Egregio Direttore,
come purtroppo già accaduto in altre occasioni, nei giorni scorsi sulle pagine di
Galatro Terme News è stato pubblicato un articolo, privo di firma, in cui vengono fornite ai lettori
notizie del tutto erronee e fuorvianti a proposito dell’operato dell’Amministrazione Comunale di
Galatro.
Mi riferisco al pezzo intitolato: “LSU-LPU, la Giunta riduce l'orario di tre lavoratori e di uno ne cambia le mansioni” in cui testualmente si asserisce che ”con una decisione inaspettata,
l’Amministrazione Comunale ha “interpretato” la delibera della Giunta Regionale del 29 dicembre
scorso che autorizzava la proroga dei lavoratori LSU-LPU per tutto il 2016 riducendo a due di essi
l’orario di lavoro e disponendo per un terzo anche il cambiamento di mansioni. Poiché la delibera
regionale esclude qualsiasi discrezionalità degli enti locali in ordine a mansioni e orario di lavoro –
pur lasciando loro la facoltà di sopprimere in tutto o in parte i posti in organico - ci si chiede da
cosa sia potuta nascere un’illegittimità che sembra palese e che ha già generato diffide legali da
parte degli interessati. Se, come si potrebbe ipotizzare, alla base ci sono motivazioni disciplinari –
in tal caso la misura si configurerebbe come punitiva - stupisce che non si siano seguite le normali
procedure di contestazione, optando per una scorciatoia intesa a travolgere le garanzie sindacali”.
In parole povere, l’articolo accusa l’Amministrazione Comunale di aver fatto ricorso ad atti
palesemente illegittimi per punire i propri dipendenti attraverso “scorciatoie” finalizzate “a
travolgere le garanzie sindacali”.
La tutela dell’onorabilità dell’istituzione che rappresento, nonché dei colleghi di giunta e di
consiglio indiscriminatamente tirati in ballo attraverso il generico riferimento all’Amministrazione,
mi impone di intervenire per chiedere la pubblicazione della presente rettifica.
A dire il vero, se la diffusione della notizia fosse stata limitata ai confini comunali, avrei anche
potuto evitare qualunque intervento, visto che è la mia storia politica e sindacale a costituire la più
efficace smentita alle insinuazioni contenute nell’articolo. Ma visto che il sito ha lettori nei luoghi
più disparati, è opportuno riportare i fatti nell’alveo della verità.
Ebbene, il primo dato che emerge evidente dalla lettura del pezzo, è che il suo autore non conosce
minimamente l’argomento trattato.
Nell’arco di poche righe, infatti, sono tali e tante le imprecisioni e le inesattezze fattuali che sorge
spontaneo il sospetto che l’articolista si sia limitato a riportare ciò che qualcuno (non
disinteressatamente) gli ha riferito, senza effettuare la benché minima verifica.
Se, infatti, avesse preso visione dei provvedimenti relativi al caso (liberamente consultabili sul
web), l’autore dell’articolo si sarebbe accorto che la stipula e l’eventuale rinnovo dei contratti di
lavoro a tempo determinato con gli ex LSU-LPU è regolamentata in via esclusiva dalla normativa
nazionale, ed in particolare dal Decreto Interministeriale dell’8 ottobre 2014, che espressamente
stabilisce che ciascun ente procede in base al proprio fabbisogno.
Inoltre, avrebbe constatato che la Regione Calabria è solo cofinanziatrice dei contratti, non ha
alcuna competenza in merito al contenuto dei rapporti di lavoro ed interviene nel procedimento
solo per fissare il tetto di spesa ammissibile al proprio contributo.
Se avesse letto gli atti, poi, l’autore non avrebbe sicuramente confuso la nota esplicativa del
29.12.2015 addirittura con una delibera di giunta regionale e, avuta chiarezza sulla distinzione dei ruoli, avrebbe compreso che la nota in questione si limita a fornire indicazioni di prassi finalizzate
ad evitare che, in sede di proroga, attraverso la modifica delle qualifiche (e non delle mansioni) e
l’incremento dell’orario di lavoro rispetto a quello precedentemente fissato in 26 ore settimanali,
possa prodursi un aumento del fabbisogno finanziario e risulti così insufficiente lo stanziamento di
38 mln di euro previsto nella legge regionale di stabilità quale quota di cofinanziamento necessaria
ad assicurare la prosecuzione di tutti i contratti in essere anche per il 2016.
In definitiva, se avesse perso un po’ di tempo a verificare la notizia, l’articolista avrebbe avuto
chiaro che sulla base della normativa vigente, il Comune di Galatro non aveva l’obbligo né di
rinnovare tutti i contratti a tempo determinato stipulati con gli ex LSU-LPU nè di confermare
l’orario settimanale a suo tempo stabilito per ciascun lavoratore, per come del resto previsto nel
contratto stesso.
Infatti, così come al momento della prima stipula, anche in sede di rinnovo ciascun ente è libero di
decidere – in base al proprio fabbisogno – quanti lavoratori ex LSU-LPU debbano essere
contrattualizzati (con facoltà anche di ridurne il numero, come avvenuto in alcuni comuni) e quale
debba essere l’orario di lavoro da assegnare a ciascuno, fermo restando il massimo di 26 ore
settimanali finanziabile dalla regione.
Chiarito questo punto, e dunque acclarato che – al contrario di quanto gratuitamente affermato
nell’articolo – non vi è nessuna illegittimità della delibera adottata dalla Giunta Comunale, ritengo
doveroso illustrare quali sono state le motivazioni che ci hanno indotto a differenziare le posizioni
dei vari lavoratori.
Per far ciò occorre premettere che, al momento della sottoscrizione del primo contratto a tempo
determinato, in nome dell’Amministrazione ho stretto un patto con i lavoratori ex LSU-LPU riuniti
in pubblica assemblea: a tutti sarebbe stata data l’opportunità di godere delle tutele giuridiche ed
economiche garantite dall’ingresso a pieno titolo nel pubblico impiego, ma ciò avrebbe dovuto
comportare l’abbandono di alcune esecrabili abitudini maturate nei lunghi anni di “sottolavoro”.
Ad ognuno è stata, dunque, chiesta una piena assunzione di responsabilità: la qualità di
dipendente comunale impone che, come per i colleghi a tempo indeterminato, il comportamento
sul luogo di lavoro sia rispettoso dei doveri stabiliti dai contratti collettivi.
Già in occasione del primo rinnovo, però, l’Amministrazione tutta aveva avuto modo di segnalare,
sempre in pubblica assemblea, come da parte di alcuni il patto non fosse stato onorato, essendo
sotto gli occhi di tutti comportamenti irriguardosi della dignità dell’ente, dei cittadini e dei colleghi.
