non esisteva più come luogo di incontro di Dio, con Dio.
    Bisognava rifare tutto.
    Don Cosimo, in questi anni, seppur con tante difficoltà e in una realtà colma di pregiudizi, ha ricominciato da dove era logico che ricominciasse: “Et incarnatus Est”, come dice Benedetto XVI in Gesù di Nazaret, “per professare l’effettivo ingresso di Dio nella storia reale”. Perché “se mettiamo da parte questa storia, la fede cristiana, in quanto tale, viene eliminata e trasformata in un’altra religione”.
    Sono passati alcuni anni, la parrocchia ha camminato: molte cose sono cambiate. E merito va dato principalmente a tutte le iniziative formative: dal catechismo per i bambini delle elementari e medie alle catechesi per gli studenti e per i catechisti, al lavoro del coro. E ancor di più, alle opere di carità sempre in atto ed agli incontri con testimoni del nostro tempo nella fase preparatoria all’Incoronazione della Madonna Della Montagna. Pellegrinaggi. Su tutti però, la scuola di Cristianesimo, tenuta da Don Cosimo: quest’anno sul libro del Papa Benedetto XVI “Gesù di Nazaret”, frequentatissima. Partecipano oltre al Gruppo delle famiglie, giovani lavoratori, donne e studenti. Ascolto, spiegazione, comprensione e testimonianze. Si sta tornando alle origini.
    Ed oggi, l’incontro con il Vescovo, “ci sembra di assistere ancora visibilmente al formarsi della prima trama del Regno di Dio, attraverso gli incontri di Gesù: il paralitico, Matteo, …… Paolo La figura di Cristo nella storia dell’uomo, si presenta con il volto e l’aspetto dell’insieme delle persone che lo seguono (Don Luigi Giussani: Il Cammino al Vero è un’esperienza – Ed. Rizzoli).
    Nel Vescovo, la Chiesa, l’unità. Nel popolo di Dio la visibilità. E’ tempo di esserci, il lavoro di questi anni, comincia a produrre i suoi frutti. Chi sta vivendo in prima persona questa storia, ha il compito grande di esternare ciò che ha incontrato. I rapporti nuovi che si sono intessuti. Il positivo che ha vissuto e che sta vivendo. In una società sempre più divisa e chiusa, queste persone, con tutti i difetti ed i limiti che possono ritrovarsi, costituiscono l’armonia per la fraternità. Questa è la proposta della comunità parrocchiale di Galatro e che vuole estendere a chiunque, giovane o meno giovane che sia, perché la si smetta, una volta per tutte, con le ripicche, gli odi e le vendette. Si ha bisogno, in questopaese, sempre di più, "di persone capaci di accogliere il bene e rifiutare il male e che amano in comunione con il Dio-Amore" (Benedetto XVI – 29/09/07 ai nuovi vescovi).

    Nelle foto: in alto a sinistra il Vescovo della diocesi di Oppido-Palmi Mons. Luciano Bux;
    a destra Carmelo Di Matteo autore dell'articolo.


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    Gaudioso Trimboli (2.12.07) SULLA MORTE DELL'AMICO GAUDIOSO TRIMBOLI (di Michele Scozzarra) - A cura di Michele Scozzarra, pubblichiamo un ricordo di Gaudioso Trimboli, impiegato del Comune, prematuramente scomparso, i cui funerali hanno luogo a Galatro domenica 2 dicembre. Ai familiari va il più vivo cordoglio di Galatro Terme News.

    Ci sono momenti in cui, quasi per contrasto, proprio quando la parola ci viene maggiormente richiesta e reclamata, nello stesso momento ci sentiamo impreparati, vorremmo quasi che la durezza dello scrivere, in momenti come questo, si allontanasse dalle nostre spalle.
    Sono ore in cui il silenzio e la pagina bianca ci appaiono più adatti alla vastità dell’evento, quale è la morte di una persona buona che per tutta la sofferenza da cui è stata preceduta, si presenta come un momento umile ed insieme regale, abbaccinante di resurrezione e di vita. Molte, certamente, sono le emozioni che si combattono dentro di noi in questo momento, dentro tutti quelli che hanno, spesso, pregato per chiedere il miracolo della guarigione per Gaudioso.
    Tutti noi che gli abbiamo voluto bene non possiamo non ricordarlo come una “presenza amica”, che è stata fra di noi con quel suo continuo sorriso, con quella pace interiore con la quale ha vissuto il calvario della sua malattia: segno visibile dell’appartenenza a Colui che ci ha fatti, fino ad accettare dalla mani di Dio quella sofferenza, che solo in quella luce può penetrare il mistero di una morte come questa.
    Infatti, senza quella fede che ha alimentato ogni istante la vita di Gaudioso, il suo dolore e la sua morte resterebbero inspiegabili, così come sembrerebbe inspiegabile il modo come Dio lo ha chiamato a sè.
    Di fronte alla sofferenza ed all’accettazione della Croce che gli è stato chiesto di portare, per tanti di noi, è come risvegliarci dal sonno, come davanti ad un segnale eccezionale: nel fondo del nostro dolore, non possiamo non domandarci perché Dio lo ha voluto a sè, facendogli abbandonare Maria, Domenico, Felice, Letizia, Francesca, l’anziana madre, i familiari e tutte le persone che gli hanno voluto sempre bene e che in questo momento si sentono smarriti...
    Perché Dio lo ha richiamato a se, dopo averlo lasciato sulla terra così poco tempo... Perché?... Domanda del tutto simile a quella che facciamo ogni volta che un uomo muore inaspettatamente, prematuramente... secondo il giudizio degli uomini. E rimaniamo con questa domanda... non sappiamo che cosa il Signore Iddio ci ha voluto far capire attraverso la morte di Gaudioso, se non che ancora più vicino ci è divenuto con la sua immatura morte, proprio perché, con le sofferenze a cui il Signore lo ha sottoposto, Gaudioso ci ha testimoniato come la verità della vita e della persona è che essa appartiene ad un Altro: è fatta di un Altro, respira e vive di un Altro, e proprio in questo preciso istante, proviene ed è diretta nella mani di un Altro.
    Questa verità di fede, che Gaudioso ha sempre testimoniato in tutta la sua vita, non ci toglie certamente il sentimento di un immenso dolore umano, pur nella consapevolezza che la morte per noi cristiani è il passo definitivo dell’appartenenza a Colui che ci ha creati.
    Non so come Gaudioso, in vita, avrebbe commentato questi miei umili ed inadeguati pensieri... di solito discutevamo spesso delle cose che scrivevo e voglio sperare che non gli spiacerà neanche questo piccolo pensiero che gli sto rivolgendo: non gli spiacerà, se questo servirà a far riconoscere come buono e vero ciò che Dio chiede a ciascuno di noi, anche quando si tratta del sacrificio di sè. Anche se il dolore per Sua perdita continua: continua prima di tutto dentro la preghiera, per lui e per la sua famiglia, che sicuramente non si rassegnerà facilmente a questa inspiegabile morte, ma la potrà accettare all’interno di un disegno di Dio più grande dei nostri desideri e del nostro amore. Il dolore continua ancora nell’umile riconoscimento della nostra nullità, della nostra fragilità, del nostro doverci e poterci riconoscere solo nel disegno del Padre e questo tanto più, quanto quel disegno sembra superarci ed essere duro da accettare ed inverare.
    Ma solo accettando questo misterioso disegno si può continuare a ricordare ed abbracciare l’amico che non si dimenticherà facilmente.
    Ciao Gaudioso...

    Nella foto: Gaudioso Trimboli.


