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6.7.18 - Un ricordo del Prof. Girolamo Cotroneo
Domenico Distilo

16.7.18 - È morto Pino Neri, intellettuale lucido e profondo, attento studioso di Pavese

Angelo Cannatà

25.7.18 - Antonio Ardizzone in: Concerto Sentetico Korybantesco per Anime Amorali


27.7.18 - Diana Manduci Photo presenta: Luci & Ombre di Antonio Nania


23.8.18 - Altre due poesie per mia moglie scomparsa

Filippo Cirillo

26.8.18 - Invito alla lettura: Anime Amorali di Antonio Ardizzone

Domenico Distilo

31.8.18 - Incontro a Candidoni con Rocco Giuseppe Tassone


25.9.18 - Le Confessioni di S. Agostino e il binomio successo/speranza

Anna Circosta

30.9.18 - L'estate teatrale galatrese


17.10.18 - XVIII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo

Pina Lamanna

19.10.18 - Seminario tematico su Neurobiologia e meccanismi d'azione delle psicoterapie


31.10.18 - In memoria della povera Carmela

Filippo Cirillo

20.11.18 - Immagini della XVIII edizione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo

Pina Lamanna

24.11.18 - Giornata contro la violenza alle donne: si presenta un volume


28.11.18 - Si presenta a Rosarno un volume sul musicista Domenico Barreca


3.12.18 - Tournée in Corea del Sud per Nicola Sergio in dicembre


14.12.18 - Ho il sospetto di essere un tantino eretico

Pasquale Cannatà

21.12.18 - Spettacolo natalizio su Dickens della Scuola Media "Rocco Distilo" di Galatro


22.12.18 - Prefazione al libro di poesie di Rocco Giuseppe Tassone

Lorenzo Infantino





(6.7.18) UN RICORDO DEL PROF. GIROLAMO COTRONEO (Domenico Distilo) - Nei giorni scorsi è morto il professor Girolamo Cotroneo, docente emerito di Storia della filosofia presso l’Università di Messina e il più eminente interprete della filosofia di Benedetto Croce a livello mondiale. Pubblichiamo il ricordo di un suo ex studente.

* * *

Correva il 1977, l’anno della mia maturità, che avrebbe dovuto dischiudermi le porte della facoltà di legge. Invece, partito deciso a diventare cultore di pandette, per strada cambiai una decisione scontata e presa da molto tempo, virando inopinatamente verso via dei Verdi, sede della segreteria della facoltà di lettere e filosofia. Per iscrivermi non in lettere ma in filosofia, materia che al liceo avevo studiato appassionatamente, lo dico con la consapevolezza di adesso, non perché mi piacesse per se stessa, ma solo perché la vedevo come il mezzo più idoneo per capire ciò che per noi ragazzi dei Settanta rappresentava il “termine fisso d’eterno consiglio”, la politica.

Così una mattina, mancavano pochi giorni all’inizio di novembre e delle lezioni, all’ingresso della facoltà mi capitò di prendere l’ascensore assieme a un signore alto ed imponente che portava una giacca di taglio sportivo e in mano una borsa, con una mazzetta di giornali e riviste nell’altra. Si accorse che avevo con me i due tomi di Congetture e confutazioni di K. Popper – acquistati poco prima nella libreria di Nunnari e Sfameni - e mi apostrofò perentorio:

«Lei sarà sicuramente una matricola, uno studente del mio corso di quest’anno, da dove viene?» Risposi timidamente di essere calabrese e al che lui rimbeccò: anch’io, di Campo Calabro! Rimasi inebetito. Gli dissi, cogliendolo decisamente di sorpresa, che Campo Calabro era il paese d’origine di mia madre. Si riebbe chiedendomi chi fosse mia madre, come si chiamasse, se abitassi a Campo e se a Campo avessi altri parenti, aggiungendo che casa sua si trovava alla fine del paese, sulla sinistra lungo la strada che portava al cimitero e al rione Musalà, all’altezza dell’ultima curva. Gli diedi tutte le informazioni che mi chiese, chiarendo che non abitavo a Campo ma a Galatro, nella piana di Gioia Tauro. «Sì lo conosco benissimo, ci tenne a farmi sapere, ho insegnato a San Giorgio Morgeto.» Nel frattempo giungemmo al piano di destinazione. Lui uscì per primo dall’ascensore e mi salutò dandomi appuntamento a lezione e invitandomi ad andare in istituto se avessi avuto bisogno di informazioni: il dottor Gembillo e la dottoressa Rizzo erano lì per questo.