Per questo era stato chiaramente preannunciato che gli eventuali rinnovi sarebbero avvenuti
secondo un metodo meritocratico.
Ed in questo senso, in sede di valutazione sulle modalità attraverso cui proseguire il rapporto di
lavoro con gli ex LSU-LPU, con la delibera del 31.12.2015 la Giunta Comunale ha inteso premiare i
più meritevoli, riconoscendo a coloro che hanno dimostrato maggiore spirito di servizio ed
attaccamento al lavoro, un orario settimanale più ampio.
Agire in modo diverso e, quindi, tenere sullo stesso piano chi si impegna quotidianamente con
abnegazione e chi brilla solo per le assenze e per l’inoperosità sarebbe stata la più grande
ingiustizia che l’Amministrazione Comunale avrebbe potuto compiere.
Chi intende speculare (oltre, ovviamente, a chi ha un interesse diretto) può anche affermare che si
tratta di una misura punitiva: noi riteniamo invece che si è trattato di un atto di giustizia nei
confronti dei molti che hanno quotidianamente operato con serietà nell’interesse dell’ente presso
cui prestano il proprio Servizio.
Trattandosi di provvedimento totalmente discrezionale (visto che nessun lavoratore ex LSU ha
diritto all’automatico rinnovo del contratto o alla conferma dell’orario di lavoro precedentemente
stabilito), abbiamo ritenuto che per il momento tale misura fosse la più idonea a conseguire il
risultato voluto, fermo restando che – anche a prescindere dalle nuove misure annunciate dal governo contro l’assenteismo – in mancanza di modifiche nei comportamenti il prossimo passo
non potrà che essere quello della riduzione del numero dei lavoratori contrattualizzati.
Infine, giusto per completezza, evidenzio che nella delibera del 31 dicembre 2015 il Comune di
Galatro non ha modificato le mansioni di nessun lavoratore (cosa, peraltro, del tutto legittima) ma
ha semplicemente accolto la richiesta di uno dei Responsabile di Servizio, che ha sollecitato il
trasferimento ad altra area di un dipendente a lui assegnato in quanto, a causa del rapporto di
stretta parentela, si era venuta a creare una condizione di incompatibilità ai sensi della normativa
anticorruzione.
Quindi, per favore, lasciamo perdere gli azzardati accostamenti con vicende ormai lontane nel
tempo e la tifoseria per il nuovo che avanza, anche se lascia davvero sorridere il malcelato
tentativo della vostra testata di trasformare un comitato elettorale creato per supportare una
candidatura a sindaco, e distintosi negli ultimi anni per l’organizzazione di ben due convegni (!!!),
nel movimento che dovrebbe dare la “svolta” alla nostra asfittica realtà culturale, sociale e
amministrativa.
Sono certo che questa rettifica verrà pubblicata integralmente anche se, come al solito, sarà
accompagnata da un sagace commento della redazione.
Ringraziandovi per lo spazio concesso, mi auguro per il futuro maggiore attenzione nella
pubblicazione delle notizie riguardanti l’Amministrazione Comunale che mi onoro di
rappresentare.
Distinti saluti.
Carmelo Panetta – Sindaco di Galatro
* * *
Per l’ennesima volta il sindaco si duole a causa di notizie pubblicate su Galatro Terme News lamentando che siano prive di firma, come se la firma posta in calce o sotto il titolo possa aggiungere o togliere attendibilità e autorevolezza alle cronache e/o ai commenti in cui sono riportate.
Quand’anche l’articolo fosse stato firmato dal proprietario della testata nella sua qualità di redattore della stessa, così come da qualsiasi altro redattore, nulla sarebbe cambiato in termini formali e sostanziali. Invero, è in forza di un criterio editoriale che ci siamo dati che non apponiamo quasi mai firme agli articoli di semplice cronaca – anche se talvolta contenenti, in corpore o in appendice, brevi note di commento -, in modo da non indurre il lettore a scambiare i fatti con l’opinione di singoli collaboratori o di semplici lettori. Se al sindaco questo criterio dispiace non è affar nostro e se proprio gli fa venire, come si suol dire, l’orticaria, faccia a meno di leggerci: gli garantiamo che ce ne faremo una ragione!
Venendo al merito della questione – ripresa, negli stessi termini di Galatro Terme News, da altri organi d’informazione quali Il Garantista e Il Quotidiano del Sud -, delle imprecisioni da lui asserite una soltanto gliene possiamo concedere: in effetti l’atto della Regione che contiene le disposizioni-istruzioni ai Comuni sulla proroga dei contratti non è una delibera ma una nota (che pubblichiamo, a beneficio del lettore, con le opportune evidenziazioni - vedi fondo pagina), il cui contenuto è però, con ogni evidenza, prescrittivo e perentorio, non lasciando ai destinatari nessun margine per modificare le clausole contrattuali.
Del resto, se le cose stessero come dice il sindaco non si vedrebbe perché mai la Regione Calabria l’abbia emanata. Così come non si vedrebbe perché solo il Comune di Galatro l’abbia interpretata nel senso di concedersi la possibilità di modificare le clausole contrattuali riducendo l’orario di lavoro di singoli lavoratori. Il vicino comune di Feroleto della Chiesa, per dire, ha confezionato una delibera (pubblichiamo anche questa perché il lettore se ne faccia un’idea - vedi fondo pagina) assolutamente aderente al disposto della nota, senza imbarcarsi in interpretazioni controverse e controvertibili.
Quanto alle motivazioni della decurtazione oraria e, pour cause, stipendiale, a danno di alcuni lavoratori LSU-LPU, non abbiamo elementi per un giudizio fondato su un’adeguata conoscenza fattuale. Però il sindaco ci dà indirettamente conferma di quanto da noi arguito: si è trattato di una forma impropria di provvedimento disciplinare, sostenuta con ragioni che afferiscono a una retorica astratta del lavoro e a una concezione dell’organizzazione e gestione del personale che appare fine a se stessa, essendo stata per di più trasformata nell’unica e sola ragion d’essere di un’amministrazione palesemente priva di visione e finalità strategiche.
Ultimo punto: le analogie, quando ci sono, prescindono dal tempo trascorso. Che né per gli individui né per le associazioni può essere contato da prima della nascita. Come inopinatamente fa il sindaco per Galatro viva, rispetto alla quale, come giornale, ci poniamo con gli stessi criteri di valutazione e di giudizio che adoperiamo per tutti gli altri, sindaco e amministrazione compresi.