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    La stauta di San Nicola prima del reastauro. (Foto M. Scozzarra) (6.12.07) SAN NICOLA... NOSTRO PATRONO (di Michele Scozzarra) - Il periodo delle grandi feste "patronali" è da ricercare, nella maggior parte dei casi, nella stagione estiva: forse anche per questo, per molti anni, nel nostro paese, la festa del Patrono, ricorrendo nel tardo autunno, non è stata tenuta quasi in nessuna considerazione, al massimo si è sentito discutere del diritto al "giorno di ferie", che la legge consente per la festività patronale, con relativa chiusura degli uffici.
    Inutile negare come, il più delle volte queste “feste” sono caratterizzate dal risvolto "mondano e profano" che vede, a suon di milioni, esibirsi dei gruppi, che non hanno alcuna attinenza, o legame, con la festa ed il ricordo del Santo che si vuole onorare. Più di una volta, in tanti paesi, si è avuta la sensazione che un momento importante come la festa del santo Patrono, sembra andato inevitabilmente perduto... pare sia stato barattato con l'interesse per un concerto di Tizio o Caio.
    Queste riflessioni, negli anni passati, più volte ho avuto occasione di fare, con qualche amico, commentando come in Chiesa i riti sono stati sempre quelli delle feste comandate: messa solenne, novena, preparazione, processione, altro... mentre per i "fedeli"... un giorno uguale agli altri, anche se la festa del Santo Patrono avrebbe dovuto essere la più sentita, la più spontanea e vera, quella che ha la radice nella tradizione più cara a tutto il paese.
    Ho ancora vivo il ricordo del periodo della mia infanzia, quando ci si accorgeva che il periodo natalizio iniziava sì con l’Avvento, ma questo aveva le sembianze della festa di San Nicola, sia per il giorno di vacanza dalle lezioni scolastiche, sia per l’inizio dei giochi caratteristici del Natale, che allora erano ancora semplici ed essenziali: il gioco delle carte (quante serate a giocare, pochi spiccioli, a “stop”!) e l’immancabile “piroci”, o il gioco della “parìa” (che proprio nel giorno di San Nicola avevano inizio nel piccolo piazzale, allora non ancora cementato, che si trova tra la Chiesa ed il Comune).
    Stimolato da queste considerazioni, ho voluto addentrarmi in una piccola ricerca sulla vita di San Nicola ed ho avuto il piacere di scoprire come, in un momento in cui si parla tanto di Europa e di "uomo mediterraneo" in tante manifestazioni e convegni, vale certamente la pena di spendere alcune righe su questa nobile figura di “Santo mediterraneo”, che è considerato un riferimento non trascurabile nella ricerca delle comuni radici cristiane delle Nazioni d'Europa.
    Grazie alla testimonianza di figure come quella di San Nicola, la terra europea è diventata la dimora dell’annuncio cristiano e la cultura ispirata dal cristianesimo ha permesso che l’Europa non diventasse la parte occidentale dell’Asia (come vorrebbe la geografia), ma la terra degli uomini che si sono sempre distinti per i valori di cui sono stati portatori.
    In San Nicola si incontrano le tradizioni della spiritualità d'Oriente e d'Occidente: in Inghilterra e in Polonia affermano che nella notte del 6 dicembre, il giorno della sua festa, nelle foreste i lupi belano come se fossero agnelli; in Grecia la sua Icona spicca dappertutto, sulle barche e sui velieri, nelle edicole e nelle chiese; in Russia e nei Paesi slavi vi sono addirittura due tipi di icone; nei paesi germanici ed in Polonia è considerato il Babbo Natale che porta i doni ai bambini. In Italia le tradizioni a lui ispirate sono diffuse nel Veneto, in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. In particolare nel nostro paese, fino a qualche anno addietro, era molto sentita la tradizione della benedizione del granturco (si riteneva che San Nicola durante la notte tra il 5 ed il 6 dicembre provvedesse a “pisciari ‘u migghiu”, che poi era di buon augurio mangiare il giorno dopo).
    La letteratura popolare lo vede intervenire anche nella lotta contro lo spirito del male che abita le acque: soprattutto nel Mediterraneo è il compagno dei marinai e dei pescatori, che a lui affidano le famiglie, e scrivono sulle barche "Non avete paura, io sono Nicola, vostro protettore".
    In contrasto con la sua celebrità i dati biografici sono piuttosto scarni: è nato tra il 270 e il 275 a Patara di Lycia e non aveva ancora vent'anni, quando depose di nascosto tre borse di denaro davanti all'abitazione di un suo vicino, che aveva deciso, per l'estrema miseria, di avviare alla prostituzione le sue tre figlie. L'uomo volle vedere il volto del misterioso benefattore e, appostatosi, quando venne per la terza volta lo identificò. Ma Nicola gli chiese di tacere. Evidentemente ciò non avvenne, se la fama di così grande carità giunse ai tempi di Dante, che nella Divina Commedia così fa parlare Ugo Capeto: "... ancor della larghezza / che fece Nicolao alle pulcelle / per condurre ad onor loro giovinezza". Lo storico Simeone Metrafaste racconta che Nicola fu eletto vescovo per volontà di Dio, infatti il decano dell'assemblea presbiterale, essendo morto Giovanni, arcivescovo di Myra, dice: "Il successore di Giovanni sarà un prete dal nome Nicola che, domani, prima dell'aurora, entrerà nella chiesa in cui siamo riuniti. E dopo una veglia notturna di preghiere Nicola comparve". E così divenne arcivescovo di Myra, metropoli importante della Lycia, in Asia Minore, che corrisponde, attualmente, al villaggio di Demre in Turchia, ove svolse il suo ministero di Arcivescovo durante le ultime persecuzioni e fu arrestato e torturato e, secondo martirologi greci e siriaci, in carcere gli apparve Gesù e la Vergine che gli restituirono le insegne episcopali.
    San Nicola avrebbe anche affrontato vari viaggi per mare, uno dei quali a Roma per incontrare Papa Silvestro; durante questo viaggio sarebbe passato per Bari profetizzando: "Qui riposeranno le mie ossa". Il 6 dicembre di un anno compreso tra il 345 ed il 352 Nicola morì, come dicono le fonti, tra il pianto e la preghiera di tutto il popolo, costernato per la perdita di un così grande pastore, amico degli uomini.
    Forse qualcuno si sarà annoiato di questo mio intervento piuttosto lungo... mi auguro di no, perché penso sia importante sottolineare alcuni concetti e ritrovare il coraggio di riappropriarsi del significato e del valore più autentico che riveste la festa per il Patrono, riconsiderarla motivo di riscoperta e di maturazione delle radici più autentiche dei nostri paesi e far sì che, almeno per un giorno, la vita del paese torni a riassaporare un gusto che ormai viene considerato come perso per sempre.
    Ritengo che una piccola attenzione, per il mio santo Patrono, la dovevo proprio avere...

    In alto a destra: la statua di San Nicola, conservata nell'omonima chiesa matrice, prima del restauro (Foto M. Scozzarra).


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    (7.12.07) MERAVIGLIOSAMENTE UN AMOR MI DISTINGUE (di Pasquale Cannatà) - Noi poveri esseri umani siamo abituati a misurare le cose con dei criteri che sono necessari a quantificare ciò di cui ci stiamo occupando, ma che non sono sufficienti a coglierne appieno l'essenza. Per sopperire a questa lacuna, aggiungiamo quasi sempre al dato quantitativo (metro, litro, grammo...) degli aggettivi che ne qualifichino le caratteristiche (bellezza, bontà, forma, colore...). Ma non basta: anche così meglio definita, la cosa in questione è soggetta al giudizio personale.

    Così è per la nostra vita: Gaudioso ci ha lasciati da pochi giorni, ed aveva la mia stessa età; la mia stessa età aveva Rocco Distilo quando è mancato giovanissimo più di trenta anni fa; mia cugina Maria Oliveria è morta in giovanissima età lasciando due bambini piccoli ed un marito (il nostro compaesano Giacomino Ferraro) che a sua volta è mancato poco tempo fa lasciando i bambini alle cure della nonna già vedova. E' stato giusto? E' stato troppo presto? Per altri che muoiono oltre i 90 anni, magari dopo tante sofferenze, è troppo tardi? Chi può dire quando è troppo o quando è troppo poco?
    Le piogge monsoniche durano mesi, alcune perturbazioni invernali vanno avanti per parecchi giorni, i temporali estivi alcune ore: ognuno di loro può portare danno o beneficio alla terra, ma è forse meno importante la rugiada che si forma dalla condensazione dell'umidità dell'aria e si posa per poco tempo sull'erba, rievaporando appena colpita dai primi raggi del sole?