Domenico Distilo
* * *
Egregio Sindaco,
ha ampiamente spiegato la sua posizione e, d'altro canto, è stato molto esaustivo anche l'Editore dunque, preferisco non addentrarmi oltre nella questione, onde scongiurare di scendere in sterili polemiche. Tuttavia, se lei si è sentito "toccato" nel suo ruolo istituzionale, si figuri gli Lsu-Lpu che da anni attendono di essere contrattualizzati, annaspando in un bacino che non offre alcuna garanzia; per fortuna Galatro Terme News dà voce a tutti ed offre lo spazio per affrontare temi così importanti.
Dunque, la ringrazio perché con la sua puntualizzazione mi dà la possibilità di affrontare l'argomento, al fine di proiettare verso rosei orizzonti i diretti interessati di tutta la Calabria, centinaia di lavoratori che da lunghi anni prestano servizio nella Pubblica amministrazione pur senza tutele contrattuali e previdenziali e, in tantissimi casi - l'amaro paradosso - senza i quali gli enti rischierebbero una vera paralisi. Eppure, si tratta di lavoratori che hanno espletato le proprie mansioni e prestato la loro opera quasi in modo "abusivo".
Dunque, la sentenza 272 del 2015 della Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del Decreto legge che stabiliva il divieto a procedere a qualsiasi forma di assunzione - anche a carattere di tempo determinato - per le amministrazioni che non rispettavano i tempi medi di pagamento - pari a 90 giorni nel 2014 e 60 nel 2015. Dunque, ritenendo anticostituzionale una normativa che generalizzava, penalizzando anche quei Comuni virtuosi che non riuscivano a rispettare i tempi per i ritardi nei trasferimenti statali a loro favore o per i divieti di spesa imposti dal patto di stabilità.
In sostanza, detta norma ha creato situazioni paradossali in quei Comuni che hanno ottenuto dallo Stato e dalla Regione i fondi per regolarizzare con contratto a tempo determinato i lavoratori in questione ma, impossibilitati però a procedere per via del blocco imposto da quella norma poi dichiarata incostituzionale, appunto. Insomma, felicitiamoci tutti ed orientiamoci verso la regolarizzazione, anche se a tempo determinato e, da attento amministratore sono sicura che farà la scelta migliore a beneficio dei suoi lavoratori, riconoscendo loro i diritti riconosciuti agli altri lavoratori con contratti che verranno rinnovati man mano che si otterranno le risorse erogate dalla Regione o dal Ministero. Da buon "pater familias" avrà modo di valutare dunque il prosieguo e di fare le scelte giuste.
Continui a "leggerci" ed ogni suo contributo sarà accolto con imparzialità e attenzione, peculiarità predominanti nella nostra redazione.
(18.3.16) GRAZIE A QUANTI MI SONO VICINI (Rosaria Marrella) - Alla luce di quanto avvenuto, sento la necessità di estrinsecare il mio pensiero e, soprattutto, ringraziare quanti mi sono stati vicino.
Inizialmente ho avuto difficoltà a realizzare quanto stava accadendo e, sino all'ultimo mi sono guardata attorno per trovare qualcosa che giustificasse i vetri in frantumi. Difficile realizzare che qualcuno, nottetempo, volesse volutamente danneggiare la mia automobile per "punirmi" e, contestualmente, per intimorirmi. Da cronista sono avvezza a firmare tutti i miei articoli, assumendomene sempre ogni responsabilità, ben consapevole di scrivere senza colorare e né scolorire la verità dei fatti. Fermo restando che chiunque volesse contestare potrebbe farlo attraverso smentite, repliche o nelle opportune sedi legali.
È dunque esecrabile munirsi di un puntale per "farsi giustizia": non è affatto un segno di forza anzi, non c'è atto più ignobile, vile e misero che scredita colui che l'ha eseguito e lo relega al pari di un "coniglio" nella cerchia dei codardi. È questa la vostra forza? Io continuerò a muovere la mia penna per dare informazione e, con più tenacia, andrò per la mia strada perché non mi lascio intimorire. Avete agito nell'ombra e come ombre vi tratterò perché non fate rumore.
Dalla mia parte ho la società civile, quella che condanna ogni vigliaccheria e che resta ben salda alla legalità ed alla Giustizia e che, a gran voce, chiede di essere informata perché l'informazione, è il cardine da contrasto all'ignoranza; quell'ignoranza che oltre a limitare, "giustifica" la prevaricazione e gli atti di violenza. Conoscere è sapere ed aiuta il pacifico e civile confronto. Inoltre, è necessario rifiutarsi di chinare la testa e, davanti ad ogni prevaricazione o vessazione è necessario attivare il circuito, denunciando, per non finire al tappeto.
Infine, un ringraziamento particolare va ai Carabinieri della stazione di Pizzo, agli ordini del comandante Paolo Fiorello ed al comandante della Compagnia provinciale di Vibo Valentia, il capitano Diego Berlingieri. Grandi professionisti quotidianamente impegnati a contrastare fenomeni diffusi di criminalità e la cui opera meritoria è ben elencata nei loro report annuali.
Nella foto: Rosaria Marrella, direttore della nostra testata giornalistica.
(15.4.16) STUDIO E (NON) STUDIO, OVVERO TRA SCUOLA E DEMOCRAZIA (Domenico Distilo) - Qualche mese fa abbiamo recensito il libro di Paola Mastrocola, La passione ribelle, nel quale l’autrice rimpiange il tempo in cui a scuola si studiava. Il rimpianto nasce dal fatto che oggi non si studia più e si fanno altre cose, le più diverse. Ciò è senz’altro vero ma si deve aggiungere che nell’indifferenza e nell’inconsapevolezza generali si è venuto modificando il rapporto con i contenuti, con quello che si chiamava il sapere, ponendo in essere un mutamento del senso e del fine dello studio per il quale, è una notazione necessaria, ha offerto l’alibi la rivoluzione informatica.
Lo studio era mirato, quando si studiava, alla comprensione e all’approfondimento di contenuti che, dopo un lungo “darci dentro”, dovevano essere adeguatamente padroneggiati in tutte le loro componenti: teorico-pratiche, logico-epistemologiche e problematiche. L’approccio era globale: per preparare un esame universitario si leggevano più libri per intero e contemporaneamente sforzandosi, col ripetere, il rileggere, il tornare a ripetere, di acquistare la sicurezza e la padronanza necessarie per presentasi al cospetto del docente, dal quale si sperava di ricevere il giusto riconoscimento, la conferma di aver fatto bene.