    L'importante non è dunque per quanto tempo si vive su questa terra, perchè non possiamo aggiungerne un solo istante: è già più discriminante la qualità che diamo alla nostra vita, perchè possiamo operare bene oppure male. Ma la cosa essenziale è l'esserci, perchè tra l'essere e il non essere c'è una bella differenza.
    Una lunga vita lascia traccia di sè nel bene o nel male; in una vita più breve ci sono meno occasioni di interagire, ma anche un bambino appena nato o addirittura abortito lascia un segno.L'essere stato voluto ed atteso con amore, o l'essere stato concepito per errore se non con la violenza ha cambiato la vita alla donna che lo ha portato in grembo ed alle persone che le sono state vicine, se non "prossime": il suo "essere" ha recato una differenza. Per chi è credente non importano gli anni di vita, perchè per Dio un giorno è come mille anni e mille anni sono come un giorno solo.

    Ognuno di noi, datosi che "è", cerchi dunque di godere di quello che la vita gli offre, perchè è il frutto dell'amore delle persone che lo hanno preceduto, e di lavorare con amore per lasciare ai propri figli altrettanti frutti di cui potranno godere a loro volta. Questo impegno e progetto di vita io lo definirei un modo meraviglioso di distinguersi dalla massa, e siccome mi piacerebbe che tutti avessero questo obiettivo, vorrei che ognuno di noi potesse far scrivere sulla propria tomba: "meravigliosamente un amor mi distinse".
    Ci distingue l'amore che noi abbiamo per gli altri; ci distingue l'amore che hanno per noi i nostri cari, ma più ancora ci distingue l'Amore di Dio che ci conosce uno ad uno personalmente e ci accompagna soprattutto nei periodi di sofferenza che anche se ci sembrano lunghi sono solo attimi in attesa di incontrarLo.

    Rifacendomi a quello che affermavo in
    un mio precedente scritto, potrei concludere osservando che mentre la Fede ci crea e la Speranza ci salva, l'Amore ci distingue: si tratta semplicemente del Dio Uno e Trino.

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    Crocifisso risorto (9.12.07) LA DOMANDA SUL DESTINO PER IL QUALE SIAMO STATI FATTI (di Michele Scozzarra) - Avevo deciso di prendermi una bella pausa nello scrivere, visto che dopo più di un anno che non scrivevo un rigo, nell’ultimo mese ho scritto tanto... ma l’articolo di Pasquale Cannatà mi ha suscitato tante domande, tanti ricordi, tante sensazioni che non posso censurare. Perché ha saputo parlare della morte, citando le persone più care, con intelligenza, riuscendo a far capire meglio la vita. La morte è una delle poche cose serie e irrimediabili che restano nel nostro orizzonte di senso sempre più labile, per cui dobbiamo ringraziare chi ci consente di riflettere con dignità.
    Le parole di Pasquale Cannatà mi hanno riportato ad un discorso di un amico prete di Catania, Don Francesco Ventorino, che ho sentito questa estate a Rimini, durante l'incontro "La verità è il destino per il quale siamo stati fatti" e del quale mi piace riportare alcuni passaggi, perché ritengo ponga delle domande sul destino di ogni uomo: “Ho un ricordo ancora vivo – sono passati quarant’anni – dell’urlo di mia madre di fronte al cadavere di mia sorella, morta improvvisamente perché aveva voluto portare avanti una gravidanza a rischio: «Dottore, perché è morta mia figlia?». Il medico non ha capito il significato della domanda e le ha spiegato come era morta: per un embolo. Ma mia madre, una donna del popolo e quasi analfabeta, poneva un’altra domanda: «Perché una donna muore a trenta anni, per dare la vita ad un figlio che vive sette giorni e poi muore a sua volta». Era la domanda sul destino della vita, della vita di sua figlia, di quella del figlio di sua figlia e di ogni uomo. Era una domanda che nasceva da quell’esigenza di cui è costituito il cuore di ogni uomo”.
    Certo a questo punto, ogni persona seria, soprattutto seria con se stessa, non può fare a meno di porsi questa domanda: “Ma la vita ha un destino?”, con la consapevolezza che la domanda sul destino della vita costituisce il cuore di ogni uomo. A questo interrogativo, nell’incontro di Rimini, don Ciccio Ventorino ha così continuato: “Negli ultimi anni alcuni intellettuali in Italia si sono affaticati nel dimostrare che questa, la domanda di mia madre, è una domanda senza senso. L’uomo non sarebbe altro che un animale prodottosi nel corso di un’evoluzione che non risponde ad alcun disegno divino, né ad alcuna finalità prestabilita. Il ruolo della specie cui apparteniamo non sarebbe superiore a quello delle api o delle formiche o dei passeri, cioè produrre e riprodursi.
    A questa domanda, dunque, non ci sarebbe risposta e quindi non avrebbe senso neanche porsela. E così sono stati liquidati in maniera semplicistica i più grandi pensatori e poeti di tutta l’umanità considerati come degli imbecilli che per tutta la vita si sono cimentati con una domanda che sarebbe addirittura contro la ragione. ... Il nichilismo, cioè la negazione che ci sia una verità e un destino della realtà, è l’orizzonte teorico in cui si colloca e si giustifica la nostra “civiltà dei consumi”, perché se la realtà non ha una sua verità e neanche l’uomo possiede un suo destino, il consumare, assecondando l’istinto del benessere, è l’unico rapporto che l’uomo può stabilire con il reale. Da quest’atteggiamento, che vale per ogni rapporto, nasce quella concezione per la quale le cose, il denaro, il sesso, l’amore e perfino la vita propria e altrui diventano una proprietà gestita secondo il modello dell’“usa e getta”
    .
    La descrizione più efficace di questa esperienza si ha nella grande opera di René Grousset, Bilancio della Storia, dove, concludendo il suo bilancio sintetico della storia dell’umanità afferma: «Quanto alla storia umana, quale storico, giudicando dall’alto, oserà guardarla senza spavento?» E ci trasmette il suo inquietante interrogativo: «Ma se, al termine di tanta angoscia, non vi è effettivamente che la tomba?. È allora che l’ultimo uomo, nell’ultima sera dell’umanità, senza speranza – lui – di resurrezione, potrà emettere a sua volta il grido più tragico che abbia mai attraversato i secoli: “Elì, Elì, lemà sabactàni”? A questo grido noi cristiani sappiamo la risposta che, da tutta l’eternità, aveva dato l’Eterno. Sappiamo che il martirio dell’Uomo-Dio era solo per ricondurlo alla destra del Padre e, con lui, tutta l’umanità riscattata da lui. Sappiamo e abbiamo appena costatato che al di fuori della soluzione cristiana … ormai non ve n’è più altra, intendo soluzione accettabile per la ragione e per il cuore».
    Dobbiamo riconoscere, infatti, che solo in Cristo si manifesta pienamente il destino dell’uomo e della storia in modo totalmente corrispondente, e quindi accettabile, alla ragione e al cuore. Egli solo è la parola definitiva sulla vita e sulla morte, sul significato del mondo e della storia, la risposta a quella esigenza profonda di verità e di giustizia che costituisce il cuore dell’uomo.
    Solo nell’avvenimento dell’incontro con Lui – diceva il Papa a Verona – può rinascere la «grande domanda» sull’origine e il destino dell’universo, sul Logos creatore e diventa «di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene».
    Le conclusioni dell’intervento di don Ciccio vale la pena riprenderle integralmente: “Infatti, è solo di fronte alla risposta che si riapre e si chiarifica la domanda. Solo nel Volto del Crocifisso appare l’autentica e credibile bellezza, solo nel Crocifisso c’è, infatti, un destino o un Dio credibile anche da mia madre. A questa bellezza, infatti, dopo aver lottato una vita intera con il Mistero come Giacobbe con l’Angelo, essa, sorridente, si è affidata nell’atto della sua morte. A tutti quelli che venivano a visitarla, quando era già alla fine, chiedeva: «Tu verrai alla mia festa?». Alludeva al suo funerale”.
    In un suo messaggio Ratzinger ebbe a dire: «Nella passione di Cristo … l’esperienza del bello ha ricevuto una nuova profondità, un nuovo realismo. Colui che è la Bellezza stessa si è lasciato colpire in volto, sputare addosso, incoronare di spine... Ma proprio in questo Volto così sfigurato appare l’autentica, estrema bellezza: la bellezza dell’amore che arriva “sino alla fine”... E ancora: «Nulla ci può portare di più a contatto con la bellezza di Cristo stesso che il mondo bello creato dalla fede e la luce che risplende sul volto dei Santi, attraverso la quale diventa visibile la Sua propria luce». Della bellezza di Cristo si fa esperienza nella Chiesa, cioè nel mondo bello creato dalla fede e dalla luce che risplende sul volto dei Santi.
    Ne sa qualcosa chi questa luce è riuscito a vederla nel volto delle sante persone che ci cono passate, e ci sono ancora, accanto ogni giorno.

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    (11.12.07) CI HANNO LASCIATO (di Guerino De Masi) - Stamattina, riguardavo le news di Galatro Terme e, toccato dagli annunci di dipartite di persone care a tanti lettori e da altri testi di riflessione da parte di profondi pensatori e acuti conoscitori dell'animo umano, mi metto alla tastiera esternando quanto ho nel cuore pensando al mio caro paese: Galatro.

    Il caro avv. Michele Scozzarra, mi disse quest'estate alle Terme, "caro Guerino, la tua venuta a Galatro guasterà i tuoi pensieri ed i tuoi ricordi d'una volta". Confesso che, mi pare, avesse ragione, per quel che in me è sicuramente cambiato della visione e del ricordo del mio paese. Tanto è vero che è passato diverso tempo dal mio ultimo intervento.
    Stamattina, stimolato dagli scritti di Scozzarra e Cannatà, vorrei dare il mio umile contributo a questo prezioso "sito" che oramai occupa un posto di importanza non secondaria tra le cartelle del mio pc.

    Il Prof. Callà
    Avrei voluto scrivere subito e trasmettere le mie condoglianze all'annuncio della sua morte. In verità, avevo scritto la mia pagina, ma è andata persa per uno di quei bizzarri inceppi di questo strumento che è il computer.
    Il mio ricordo è che mio padre, Peppi' Masi, parlava in casa del Sindaco Callà, con la "G"... "Gallà"!
    Rileggendo il vostro
    articolo del 13 ottobre scorso, rivedo tra quel plebiscito popolare della gente semplice fatta di lavoratori, anche mio padre, allora pieno di speranze, in un socialismo che li avrebbe fatti risorgere dopo l'ultima sanguinosa guerra ed il sofferto periodo fascista.
    Inquadro meglio, adesso, le figure di Nicola Mancuso, di Mastro Carmelo Distilo e della Tromba.
    Certamente, il Prof. Callà fu uomo che lasciò un segno indelebile nei galatresi per la sua capacità, come avete così bene saputo sinteticamente ricordare, e per il suo impegno a pro di Galatro. Mio padre l'aveva capito e nutriva un'alta stima del compianto Sindaco Prof. Rocco Callà. Augurandomi che i nostri attuali compaesani sappiano prenderne esempio nel loro prodigarsi per il bene del paese così come il Prof. Callà fece in quegli anni.

    Gaudioso Trimboli
    Che non ho avuto l'onore di conoscere, ma che ha lasciato anche lui un segno per la sua vita di dedizione alla communità. Grazie a Michele Scozzarra per il suo bell'articolo nel quale evidenzia la fede che ha caratterizzato quest'uomo e nel quale esprime anche la sua profonda amicizia e stima per l'amico scomparso.

    Marazzita in Panetta
    Era sorella di mio cognato Rocco. La notizia della sua morte mi ha fatto chiamare il nipote Biagio Cirillo. Con dolce sentimento, ricordo l'incontro di tanti anni fa con questa cara famiglia, quando i figli Salvatore e Giuseppe?, erano ancora giovanissimi studenti.

    Alle loro famiglie va il mio pensiero questa mattina. Dio li benedica.

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    (15.12.07) CARO GUERINO... (di Michele Scozzarra) - Caro Guerino,
    ho letto con ritardo quel tuo trafiletto dove dicevi che ti avevo smontato nel dire che “la tua venuta a Galatro avrebbe inquinato (alterato) i tuoi genuini ricordi...”. Non so cosa le mie parole ti hanno fatto capire, ma se ricordi bene la sera che ti ho incontrato, durante il mercatino a Montebello, ti ho detto ben altro: ti ho detto che ti volevo scrivere per dirti, prima di venire a Galatro, di cercare di mettere per iscritto tutto quella che la tua memoria ti permetteva di fare, perché una volta giunto al paese natio, dopo cinquanta anni di assenza, nell’impatto con la nuova realtà che ti si presentava davanti, inevitabilmente tante cose sarebbero svanite e non le avresti più recuperate. Le cose vecchie avrebbero lasciato il posto alle nuove... E mi pare che così è stato!
    Nonostante tutto questo, penso che la tua venuta a Galatro sia stata una benedizione: sì proprio una benedizione che ti ha permesso di mettere a fuoco le tue radici che anche se, a leggere i tuoi scritti, sembrano provenire da un mondo lontano, di fatto fanno parte di un processo storico abbastanza comune, fatto di usanze, di valori, di tutta una compagnia di persone, che un nuovo mondo ha sostituito e fatto scomparire.
    Caro Guerino, è inutile negarlo, il tempo passa, i modi di vivere cambiano: non si può pensare di tornare al proprio paese dopo 40, 50 o 60 anni e pensare ancora che nelle famiglie, anche contadine, si mangi ancora come una volta... dove nello spolpare una coscia di pollo non era una cosa facile staccare la carne dall’osso; oppure pensare che l’insalata venga ancora condita con quell’aceto torbido, magari con qualche farfallina dentro, piuttosto che con quello di marca “balsamico” che si vede continuamente pubblicizzato in televisione; oppure avere l’immagine di donne che affettano il pane, appoggiando contro seni prosperosi delle enormi pagnotte fragranti e ancora calde, che con grande familiarità ripetono la ciclica giaculatoria: “mangia... mangia... che il pane caldo è buono!”.
    Caro Guerino, non ha importanza se avevo ragione nel prevedere che la tua venuta a Galatro ha cambiato la tua visione ed il ricordo che tu avevi del tuo paese: in un tempo che brucia ogni attesa, vale sempre la pena ritornare, anche per un giorno, a sentire il melodioso canto dei nostri fiumi, essere assaliti dai ricordi, irresistibili come la vita e inquieti come l’inesorabilità del tempo che passa. Dentro tante case ormai modificate sicuramente ti saranno venuti incontro i “fantasmi” dei tuoi ricordi... i compagni, i vicini di casa... il volto austero dei nonni, le mani crepate dal lavoro: vicende povere e serie di una vita che non c’è più. Forse per te la venuta a Galatro è stata come un renderti conto che, quel mondo che hai idealizzato e scritto su questo giornale, non c’è più ma, rivedendo i nuovi scenari che oggi si sono aperti, non puoi negare che siano riaffiorate lo stesso delle sensazioni che non possono non riportarti all’inizio della tua identità umana.
    Caro Guerino, il passato ritorna sempre nella poesia e la poesia vive delle immagini che noi riusciamo, come in un sogno, a far riaffiorare dalla nostra esperienza... Scriveva Cesare Pavese: “A che serve passare dei giorni se non si ricordano?... Verrà un giorno che saremo cadaveri: Che avremo tappata la bocca con un pugno di terra. E nemmeno sapremo quel che abbiamo veduto”.
    In questo senso i tuoi ricordi rappresentano una bella, bellissima, poesia dedicata al nostro paese, che vale la pena di continuare, nella memoria di quel che è possibile recuperare come valore e radici di un mondo che non è morto invano... Per cui se pensi che i miei discorsi ti hanno portato a “inquinare” i tuoi genuini ricordi, ebbene ti dico di continuare a comunicare i tuoi pensieri nella memoria della tradizione di un paese ancora capace di solidarietà e di gusto per la vita.
    E se continuerai e riuscirai a farlo, fin da ora, ti ringrazio...