Così si faceva prima che i cambiamenti degli ultimi quindici/vent’anni stravolgessero totalmente il modo di studiare e, con esso, l’idea stessa del sapere. A partire proprio dall’università, dove quello che una volta era il programma di un solo esame viene diviso in quattro o cinque parti (i cosiddetti esoneri), con l’aggiunta di test la cui finalità originaria era la verifica del livello informativo, alias nozionistico. Da accessorio che era all’inizio, quando sono stati introdotti, il ruolo dei test è però divenuto man mano fondamentale in tutte le discipline, al punto che lo studio, dovendo garantirne il superamento, ne viene pesantemente condizionato.
E’ un fatto che ormai si studi solo in funzione dei test. E l’effetto del combinato disposto esoneri-test è micidiale: la preclusione di ogni visione globale e, di conseguenza, di ogni attitudine critica, che non può poggiare su un sia pur nutrito bagaglio di informazioni ma ha bisogno di una assimilazione della materia nella sua interezza, di un modo olistico di rapportarsi ad essa che non può prendere corpo se la si studia a pezzi e bocconi con l’obiettivo preminente di centrare prove d’esame che, per il modo in cui sono concepite, non possono verificare altro che la quantità, non certo la qualità, di quel che si è appreso.
Considerazioni di tenore analogo sono da farsi per i licei, dove ormai si è dominati dalla preoccupazione riguardo a cosa i ragazzi faranno nel futuro prossimo, quando avranno conseguito il diploma di maturità. La controindicazione sta nel fatto che l’interesse rivolto quasi in esclusiva a ciò che si farà – a discapito di ciò che si sta facendo - rovina il presente, che scivola loro addosso inducendoli, soprattutto nell’ultimo anno di corso, a non studiare più, presi come sono nella tenaglia del futuro che incombe – esigendo corsi di orientamento, di preparazione alle selezioni universitarie e di alternanza scuola lavoro, questi ultimi obbligatori per tutti da quest’anno - da un lato, e delle decine di iniziative all’insegna dell’etica, della legalità, della cultura, della cittadinanza dall’altro, iniziative ciascuna presa in sé meritoria, ma assolutamente controproducenti ai fini di uno studio autenticamente formativo che, per essere tale, avrebbe bisogno, in primis, di tempo esclusivamente dedicato e, a seguire, di sistematicità, coerenza, assimilazione, approfondimento nonché addestramento e attitudine alla critica. Cose, queste, del tutto incompatibili con la pratica invalsa di attingere informazioni qua e là sui manuali e sul web per spalmarle a stretto giro in esercitazioni e prove che sembrano confezionate sui format de La settimana enigmistica, divenuti riferimento imprescindibile di ogni metodologia e strategia didattiche e d’apprendimento.
Basta, per convincersene, dare uno sguardo ai manuali, sia dei licei che delle scuole medie, nei quali l’organicità dell’impostazione e l’organizzazione della disciplina intorno a un centro unitario, a un’idea di essa chiaramente esplicitata, ha ceduto il campo a una quantità strabocchevole di dati e notizie presentati quasi sempre con cura e nei particolari ma, andando al nocciolo, nient’altro che semplici (e per di più slegate) informazioni da utilizzare per eseguire i test e gli esercizi contenuti nelle corpose appendici con cui si conclude ogni capitolo, appendici a cui è dedicato più spazio che alla parte strettamente manualistica, essenziale per l’acquisizione delle conoscenze.
Ne deriva che le tanto decantate abilità – che dovrebbero venir dopo gli altri due elementi della “celebre” triade, conoscenze e competenze, rappresentandone il corollario - sono di fatto perseguite e conseguite come la finalità prioritaria se non il fine in sé, svolta inevitabile dal momento che si è deciso che gli esami debbono consistere in test, quiz ed altre prove da settimana enigmistica. Per una ragione molto semplice: lo studente sa che a contare sono le cosiddette verifiche in fondo al capitolo o al libro, per cui sviluppa strategie di risparmio, che potremmo definire energetico, puntando immediatamente al loro svolgimento o esecuzione. Legge le domande e va a trovare le risposte, senza aver studiato prima nulla di nulla, cosa che, se fossi studente, farei anch’io. La mente si struttura così secondo la logica binaria domanda/risposta (in-put/out-put), vero/falso, con tanti saluti al pensiero critico, alla riflessione articolata ed approfondita su temi complessi, alla capacità di risolvere problemi mediante il pensiero divergente, quello che sta dietro l’imprevedibile “mossa del cavallo”.
Del resto la vera crescita culturale pare non interessare più a nessuno. Se interessasse non si costringerebbero i poveri, davvero poveri, ragazzini di scuola media a studiare una materia fondamentale quale dovrebbe essere la letteratura applicandosi a cose noiosissime e pallose, che basta elencare alla rinfusa per far venire l’orticaria e per far passare – anzi, vista l’età, per non far mai venire - la voglia di leggere racconti, poesie e romanzi per il resto della vita.
Proviamo a metterci nei panni di un ragazzino di scuola media alle prese con un brano di letteratura, non importa se italiana o straniera. Intanto dovrà leggerlo e capirlo: fin qui ovvio e nulla da ridire. Ma dopo averlo letto e capito si accorgerà che ciò che ha capito e chiunque altro, anche un adulto, al suo posto avrebbe capito non serve a nulla. Infatti: dovrà suddividere il brano in sequenze – operazione che, scusate la mia limitatezza, non ho mai capito a cosa serva. Poi dovrà saper cogliere il tratto caratteristico di ogni sequenza dagli aggettivi utilizzati dall’autore. Dunque, non potrà non pensare, il contenuto, quel che l’autore ha scritto e il messaggio che ha voluto comunicare contano poco o nulla: ad essere importanti sono, soprattutto, le differenze stilistiche tra una sequenza e l’altra. Eseguita questa operazione dovrà accertare in quali sequenze prevale il discorso diretto e in quali quello indiretto, ovviamente dopo aver esplicitato se l’autore parla in prima o in terza persona e averne desunto il grado di coinvolgimento nella vicenda. Poi dovrà, con opportuni riferimenti testuali, mediante delle sottolineature, evidenziare il registro prevalentemente adoperato e le variazioni riscontrabili nelle diverse sequenze. Il passaggio successivo consisterà nel sostituire un bel po’ di aggettivi e sostantivi con altri dello stesso significato o di significato affine. Non è però ancora finita: c’è da riscrivere, reinventandola, qualche sequenza, preferibilmente quella finale e, dulcis in fundo, dovrà andare alla ricerca, nel suo personale vissuto, di esperienze paragonabili a quella raccontata dall’autore nel brano.
E’ inevitabile, completato il tour de force, che sia preso dalla tentazione di mandare tutti e tutto a quel paese. Se è bravo e secchione si rimetterà, però, a fare più o meno le stesse cose per preparare altre materie quali la storia, la tecnologia e l’inglese, dedicando anche qui gran parte del tempo agli esercizi di abilità se proprio vorrà portarli a scuola bell’e risolti senza incappare nella riprovazione degli insegnanti, a cui non interessa più che l’allievo ragioni. Ragionare infatti non serve a nulla, essendo importante solo la prestazione, la performance, l’esecuzione dei compiti assegnati.
Il problema legato a questo modo di (non) studiare e alla concezione della formazione che ne è sottesa non riguarda, però, solo la scuola e la didattica. Si tratta di una questione eminentemente politica, che investe, scusate se è poco, il futuro stesso della democrazia. Che è da considerarsi a rischio se la mente dei futuri cittadini continuerà ad essere strutturata attraverso il semplice sviluppo delle abilità, mentre l’educazione alla cittadinanza e quella alla legalità, che dovrebbero essere il risultato dell’intera organizzazione degli studi, vengono proposte in un modo sostanzialmente astratto e dogmatico, puramente edificatorio e privo di qualsiasi spessore storico e critico.
Non è possibile, per intenderci, parlare di cittadinanza e costituzione senza riferimenti storici e teorici e non mettendo in chiaro che le costituzioni moderne, compresa quella italiana, non sono calate dal cielo ma sono nate nel fuoco vivo della storia, anche, se non soprattutto, da guerre e violenze. Sono il frutto di scelte di valore – cioè di decisioni esistenziali - che, nel loro nucleo essenziale, non sono negoziabili, pena la perdita della cognizione di noi stessi, dell’identità che, appunto, ci costituisce.
Sarebbe dunque quanto mai necessario ed opportuno che le due cosiddette discipline, o neodiscipline (cittadinanza e costituzione), venissero riportate nei loro ambiti naturali che sono la storia, la filosofia, la letteratura, il diritto (pensato ed insegnato nei suoi fondamenti) e in essi diluite, essendo questo il solo modo di evitarne una declinazione esclusivamente retorica qual è quella che trionfa in quelli che una volta si chiamavano programmi ed oggi sono definiti – con enfasi mercatista - piani dell’offerta formativa.
Ed è proprio questo il punto: tutte le riforme finora fatte sono state nel segno del mercato. Ma una scuola al servizio del mercato non prepara alla democrazia, anzi, è destinata a diventare una scuola dai molteplici indottrinamenti e addestramenti, dai molteplici interessi contrastanti e destinati a non comporsi in una sintesi unitaria, nella cultura e nell’etica di un paese.
Nelle foto: test scolastici ridicolizzati dagli studenti.
Il primo schiaffo Galatro l’ha ricevuto nel 2014 quando l’allora Telecom Italia, ora solamente TIM, si è aggiudicata il bando indetto dalla Regione Calabria per la realizzazione entro il 2015, nei 223 comuni previsti dal progetto, delle infrastrutture di rete passiva in fibra ottica adeguando 359 aree di centrale.
Qui di seguito l’elenco dei comuni interessati dal progetto della Banda Larga per la provincia di Reggio Calabria: Africo, Anoia, Ardore, Bagnara Calabra, Benestare, Bianco, Bova Marina, Bovalino, Brancaleone, Campo Calabro, Cardeto, Caulonia, Cinquefrondi, Cittanova, Condofuri, Delianuova, Gerace, Giffone, Gioia Tauro, Gioiosa Ionica, Grotteria, Laureana di Borrello, Locri, Mammola, Marina di Gioiosa Ionica, Melicucco, Melito di Porto Salvo, Molochio, Monasterace, Montebello Ionico, Motta San Giovanni, Oppido Mamertina, Palizzi, Palmi, Platì, Polistena, Rizziconi, Roccella Ionica, Rosarno, San Ferdinando, San Giorgio Morgeto, San Lorenzo, San Luca, Sant’Eufemia d’Aspromonte, Sant’Ilario dello Ionio, Santo Stefano in Aspromonte, Scilla, Seminara, Siderno, Stilo, Taurianova, Villa San Giovanni.
Il secondo e decisivo schiaffo, che ha messo definitivamente KO la comunità galatrese, è stato il “trionfale” annuncio del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, quando con grande enfasi annunciava la realizzazione da parte di Enel del progetto chiamato "Open Fiber" che porterà la banda ultralarga in 224 città italiane, realizzando una rete in fibra ottica attraverso le infrastrutture utilizzate per il passaggio dei cavi elettrici in suo possesso.
La mia curiosità mi ha portato a cercare quali fossero le 224 città interessate dal progetto Enel. Dalla lettura dell’elenco, ho scoperto cose interessanti. Per esempio che sono solamente 17 i comuni calabresi interessati al progetto e, di questi, 3 sono capoluogo di provincia. Nella sola provincia di Brescia, invece, sono oltre 50 i comuni interessati. La cosa curiosa, e lo posso affermare senza pericolo di essere smentito, è che alcuni comuni bresciani sono, o forse erano, dei distretti industriali per cui la banda ultralarga è sicuramente strategica per la ripresa economica, ma vi sono comuni, che avrò cura di evidenziare, a fallimento di mercato, vale a dire dove gli operatori non avranno un ritorno sugli investimenti effettuati.
Per comodità del lettore indicherò in questa sede solamente i comuni calabresi interessati dal progetto "Open Fiber" ed i comuni della provincia di Brescia dello stesso livello di Galatro come numero di abitanti o di livello inferiore, anch’essi interessati dal progetto Enel.
COMUNI CALABRESI:Amaroni (Cz), Ardore (Rc), Badolato (Cz), Bocchigliero (Cs), Catanzaro, Chiaravalle (Cz), Cortale (Cz), Cosenza, Dinami (Vv), Girifalco (Cz), Isca sullo Ionio (Cz), Lamezia Terme (Cz), Longobucco (Cs), Montepaone (Cz), Reggio di Calabria, San Pietro di Caridà (Rc), Sant'Andrea Apostolo dello Ionio (Cz). COMUNI PROVINCIA DI BRESCIA:Anfo (481 abitanti), Barghe (1.187 abitanti), Bione (1.410), Capovalle (369), Casto (1.775), Idro (1.953), Lavenone (555), Lodrino (1.694), Pertica Alta (564), Pertica Bassa (651), Preseglie (1.509), Vallio Terme (1.402).