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    Guerino De Masi (20.12.07) GRAZIE MICHELE... (di Guerino De Masi) - Grazie Michele.
    Grazie per il
    testo interamente a me dedicato.
    Sono lusingato ed onorato del tuo interesse per me in quanto persona e per i miei modesti scritti/ricordo.
    Probabilmente, non mi sono espresso correttamente, anzi ne sono convinto, e vorrei, per quanto ne sarò capace, cercare di chiarire il perchè di quei miei trafiletti in cui faccio riferimento alla nostra piacevole ed amichevole conversazione alle terme e poi al mercatino.
    La mia voleva essere una confessione, in quanto effettivamente non riuscivo a separare i miei ricordi dalla realtà che ho vissuto in quei pochi giorni trascorsi a Galatro quest'estate.
    Volevo, in un certo qual modo, confermare che "veramente" i miei ricordi hanno subito, se non un inquinamento, perlomeno un'altra prospettiva dalla quale riportare alla mia mente quei vecchi ricordi della mia lontana infanzia. Si tratta comunque di cinquanta anni fa... e non è poco. Ma mi è diventato più difficile isolarli e presentarli così come potevo quasi "automaticamente" di come facevo prima.
    Volevo dunque confermare che avevi ragione tu!
    Aver avuto la possibilità di dialogare con te e con altri, più o meno della "mia" stessa età (spero di non invecchiare nessuno!), mi ha fatto del bene quanto il tornare al caro paese.
    Apprezzo grandemente le tue riflessioni sulle memorie che custodiscono momenti di vita che non troverebbero altro spazio di espressione quando oramai la vita si conclude ahimé con quel pugno di terra che tapperà ogni bocca...
    Ma so per certo, e lo leggo nei tuoi interventi, che anche tu sai che non tutto finisce là.
    Se i nostri pensieri e ricordi possono tramandarsi con semplici poetici scritti che i posteri avranno a disposizione, se vorranno recuperare e rivivere quanto è stato sofferto, gioito, scoperto e vissuto rimane un fatto che, per il credente, nulla è perduto, neanche i suoi pensieri, quelli più profondi ed intimi, inestinguibili, neanche con la morte.
    L'Ecclesiaste dichiara nel suo libro che dopo la morte non ci sono né azioni e né pensieri... Ahimé, era un'analisi fredda dettata da un periodo in cui, lontano dal Signore, egli si era sviato, provando ed assaggiando ogni piacere che la sua posizione di sovrano gli permetteva. Non si è fatto mancare nulla... ma in conclusione dovette dire che: tutto è vanità ed un correre dietro al vento, ma che il tutto è conoscere il Signore.
    I pensieri e ricordi invece rimangono e rimangono molto chiari anche. Gesù che ci narra del ricco epulone e del povero Lazzaro. La loro situazione dopo morti è chiaramente descritta con particolari di pensieri, desideri e ricordi, almeno per quanto riguarda il ricco epulone che, tormentato, invano cerca una soluzione per lui ed i suoi fratelli rimasti ancora viventi.
    Una benedizione… si è vero. Lo è stata la mia ultima visita a Galatro. Una vera benedizione per aver potuto grazie a Dio rivisitare il mio paese ed incontrare tante persone che ho imparato ad apprezzare. Tra queste ci sei tu Michele, come tante altre che mi hanno concesso la loro attenzione ed amicizia.
    Se Dio me lo permetterà, ho in cuore di ritornare con i visitatori di questo bellissimo sito, Galatro Terme News, a dei momenti storici che hanno avuto come protagonisti, uomini di fede, nei secoli trascorsi.
    Uomini che hanno lasciato una traccia per la loro fede, cultura ed impegno verso il loro prossimo fino a raggiungere lontani paesi dalla Calabria e che sono a giusto titolo citati in quanto pensatori eccellenti ed uomini di cultura, a volte precursori dei nostri valori e ideali che faremo bene a rispolverare un pò tutti, a Galatro, in Calabria, in Italia ed in Europa.
    Colgo questa buona occasione per fare i migliori auguri di Natale e di Buon Anno, a te, alla tua sposa ed a tutti i visitatori di Galatro Terme News.

    Nella foto in alto: Guerino De Masi.

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    (24.12.07) BUON NATALE (di Guerino e Rita De Masi) - Buon Natale a tutti voi miei cari compaesani, parenti, amici, emigrati e non.
    Che questo giorno sia per tutti una festa nel ricordare che Dio si è incarnato in Gesù, Emmanuele, Dio con noi.
    Egli ha lasciato la Sua Gloria, la Sua dimora Celeste, la Sua comunione eterna col Padre, per venire e salvare noi.
    Si è fatto di poco inferiore agli angeli assumendo la forma umana, anzi quella di servo per ubbidire fino alla morte di croce per ognuno di noi.
    Lui che non aveva nulla da rubare per essere uguale a Dio, in quanto è Dio. In Lui abitava pienamente tutta la deità.
    E' nato per farsi carico dei nostri mali, delle nostre malattie, delle nostre colpe, per espiarle al nostro posto sul Calvario.
    Questo è il Vangelo, la Buona Notizia: La Parola, il Verbo, il Logos, si è fatto carne ed ha abitato un tempo fra di noi.
    Possa ognuno di noi riflettere su questo evento unico di Dio che interviene nella storia dell'umanità.
    Non il bambinello, il buon Dio. Non tutte le sdolcinate espressioni che sminuiscono la grandezza dell'evento. Ma Dio Sovrano e Trascendente che viene fra di noi.
    Oggi, Un Salvatore ci è Nato!
    Dio benedica Galatro e tutti i Galatresi sparsi per il Mondo.


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    Natale 2007 (24.12.07) CARO GESU' BAMBINO (di Michele Scozzarra) - 25 dicembre 2007: ancora una volta è arrivato il Natale e... eternamente distratti come siamo, non riusciamo a capire cosa questa ricorrenza ci vuole dire e riuscire a trovare il senso ed il valore del tempo che passa. Babbo Natale, il Presepe, l'Albero ormai sono stati ridotti a spot pubblicitari che servono solo per reclamizzare dei prodotti da vendere... entrano nelle nostre case, giusto tra una pausa e l'altra del film o del varietà che tiene "raccolta" ma non “unita”, la famiglia davanti a quella scatola diabolica che chiamiamo “televisore”.
    Una volta, quando il tempo della vita veniva scandito da ritmi ed usi diversi da quelli di oggi, si usava scrivere la letterina a Gesù Bambino o a Babbo Natale... ora non c'è più tempo per realizzare niente... o, molto più drammaticamente, si pensa che si può comprare tutto quello che si desidera, così come evidenziava il Saint-Exupery nel prezioso libro “Il Piccolo Principe”: “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici…”. E’ sparita l’amicizia vera, così come è sparito il dono, il desiderio, ingenuo e profondo, che ha accompagnato centinaia di generazioni, in un giorno che non può essere ridotto al solito insignificante “tran-tran” che caratterizza lo scorrere di tutti i giorni, con la sola differenza dell’attesa, in questo giorno, di qualche regalo inutile o superfluo: l'attesa del Natale è ben altro, sia per la storia del mondo che per quella di ogni singolo uomo!
    Però, a pensarci bene, quale stupore, se un giorno, anche noi, come un personaggio nato dalla fantasia del grande Giovannino Guareschi, tra la nostra disordinata posta notiamo una lettera, con la nostra carta intestata, respinta al mittente: una semplice letterina scritta con una scrittura infantile, indirizzata semplicemente: "Al bambino Gesù". Naturalmente con un timbro applicato sulla busta: "Respinta al mittente per indirizzo insufficiente".
    Certamente ci sentiremmo avvampare da una fiamma di sdegno: "Come possono pensare quei burocrati delle Poste che, una persona come me può avere tanto tempo da perdere da scrivere una lettera al Bambino Gesù?". E se, spinti da un impeto di rabbia e sdegno, vogliamo proprio vedere chi ha avuto l'imprudenza di usare la nostra carta personale, quale stupore, nel constatare che la lettera era scritta con l'inconfondibile calligrafia pasticciata del proprio bambino...
    Nell'attesa di sistemare la faccenda, pensando i provvedimenti da prendere per il delicato ed inconsueto caso, bisogna pure prendere visione della lettera rispedita al mittente "per insufficiente indirizzo". E, come il personaggio del Guareschi, ci troviamo a leggere: "Caro Bambino Gesù... sono un bambino di otto anni e faccio la terza elementare avendo saltato una classe, perché‚ il mio papà dice sempre che il tempo non ce lo può imprestare nessuno, quindi è più importante del danaro. E allora gli anni che si risparmiano da bambini si ritrovano dopo: ma, per la mamma, questa è una stupidaggine: come uno che, per fare un piano in più nella casa, risparmia il materiale delle fondamenta".
    A questo punto, diabolicamente, si potrà pensare che la madre confonda le idee al bambino, insegnandogli delle cose che lo tengono lontano dal successo, ma con la coda dell'occhio, si continua a leggere: "…Caro Bambino Gesù, io avrei voluto scriverti per Natale dell'anno scorso e, una sera, domandai alla mamma che francobollo ci voleva per scrivere al Bambino Gesù riguardo ai regali. Ma c'era anche papà e disse che ai bambini non si doveva riempire la testa di fantasie e di favole, perché‚ dopo si trovavano male davanti alla realtà della vita. E spiegò che, ai bambini, i regali glieli fanno i genitori. Ma la mamma, dopo mi disse come stanno le cose. Cioè: il Bambino Gesù, per Natale, fa un regalo ai bambini di tutto il mondo. Un regalino piccolo perché‚ i bambini sono centinaia di milioni. I poveri devono accontentarsi del regalino di Gesù Bambino. I figli dei ricchi, invece, ne hanno di più perché‚ sotto Natale la segretaria richiama il loro papà: 'Mi permetto di ricordarle che presto è Natale e bisognerà pensare ai regali...'. E papà risponde: 'Va bene signorina. Provveda come al solito'. Allora la segretaria va in giro per i negozi e compra i regali per il figlio e la moglie del suo 'principale'. Chissà cosa regalerà per Natale, a me ed alla mamma, la segretaria del mio papà?".
    A questo punto non possiamo non inorridire... tutto il sarcasmo della lettera non si riesce proprio a capirlo. Sarebbe proprio pazzesco buttare via del tempo per girare i negozi... Poi, con le code che ci sono sotto Natale, sarebbe un suicidio. Questo le mogli ed i figli dovrebbero capirlo, ed essere riconoscenti per il regalo... Non si può dire per il pensiero, perché‚ in verità bisogna riconoscere che quello era sempre della segretaria. Ma, in questi casi, di fronte a dei richiami così forti, dobbiamo pur dire che i soldi non li sborsava certo la Segretaria... e poi, in fondo che cos'è, alla fine, una segretaria se non un'agenda parlante. Allora bisognerebbe pensare: "Chissà cosa mi regalerà l'agenda del papà...".
    Ma, nonostante l'irritazione, bisogna rimettersi a leggere, bisogna vedere come andrà a finire la lettera cosa ancora può riservare: "…Io rimasi un pò incerto e dissi che, se le cose stanno così, un bambino ricco, ricevendo tanti doni, non può capire quali siano quelli della segretaria e quello del Bambino Gesù. Ma la mamma si mise a ridere e rispose: 'Se il bambino ricco è stupido, non capisce niente. Ma se è intelligente, guardando bene i regali capirà subito qual'è il regalo del Bambino Gesù'. Io domandai se c'è un segno speciale e lei disse di no: 'Non c'è nessun segno particolare: però si capisce, perché‚ mentre i regali della segretaria potrebbero piacere a tutti i bambini della tua età, quello del Bambino Gesù piacerebbe solo a te'. La mamma queste cose le sa bene. Tanto è vero che, venuto il Natale, mi accorsi subito quale era quello di Gesù Bambino. L'automobile fuori serie a pedali, il trenino elettrico, il meccano erano bellissimi, ma sarebbero piaciuti a tutti i bambini che conosco io. Invece la cosa che agli altri che conosco io non sarebbe piaciuta era uno slittino di legno e uno di quei berretti di lana che stanno su con la visierina fuori e poi vengono giù fino al collo e, davanti, resta aperto il buco per la faccia...".
    Anche a voler dimostrare che la mamma tenta di ingannare il bambino, non si riesce lo stesso a stare in pace... perché‚ ancora più vicino ai quaranta che ai cinquant'anni, e coetaneo della moglie, si vede costretto a leggere: "Il papà è una brava persona ma certe cose non le può capire... è vecchio mentre la mamma è molto giovane. E, quando si può tirar via tutti gli addobbi da signora, sembra una signorina".
    C'è veramente tanto da levare il fiato per lo stupore e, diciamolo pure, per l'indignazione... ed a niente vale consolarsi col pensare che se la moglie avesse le sue preoccupazioni allora le cose cambierebbero parecchio. Ma ancora la lettera non è finita... cosa diavolo vuole questo bambino ancora: "...Caro Bambino Gesù: adesso sai quasi tutto di me e ti chiedo una cosa. Risparmia il tuo regalo di Natale. Anzi, io ti manderò, dove tu mi indicherai, anche i regali che mi farà la Segretaria di papà; ma vorrei da te un dono speciale...".
    Ora, lasciando il caro ed apprezzato Giovannino Guareschi, del quale, fino ad ora, di troppe cose, indebitamente ci siamo appropriati, vale la pena che anche noi, nella festività del Natale, rivolgiamo due paroline al Bambino Gesù... Che si avvicini all'orecchio di tanti genitori e figli, distratti e deviati da un consumismo idiota, e dica loro due paroline..., per farli sentire meno complicati e formali (per non dire ipocriti!), e più genuini ed attenti... per non ridurre la bellezza del Natale a tredicesima, regali, panettone, pranzo, cenone e... delusione.
    E, con queste domande e queste attese, possiamo anche noi augurarci: "Buon Natale"... quello vero però!