Ai prossimi Amministratori l’arduo compito di arginare il digital divide che perdura a Galatro, mentre all’attuale Amministrazione chiedo come mai non ha dimostrato interesse per questa opportunità.
(6.5.16) REPLICA ALL'ARTICOLO DI FRANCESCO ORLANDO DISTILO (Pasquale Simari) - Qualche giorno fa su questo giornale è stato pubblicato un articolo di Francesco Orlando Distilo in cui si affermava che Galatro avrebbe subito una doppia sconfitta: dopo lo "schiaffo" conseguente all'esclusione dal novero dei comuni interessati dalla prima fase di attuazione del Progetto Banda Ultra Larga realizzato da Telecom Italia con il cofinanziamento della Regione Calabria, il nostro Comune avrebbe subito un ulteriore ceffone non essendo stato inserito nel progetto Open Fiber predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il tutto ovviamente per colpa dell'Amministrazione Comunale in carica, notoriamente distratta e incurante del problema del "digitale divide".
Per una curiosa coincidenza, però, proprio nel momento in cui appariva l'articolo in questione, il Sindaco di Galatro era in viaggio per Catanzaro dove era stato convocato dal Presidente della Regione Oliverio per la presentazione della seconda fase di attuazione del Progetto Banda Ultra Larga, che garantirà il cablaggio in fibra ottica di tutti i comuni calabresi, incluso il nostro.
Secondo la tempistica prevista dalla convenzione con la società Infratel, incaricata della realizzazione della nuova rete che porterà la velocità di connessione a 30 Mbs nelle case e a 100 Mbs negli uffici pubblici, anche a Galatro i lavori dovranno iniziare entro il mese di giugno ed essere completati prima della fine dell'anno.
La cosa strana è che si tratta di un progetto noto da tempo, essendo stato inserito dalla Regione nella programmazione dei fondi comunitari 2014/2010. Però nessuno su questo sito ne ha mai dato notizia, a differenza di quanto avvenuto in occasione dell'avvio della prima fase di attuazione, in cui il comune di Galatro non era stato inserito nell'elenco predisposto da Telecom Italia perché non ritenuto appetibile da un punto di vista commerciale e comunque perchè già servito (a differenza, ad esempio, di Giffone) dall'ADSL a 7 Mbs.
Anche allora su Galatro Terme News qualcuno se la prese con l'amministrazione comunale, ritenendola colpevole di non aver presentato la candidatura del nostro paese o di non averla adeguatamente sostenuta, ma ignorando che la scelta era stata fatta da Telecom Italia in base a parametri predefiniti su cui i comuni non avevano modo di influire.
A questo punto, utilizzando lo stesso metro di giudizio, dopo l'inserimento di Galatro nel Piano per la Banda Ultra Larga (ma lo stesso potrebbe dirsi per il completamento della Diga sul Metramo, finanziato dal Patto per la Calabria firmato nei giorni scorsi da Renzi), di chi sarebbe il merito della vittoria?
Ovviamente non è possibile porre la questione in questi termini così banali e semplicistici.
Ed allora, ciò che occorre evitare è che i fatti siano raccontati in modo parziale e senza obiettività, indossando (magari di nascosto) la maglietta di una squadra, perché così si provocherà solo la sconfitta dei lettori, che aspirano semplicemente a conoscere come stanno realmente le cose.
2.All’Assessore Simari è sfuggito che i Comuni di Dinami (VV) e San Pietro di Caridà (RC), pur essendo rientrati nel primo lotto della Banda ultralarga della Regione Calabria, sono rientrati anche nel piano Enel "Open Fiber", per cui, motivare che Galatro non sia stato inserito nel primo lotto della Banda ultralarga della Regione Calabria, perché "gode" della linea ADSL a 7 mega (eufemismo) appare un volersi aggrappare sugli specchi.
3. Ricordo che un appartenente all’attuale maggioranza, quasi a giustificare l’impasse dovuta allo sconcerto per non essere stati inseriti nel primo lotto della Banda ultralarga della Regione Calabria, si giustificò dicendo che l’Amministrazione aveva provveduto, comunque, all’installazione di un hotspot su Piazza Matteotti. Bene, quell’hotspot, pur essendo già di suo molto precario, se cambi mattonella nella stessa Piazza non funziona più, nonostante i 20.000,00 Euro di denaro pubblico spesi. Ma credo sia il caso di dire "sperperati".
4. Vorrei precisare che il progetto "Open Fiber" non è stato predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri bensì dall’ENEL S.p.A. Si riporta uno stralcio, in forma integrale, del comunicato stampa di ENEL: “Il Consiglio di Amministrazione di Enel S.p.A. (“Enel”), riunitosi ieri sotto la presidenza di Patrizia Grieco, ha esaminato e condiviso il piano strategico di Enel Open Fiber S.p.A. (“EOF”), la società costituita da Enel nel dicembre scorso per realizzare e gestire infrastrutture in fibra ottica a banda ultralarga su tutto il territorio nazionale. Enel Open Fiber agirà come operatore wholesale only, ossia come soggetto operante esclusivamente nel mercato all’ingrosso, che realizza l’infrastruttura per altri operatori autorizzati”.
5. Negli ultimi 30 anni Galatro è stata amministrata dalla Lista Tromba. Ebbene, negli ultimi 21 anni si è avuto un calo demografico di 1.254 abitanti, tornando indietro al 1861, cioè a due secoli fa. I vicini Maropati in 41 anni ne hanno perso 523 e Feroleto della Chiesa, sempre in 41 anni, solo 263 (fonte Wikipedia). In sostanza a differenza di Galatro, i comuni di Maropati e Feroleto della Chiesa hanno avuto il loro calo demografico derivante in buona parte da una, ormai scontata, riduzione delle nascite, mentre il calo nel nostro Comune è dovuto anche alla riduzione delle nascite, ma soprattutto alla ripresa dell’emigrazione. Se i nostri attuali amministratori avessero il tempo per farsi una passeggiata per le vie di Galatro, troverebbero un paese in vendita. Sono decine e decine i cartelli “VENDESI” esposti sulle abitazioni ormai vuote. Qualcuno ci dovrà dare risposte di fronte a questi dati oggettivi.
6. Passando all'argomento della fondazione creata per la gestione delle Terme, premetto che non conoscevo l’istituto della “fondazione di partecipazione”, e sto dedicando parte del mio tempo libero a studiare il predetto istituto, come lo sto dedicando allo studio della riforma della Pubblica Amministrazione e allo “Statuto della fondazione Terme di Galatro”. Da una sommaria lettura di quest’ultimo, per essere un Istituto volto a “blindare” le Terme dai privati mi sembra che ci sia troppa commistione tra pubblico e privato. Per cui mi riprometto di approfondire l’argomento e di ritornarci con un’indagine più penetrante. Intanto posso anticipare che le “fondazioni di partecipazione” rappresentano solo meno dell’8% delle società a partecipazione pubblica, mentre il resto è rappresentato dalle S.p.A. e dalle S.r.l. Forse un motivo ci sarà!