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    (27.12.07) ANCHE SE NON FOSSE VERO... (di Pasquale Cannatà) - A seguito delle mie riflessioni pubblicate in occasione della morte di Gaudioso, qualcuno mi ha chiesto di cercare di specificare in che modo l'Amore ci distingue, mentre qualcun altro mi ha contestato che non è l'amore a distinguerci, bensì l'azione.
    Mi si dice che anche se fosse vero che Dio esiste, alla fine della nostra vita non ci chiederebbe quante messe abbiamo ascoltato, quanto abbiamo pregato, ma quanto bene abbiamo fatto.
    Ho parlato di qualità della vita, perchè possiamo operare bene oppure male: questo non si chiama agire?
    Lavorare con amore per lasciare buoni frutti di cui possano godere i nostri figli, non implica azione?
    Non ho parlato di messe e di preghiere, ma di amore che noi abbiamo per gli altri, e gli altri sono soprattutto il "prossimo" di cui parla il vangelo.
    Se l'uomo riflette l'amore che Dio per primo dà a ciascuno di noi, nessuno escluso (sia nell'accezione di riflesso che nel senso di riflessione) allora potrà uscire dalla palude del materialismo e camminare nel verde prato che Lui ha preparato per noi, ma se siamo opachi e tetragoni ai suoi stimoli, allora continueremo a sguazzare nel fango che avremo scelto di abitare, e non mi pare corretto farne una colpa a Lui. Naturalmente la palude, il fango, il verde prato sono solo dei luoghi figurati per indicare alcune condizioni dell'anima in cui ci si potrebbe trovare.
    Personalmente sono amico di persone divorziate, di atei, di ogni genere di persone che accolgo con gioia in casa mia perchè Gesù ci ha insegnato a "preferire la misericordia al sacrificio".
    Per quanto appena detto, anche se non fosse vero che Gesù è figlio di Dio, il suo insegnamento è stato la base su cui si fondano i cosiddetti diritti umani che anche gli atei sbandierano con orgoglio.
    Anche se non fosse vero, ma è vero, che la Bibbia è ispirata da Dio, quale grande dignità ne deriva alla donna dal racconto di un Dio che la tiene tanto in considerazione da voler nascere da lei.
    Anche se non fosse vero, ma è straordinariamente vero, che la Chiesa custodisce ed interpreta gradualmente il messaggio del Vangelo, che nobiltà ne viene a tutti noi dalle parole di Paolo nella sua lettera ai Galati "non c'è più giudeo o greco, schiavo o libero, maschio o femmina, poichè siamo tutti una persona in Gesù Cristo" ed ancora alle donne dalla rivelazione che ha fatto Giovanni Paolo I quando ha affermato che "Dio è Padre, anzi, ancora di più, è Madre".
    Anche se non fosse vero, ma è meravigliosamente vero, che siamo stati creati per un gesto di Amore, ma che siamo nati per caso, io credo che ogni vita, in qualunque modo strappata alla non-esistenza, vada coltivata come un dono prezioso, perchè è unica e irripetibile e mentre i genitori si preoccupano delle cose che possono o non possono dargli, il bambino ha bisogno solo di affetto e del minimo necessario per vivere, che oggi la nostra società assicura a tutti i cittadini, e se aiutato a crescere può contribuire a migliorare questo mondo che ci è stato affidato.
    Auguro a tutti un buon Natale, e che lo Spirito del Signore ci guidi in ogni istante della nostra vita, facendoci crescere in amore e sapienza.

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    Indifferenza (27.12.07) L'INDIFFERENZA: COSA C'E' DI PEGGIO (di Guerino De Masi) - Penso a quanti scrivono anche qui... e che a volte... pare non ci sia altro riscontro, se non l'indifferenza!
    Anche in queste pagine, qualche tempo fa, si parlava di "voce nel deserto" come di qualcuno che sollevava una questione ma non riceveva risposta alcuna.
    La peggiore cosa che può capitare a chi, dopo aver lanciato un messaggio scrivendo, non riceve nessuna risposta se non l'indifferenza.
    Succede spesso che dall'argomento ne scaturisca un'altro che, per il suo interesse e partecipazione, fa dimenticare la prima questione posta.
    Non vi è mai capitato?
    A me si, in diversi forum a cui partecipo da alcuni anni.
    Ne ricordo uno in particolare, sull'allora forum di Maurizio Costanzo, quando un disgraziato lanciava un appello (vero o falso, non ho più saputo) in cui minacciava di farla finita se non gli si dava la possibilità di procurarsi delle medicine a lui indispensabili.
    Mi ero accodato in questa serie di interventi senza mai un solo riscontro. Che tristezza! Che fine avrà fatto?
    Abbiamo appena trascorso l'attesa festa di Natale, ma quanti hanno avuto momenti di seria riflessione sul significato di questo unico grandioso evento?
    La nascita di un messia, l'attesa di un salvatore, la profezia di un eletto, è comune a tante tradizioni e popoli.
    Argomento di tante pellicole della cinematografia che si cimentano in fantastiche storie di miti e salvatori attesi.
    La fumettistica giapponese nella sua alquanto numerosa forma ed originalità, non propone forse da decenni il superuomo o robot (da Goldrake a Gig Robot d'acciaio) che deve salvare l'umanità?
    Matrix, con la sua affascinante serie, non ha forse "Neo" come colui che è l'eletto?
    La serie di esempi non si esaurisce qui...
    Ma desidero tornare al Natale ed al suo significato purtroppo oramai tanto lontano dal messaggio originale.
    Sin dal primo libro della Bibbia, la Genesi, il Natale è preannunciato come evento straordinario che vede Dio Creatore intervenire nella storia dell'uomo.
    I profeti che si susseguono nei secoli hanno, nel loro messaggio profetico, appunto, l'annuncio della venuta del Messia.
    Con dovizia di particolari tanto da stupire i più scettici, vengono preannunciati: il motivo della sua venuta, la verginità della madre, la stalla che lo accoglierà, il villaggio, luogo della nascita, l'arrivo dei saggi d'oriente, il massacro degli innocenti e, soprattutto, le qualità e le virtù di questo bimbo appena nato di cui gli angeli esaltano la gloria.
    E' nato un Re!
    Ciononostante, in quella sera, a Betlemme, l'indifferenza regnava già.
    Non un posto nelle locande, ma solo e soltanto una stalla.
    L'aristocrazia del tempo, gelosa del suo potere, ignora completamente il fatto se non per soffocarlo allorquando, confermato dagli studiosi del tempo, scopre che è nato d'avvero "Il Re Salvatore".
    Eppure gli angeli si erano scomodati per fare da cornice e coro a quella umile stalla che riceveva il Signore di ogni cosa.
    A migliaia erano andati a farsi registrare per quella occasione politica del censimento, ma solo dei "semplici" pastori stavano meravigliati in adorazione davanti a quella umile ed umida mangiatoia.
    I secoli sono passati e le tradizioni si sono susseguite sino ai nostri giorni, ma poco è cambiato o niente.
    Dal 25 Dicembre e dall'anno Uno che erroneamente ci impone il calendario, all'Albero di natale ed al Babbo Natale, siamo oggi in pieno consumismo dove è molto più importante la settimana bianca da programmare ed il badge del negoziante e albergatore che viene deluso se gli affari non sono secondo le miglior previsioni.
    Ogni anno leggo articoli che denunciano questo deviare dal vero significato del Natale, ma ogni anno noto questa crescente indifferenza per il glorioso evento del Natale, la nascita di Gesù il Salvatore.
    Ci si scambia auguri e regali... e perchè non scambiarci qualche riflessione, rilettura, dialogo e condivisione che il Natale ha portato ad ognuno di noi?
    Il Profeta lo preannunciava come Colui che sarebbe stato chiamato Emmanuele, Dio con noi. Addirittura, Dio potente e Padre eterno, Principe della Pace e Consigliere Ammirabile.
    Giovanni nel prologo del suo Vangelo parla della incarnazione di Dio.
    Che meraviglia!
    Se tutto ciò lascia indifferente l’uomo di oggi, non sarà forse perchè il suo cuore è ancora più freddo di quella mangiatoia che ricevette la persona di Dio in quel corpicino appena nato?
    Nella mia infanzia, non ricordo di qualcuno che mi spiegasse la grandezza dell’evento del Natale.
    Ho poi cercato, ogni volta, di spiegare e raccontare ai miei figli cosa era successo a Natale.
    Per alcuni anni, mi rifiutavo di relegare questo ricordo e queste spiegazioni ai miei figli solo a Natale. Avevo non poche argomentazioni per dissentire dal 25 dicembre e del suo uso ed abuso. Poi mi sono detto: e perchè no? Se Natale è la ricorrenza che il mondo fa del ricordo della nascita del Salvatore Gesù, allora desidero partecipare a fare ricordare che cosa è successo. L’ho fatto nei luoghi più svariati, lo faccio anche qui.
    Natale è Dio che si fa Uomo.
    Non lo fa per uno sfizio qualunque, ne tanto meno per “aiutarci” a salvarci, ma per Cercare e Salvare noi che eravamo persi nei nostri falli e nei nostri peccati.
    Dal momento che nessuno è in grado di provvedere alla propria salvezza, operando e adempiendo i Comandamenti del Signore, Dio, in Gesù, compie la nostra salvezza facendosi uomo e sostituendoci davanti al Padre Celeste.
    In effetti, il Natale è in prospettiva del Calvario secondo le scritture.
    Il Natale non avrebbe senso senza la prospettiva della morte sulla croce che Gesù compie per l’umanità.
    E’ scritto: …perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna. (Giov. 3:16)
    A Natale, è l’amore di Dio per me e per te, reso tangibile, visibile e pratico.
    Vale dunque la pena di soffermarci e riflettere un attimo.
    L’indifferenza che trascura un così grande evento rischia grosso. Rischia quella perdizione di cui parla Giovanni.
    Cosa c’è di peggio di una fredda e umida stalla?... un cuore freddo e indifferente.


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    (29.12.07) CARO GIULIANO FERRARA... (di Pasquale Cannatà) - Cara Redazione, vi auguro buon anno e vi invio copia della mia mail pubblicata su "Il Foglio" di oggi 29/12 per la moratoria sull'aborto proposta da Giuliano Ferrara:

    Giuliano Ferrara Caro Direttore,
    le invio uno stralcio degli articoli che ho scritto da poco in occasione della morte prematura di un mio amico e che sono stati pubblicati sul sito del mio paese di origine, www.galatroterme.it:

    ...l'importante non è per quanto tempo si vive su questa terra, perchè non possiamo aggiungerne un solo istante: è già più discriminante la qualità che diamo alla nostra vita, perchè possiamo operare bene oppure male. Ma la cosa essenziale è l'esserci, perchè tra l'essere e il non essere c'è una bella differenza.
    Una lunga vita lascia traccia di sè nel bene o nel male; in una vita più breve ci sono meno occasioni di interagire, ma anche un bambino che muore appena nato o addirittura abortito spontaneamente lascia un segno. L'essere stato voluto ed atteso con amore, o l'essere stato concepito per errore se non con la violenza ha cambiato la vita alla donna che lo ha portato in grembo ed alle persone che le sono state vicine, se non "prossime": il suo "essere" ha recato una differenza.

    ...se dunque è già importante il semplice inizio dell'esistenza, si capisce come ogni vita, in qualunque modo strappata alla non-esistenza, vada coltivata come un dono prezioso, perchè mentre i genitori si preoccupano delle cose che possono o non possono dare ai bambini, questi non hanno bisogno di "cose", ma di affetto e comprensione per crescere e dare il loro contributo al miglioramento di questo mondo...

    P.S. - Allego gli articoli di cui sopra, ne faccia un po quello che vuole.
    Saluto cordialmente.
    Pasquale Cannatà

    Per visualizzare la lettera scarica "Il Foglio" del 29 Dicembre (PDF) 130 KB

    Nella foto: Giuliano Ferrara, direttore de "Il Foglio".

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    Domenico Distilo (31.12.07) REALTA' E RAPPRESENTAZIONE (di Domenico Distilo) - Il governo Prodi è un caso da manuale di scissione tra la realtà e la sua rappresentazione politico-mediatica, tra i buoni risultati raggiunti dall’azione dell’esecutivo e un pregiudizio negativo tanto diffuso da assurgere a luogo comune.
    E’ stupefacente come a un presidente del Consiglio che, nella conferenza stampa di fine d’anno, snocciola cifre, dati difficilmente confutabili (deficit pubblico per la prima volta al 2% del Pil, avanzo primario ricostituito dopo il suo azzeramento nei cinque anni del governo Berlusconi, recupero di una parte cospicua dell’evasione fiscale, stabilizzazione del rapporto debito-Pil, ecc.), si contrappongano da parte dell’opposizione (ma anche di qualcuno della stessa maggioranza) frasi apodittiche, opinioni manifestamente separate dai fatti e interamente informate alla pretesa che Prodi abbia fatto male e dunque debba essere licenziato, pretesa che è però, appunto, solo una pre-tesa fondata su un pre-giudizio, non un fatto.
    Il caso non è, però, che l’opposizione dica ciò che dice e che non può non dire dal momento che essa è, appunto, l’opposizione. Il caso è che le sue arrampicate sugli specchi non appaiano tali ad un’opinione pubblica mitridatizzata da più di un decennio nel quale il controllo dell’informazione da parte dell’attuale capo dell’opposizione ha finito per rendere i fatti evanescenti, mentre le opinioni (di parte) hanno finito per assumere la consistenza di fatti.
    Una situazione, questa, che non ha riscontri nel mondo occidentale liberal-democratico, soprattutto anglosassone - dove l’informazione si basa sul presupposto che esistono prima di tutto i fatti, che non possono essere seppelliti, come diceva Nietzsche, “sotto le interpretazioni” - e la cui gravità è dimostrata proprio – la cosa può apparire paradossale - dalla sua generale non percezione, al punto che fatica a rendersene pienamente conto lo stesso governo, che dovrebbe darsi due priorità assolute, priorità che costituiscono l’emergenza-paese molto più del debito pubblico e del deficit di bilancio: lo stato dell’informazione e il conflitto d’interessi del capo dell’opposizione.

    Tra i problemi inventati che hanno accompagnato il cammino del governo Prodi fin dalla sua nascita c’è quello della cosiddetta sinistra radicale, “problema” che rappresenta il paradigma, la quintessenza del conflitto tra la realtà e la sua rappresentazione mediatica. Inventato dal centrodestra in campagna elettorale e subito ripreso e amplificato dai suoi giornali e, soprattutto, dalle sue televisioni, è assurto a prova dell’impossibilità per Prodi di governare, come se in un sistema bipolare non debba considerarsi normale la dialettica tra le componenti della sinistra, così come tra quelle della destra, con la differenza, semmai, che alcune componenti di quest’ultima sono radicali fino all’impresentabilità, senza confronto proponibile con i radicali della sinistra, i vari Bertinotti, Diliberto, Pecoraro, che almeno nessuno può tacciare di razzismo.
    Si sa come è finita: con il termine radicale adoperato per bollare chiunque esprima anche solo un barlume di critica, non al capitalismo, che diamine!, ma alle sue espressioni più antisociali ed immorali e con gran parte dell’opinione benpensante che ripete pappagallescamente che Prodi non può governare perché la sinistra radicale lo condiziona oltremodo, impedendogli di attuare appieno il programma predisposto per lui dalle istituzioni internazionali, in primis il FMI, la cui unica funzione consiste nel riprodurre e rilanciare all’infinito i dogmi dell’economia monetarista.
    Così si nasconde che per il governo Prodi il problema non è la sinistra ma il centro, un centro che non riesce più ad essere – come una volta - naturalmente moderato, per la semplice ragione che il moderatismo vero è pragmatico e rifugge per natura dall’ideologismo, dai giudizi dati a “prescindere”, mentre gli attuali “centristi”, da Casini a tutti gli altri, appaiono votati alla ricerca di una centralità soprattutto mediatica che riesce inevitabilmente affettata, innaturale, e sa lontano un miglio di luogo comune, se non di trash.
    Col risultato che quella che vorrebbe essere l’imitazione del centrismo della vecchia DC riesce patetica, essendo il frutto di un equivoco. La DC infatti non aveva, non ha mai avuto, preclusioni ideologiche a sinistra e il suo anticomunismo tutto era tranne che contrapposizione ideologica, nascendo da un fatto incontestabile quale la divisione dell’Europa in due blocchi. Prima di Yalta la DC non era mai stata anticomunista, così come non lo fu durante i lavori della Costituente e negli anni Settanta, allorché per qualche anno, con Moro e Berlinguer, fino all’assassinio di Moro da parte delle Brigate Rosse, si andò delineando il compromesso storico. E anticomunista a prescindere non fu certamente Alcide De Gasperi, di cui si ricorda la determinazione con cui si oppose alla cosiddetta operazione Sturzo, propugnata da Pio XII per scongiurare il pericolo di una giunta rossa nella capitale.
    Una DC anticomunista “a prescindere” non è dunque mai esistita. Un centro postdemocristiano che la voglia rappresentare anticomunista a prescindere è solo succube della subordinazione berlusconiana della politica e della storia alla propaganda, alla subcultura dello spot, da cui non ci potremo affrancare se non si interviene, subito, sul sistema dell’informazione, prima che la moneta cattiva, per dirla con Marx, scacci definitivamente quella buona.


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