REFERENDUM COSTITUZIONALE SE MASSIMO CACCIARI DIMENTICA KARL POPPER
Angelo Cannatà
Ho letto l’intervista di Ezio Mauro a Massimo Cacciari (la Repubblica, 27 maggio) e non riesco a liberarmi dal senso di smarrimento che trasmettono le sue parole. L’impressione molto forte è che Cacciari storicizzi e retroceda fino agli anni Ottanta (“Abbiamo provato a riformare le istituzioni per quarant’anni, e non ci siamo riusciti”), per spostare l’asse del discorso sul passato e non confrontarsi realmente sui limiti della riforma, della quale dice, certo, che è piena di difetti, ma bisogna votarla perché “realizza alcuni cambiamenti che volevamo da anni”.
Ho molta stima per Cacciari del quale apprezzo non solo Krisis, Icone della legge, Dell’inizio, eccetera, ma anche i testi giovanili scritti per Contropiano. Una stima che non mi impedisce d’evidenziare – anzi mi stimola – quanto la sua posizione politica (sì al referendum) sia poco strutturata e fondata filosoficamente. Insomma, Aristotele lo bacchetterebbe per le conclusioni che trae dalle sue premesse: “è una riforma concepita male e scritta peggio”; “punta alla concentrazione del potere”; “la montagna ha partorito un brutto topolino”; “è una riforma modesta e maldestra”; abbinata alla legge elettorale “punta a dare tutto il potere al capo”; dunque: la voto. Incredibile!
Si avverte un senso di vertigine pensando al profondo sdoppiamento di personalità che deve vivere Cacciari: centinaia di pagine di filosofia per riflettere, con stile e rigore logico, sulle domande del Parmenide platonico e ragionare con lucidità su Cusano e Schelling, per poi - spostato lo sguardo sulla riforma della Costituzione - approdare ad un orrendo e spicciolo pragmatismo. Fa male vedere Cacciari accodarsi a quanti sostengono che non c’è alternativa ergo bisogna votare sì anche se la riforma della Costituzione non piace. A questo siamo. Speravamo di più da un filosofo che stimiamo da anni e volevamo al governo, non solo della sua Venezia, ma del Paese, mossi dalla suggestione platonica dei filosofi re. Invece, Cacciari ci dice che dobbiamo tapparci il naso (“Vuole fingere – obietta a Mauro – che non abbiamo votato spesso turandoci il naso?”), che dobbiamo scegliere il “male minore” e votare sì.
Chi l’ha detto, caro Cacciari, che la riforma Renzi sia il male minore? E’ vero il contrario. Se la riforma del Senato sommata all’Italicum svuota la democrazia e concentra il potere nelle mani del capo - come lei riconosce - è evidente che non ci sia male maggiore. Evidente per una serie di motivi che il logos e la tradizione filosofica hanno acquisito da anni.
Non devo essere io a spiegare a Cacciari che Karl Popper sulla concentrazione del potere nelle mani di un capo ha scritto pagine decisive: la domanda fondamentale in democrazia non è “Chi deve governare?” - osserva - quanto piuttosto: “Come possiamo organizzare le nostre istituzioni politiche in modo tale che governanti cattivi o incapaci (che cerchiamo di evitare, ma che tuttavia possono capitarci) arrechino il minor danno possibile e che noi possiamo rimuoverli senza l’uso della forza?” Il problema della politica è “organizzare le istituzioni” per impedire che l’esecutivo prevarichi sul legislativo.
Nel referendum di ottobre sulla Costituzione la posta in gioco è questa. Alta, fondamentale e non derubricabile a “male minore”. Si tratta di decidere, col nostro voto, se la democrazia italiana continuerà ad avere (o no) gli strumenti per frenare l’abuso di potere del Premier. E’ la questione posta da Popper, su cui è nata una teoria della democrazia. Che Cacciari la sottovaluti e preferisca turarsi il naso è peggio di un delitto. E’ un errore.
(12.6.16) AD URNE CHIUSE (Domenico Distilo) - In primis va sgombrato il campo da ogni equivoco e/o malinteso che possa inficiare quel che conta davvero: la pura analisi politica. Ebbene, le cause della vittoria della Tromba e della sconfitta di Galatro Viva vanno ricercate esclusivamente sul terreno della politica, senza concorso di fattori più o meno metapolitici, più o meno “metafisici”. Il fattaccio successo a pochi giorni dalle elezioni non avrà spostato neppure un voto, così come non l’avranno spostato i manifesti fatti affiggere dal gestore delle terme.
Ciò premesso, un’analisi seria ed approfondita non può non partire dal 2006, dalla prima elezione di Carmelo Panetta. Quella fu una grande battaglia vinta contro l’antipolitica, vale a dire contro l’idea e la pratica di risolvere la politica e la democrazia nella dimensione personale, in una leadership non nata nella politica ma dalla ricerca di una rendita di posizione derivante da un importante ruolo professionale. La Tromba, che allora non solo rappresentava ma era la sinistra, vinse in quanto tale la sua ultima battaglia, combattuta da una coalizione imperniata sui partiti. Di cui si possono scorgere ancora le tracce nella lista vittoriosa dieci anni dopo: Simari di provenienza SDI, Sorbara e Panetta designati (allora) da Rifondazione Comunista.
Subito dopo la vittoria inizia il processo di trasformazione dello schieramento vincente, processo che in breve tempo ne cambia perfino il codice genetico. Da coalizione eminentemente politica la Tromba diventa ricettacolo dell’antipolitica. Al suo interno la discussione non è più ammessa. Al punto che chi nel 2011 la tenta, proponendo con ragionamenti politici una cosa inedita quale sarebbe la Grosse Koalition, viene allontanato in malo modo. La sinistra che si riconosceva nella vecchia Tromba si aliena da se stessa, disconoscendo il pluralismo al proprio interno e ripiegando su logiche personalistiche, paternalistiche e perciò stesso antipolitiche. L’involuzione destrorsa porta infatti all’assimilazione di logiche, pratiche e persone lontane da qualsiasi idea e stile di sinistra, adottate solo perché, si dice, “portano voti”. Parafrasando Marx si può dire che “i vincitori dell’antipolitica ne diventano gli esecutori testamentari”. Il centrodestra collassa, nel 2011, anche perché molti dei suoi esponenti si rendono ben conto dell’inutilità di opporsi a una Tromba da cui si sentono rappresentati. La vera politica e la vera sinistra sono sconfitte e disperse, addirittura sbeffeggiate con una lista civetta che umilia ogni idea di dialettica e confronto politici.
Questa è la situazione alla vigilia della competizione del 2016, quando un gruppo di giovani e meno giovani si raccolgono intorno a Nicola Marazzita per riproporre un’idea di politica, di confronto democratico, di discussione basata su serie proposte programmatiche e su valori a cui restituire smalto e vigore. Rendendosi conto di quanto sia difficile combattere contro un Moloch, un sistema che oltre a utilizzare tutte le risorse normalmente nella disponibilità di chi gestisce il potere fa leva sulla forza di un vecchio simbolo che genera affettività, militanza e senso di appartenenza, talvolta, nell’esasperazione e nel clima eccitato tipico di una campagna elettorale, fanatismo ed intolleranza.
La battaglia, combattuta in condizioni di palese minorità, non poteva, obiettivamente, essere vinta. E’ servita però a dare vita ad uno schieramento alternativo. In Consiglio Comunale siede ora un’opposizione vera e non fittizia e i cittadini sanno di avere a disposizione un riferimento in grado di dar voce a proteste e proposte. Insomma, dopo cinque anni si torna alla normalità della vita democratica. Che però è importante non resti confinata negli scranni di un consesso civico dimezzato, peraltro, da disposizioni legislative ispirate dal populismo e dall’antipolitica. Se l’opposizione riuscirà a intercettare la voglia di cambiamento che cova anche nello schieramento vincente, allora si porranno le basi di una futura vittoria. Altrimenti sarà stato solo un episodio di cui tra dieci o vent’anni si farà fatica a ricordare.
(14.6.16) MATTINA DI DOMENICA ACCENDO IL CELLULARE E LEGGO DEI MESSAGGI... (Caterina Sigillò) - Domenica mattina, alle 6.30, accendendo il mio cellulare, leggo dei messaggi inviatimi dal signor Pietro Ozimo, con i quali mi “invitava” a non dire (cito le sue testuali frasi), cazzate e stupidaggini riferendosi all’articolo che ho scritto su Galatro Terme News.
Non ho potuto rispondergli privatamente perché non ho il suo numero (in quanto, fortunatamente, non lo conosco se non “per sentito dire”), inoltre non sono una codarda.
Quando ho scritto l’articolo, da galatrese emigrata, ho voluto dimostrare che anch’io mi interesso della politica del paese che mi ha dato i natali. Ho voluto esternare le mie perplessità riguardo alcuni punti che la lista Galatro Viva aveva descritto nel programma elettorale.
Mi sembrava e ancora ne sono convinta, di non aver offeso nessuno! Purtroppo, come detto prima, domenica sono rimasta delusa da questi messaggi anche perché mi diceva che non avevo diritto di parlare poiché non vivo a Galatro. Vorrei ricordare a questo signore che, non solo sono nata, ma ho trascorso parte della mia adolescenza, mi sono sposata e ho anche parenti nel paese che ha “adottato” lui.
Fatta questa premessa, vorrei fare le mie rimostranze inerenti ad un altro punto del programma della lista “perdente”, che però prima riporterò testualmente:
"E' nostra intenzione istituire la Consulta comunale degli emigrati galatresi nel mondo, un organismo consultivo di rappresentanza democratica dei nostri emigrati. Un’ idea che nasce dalla volontà di costruire un ponte ideale tra la terra di origine e la terra di accoglienza, tra le proprie radici e il proprio presente. Nasce da un senso di profonda gratitudine nei confronti dei nostri emigrati. “La Consulta costituisce un primo passo, il primo tassello di un mosaico che attraverso un confronto leale e attento, potrà segnare un percorso decisivo per intensificare i rapporti tra i nostri emigrati, le istituzioni e la comunità locale."
Ora mi chiedo: per costruire questo “ponte”, egregio signor Pietro, è obbligatorio che gli emigrati la pensino come lei? Vogliamo e continuiamo a lottare per una democrazia, ma noto con gran rammarico, che fino a quando ci saranno persone così... la soluzione sarà sempre più un sogno irraggiungibile.
Grazie ancora alla redazione di Galatro Terme News che continua a dare l’opportunità agli emigrati di rimanere sempre al corrente delle novità del paese.
(16.6.16) SIG. PIETRO, SE NON SIAMO AMICI PERCHE' MI "DISTURBA" CON MESSAGGI PRIVATI? (Caterina Sigillò) - Egregio signor Pietro,
mando questa “missiva” perché voglio puntualizzare che, comunque sia, tramite web o quel che si vuole, lei mi ha scritto dei messaggi! Sa a chi appartengo suo malgrado? Bene, mi fa piacere! Ma anche in questo caso sono io che non conosco lei! Inoltre se non siamo amici su fb, perché “disturba” la mia persona con messaggi in chat privata?
Ho solo ed esclusivamente espresso il mio parere sulla politica del mio paese, quindi non capisco cosa le “bruci”! Non vivere a Galatro non vuol dire che non sappia cosa succede! Infine le chiedo chi le dà l’autorizzazione a giudicare "stupidaggini" e “chiacchiere” le mie opinioni.
Visto che è così nervoso per la sconfitta della sua “linea politica” le consiglierei di andare a rileggere il punto riguardante il “famoso ponte” con gli emigrati! Una canzone della grande Mina diceva: parole, parole, parole… soltanto parole, parole fra noi!
E’ un po’ come dire: "Gìrala comu voi, sempri cucuzza eni!"
Tengo molto a dire che, nonostante non simpatizzi per gli americani, ammiro il loro modo di far politica: prima fanno campagna elettorale e, dopo le elezioni, il “perdente” stringe la mano all’avversario! Perché non diventa un “modo di fare” anche per la nostra politica? Ma a noi piace il contrario di tutto; se potessimo stringeremmo il “collo” di chi rappresenta la “linea opposta”!
Mi dispiace molto averla “turbata” col mio articolo, ma madre natura mi ha fornito di una “testa pensante” con la quale fare i miei ragionamenti ed esternarli pubblicamente. L’importante è mantenere il rispetto di chi ascolta o legge.
Signor Pietro, spero che questa diatriba tra noi due trovi una conclusione immediata, altrimenti può comunque rispondere quello che vuole. Io farò la parte del “sordo”, ma quello vero!
Saluti alla Redazione e chiedo scusa per questo sfogo.