Ci rivedemmo qualche giorno dopo alla prima lezione del corso su Popper, filosofo che allora non si studiava al liceo ma di cui avevo letto qualche settimana prima in un articolo del professor Luciano Pellicani su L’Europeo. Finita la lezione realizzai che già sapevo, su quel filosofo, tutto ciò che era il caso di sapere: era un filosofo della scienza e della politica, era un liberale, non era un neopositivista logico, non era un marxista, anzi, era un critico severo del marxismo, che non poteva dirsi una scienza perché aveva sempre una risposta a qualsiasi domanda gli venisse posta, sì che era inconfutabile, là dove le teorie scientifiche potevano dirsi tali se erano confutabili, se “non era vuota la classe dei falsificatori potenziali”.

Cotroneo aveva questa caratteristica: sapeva rendere facili, comprensibilissime ad uno sbarbatello appena uscito dal liceo, le questioni più complesse: lo storicismo, la dialettica, lo spirito che è “concetto, universale, concreto”, la scienza, la logica della ricerca. Con lui non c’era mai nulla che rimanesse ostico, incomprensibile, astruso e se qualcosa, qualche rara volta, non ti era stato chiaro, bastava che glielo dicessi e lui te lo chiariva dopo la lezione, quando dialogava con noi studenti approfondendo ed ampliando tutte le questioni, e citando tutte le tesi, anche quelle che definiva “peregrine”, un aggettivo che usava spesso e che, non so perché, mi piacque enormemente, al punto da usarlo anch’io più volte durante il primo esame che sostenni con lui, al termine del quale mi gratificò non solo con il voto.

Ho letto parecchi suoi libri ed articoli e posso affermare con certezza che nella mia formazione Girolamo Cotroneo ha inciso enormemente, anche nel lessico e nel modo di esporre, nei quali per me rappresenta un modello. Ovviamente inarrivabile, come ogni modello!

Domenico Distilo

Nella foto: il Prof. Girolamo Cotroneo.


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(16.7.18) E' MORTO PINO NERI, INTELLETTUALE LUCIDO E PROFONDO, ATTENTO STUDIOSO DI PAVESE (Angelo Cannatà) - Ho saputo con qualche giorno di ritardo della morte di Pino Neri. Mi ha telefonato Mimma, la moglie. “Non hai saputo niente?” E’ stato un colpo al cuore. Ma non è del privato che voglio parlare. Pino Neri era un intellettuale vero, acuto, profondo, e la cultura calabrese è in lutto per la sua morte: preside del Liceo classico di Nicotera, è stato (anche) docente di letteratura italiana all’Università di Messina; studioso, critico, pubblicista, ha scritto i primi racconti sulla celebre “Fiera letteraria”. Tra le sue opere: Pavese, 1977; Pavese in Calabria, 1989; “Solaria”. Una stagione del Novecento letterario italiano, 1994; Saverio Strati: dal realismo poetico al realismo politico, 1994; Itinerari di letteratura contemporanea, 2000.

Ma non è del suo acume critico che qui voglio parlare; Pino era un affabulatore e nei racconti, nei romanzi esprimeva la sua personalità più vera: è questa che amo ricordare. Ho recensito Le ragioni di un amore (2011) sul sito de il Fatto quotidiano: “è un romanzo epistolare (…) nelle lettere - di Libero, Vita, Emilio… - emergono angosce e dubbi esistenziali (l’amore, la fede, Dio…). Neri ha una capacità rara: dire in poche battute problemi enormi: “Il Dio che cercavamo… io lo trovavo in un luogo creato apposta; tu, tra la confusione di una storia che si svolgeva fuori, nel mondo” (p. 129). Non ha importanza, qui, la trama, il lettore la scoprirà leggendo. Individuo un modo di raccontare. Uno stile. Che, da narrativo si fa filosofico: “Non so se ricerchi Dio per amore o per disperazione”. I protagonisti maschili – Emilio (un sacerdote) e Libero – vengono descritti con grande capacità psicologica, qualche pagina sembra la trascrizione di confessioni fatte sul lettino di Freud: amano la stessa donna – Vita – e nello stesso tempo Dio: due amori difficili, complessi, a tratti impossibili.

Vita prende coscienza a un certo punto d’essere stata simbolo di qualcos’altro. Scrive a Emilio: “Cosa ho fatto per meritare una fine di solitudine, di silenzio? Ti ho dato me stessa, ma pago per averti strappato a Dio e restituito al mondo” (p. 197). E’ la chiave del romanzo. Si cercano le ragioni di un amore. Giusto. Ma è davvero Vita la protagonista? Dio è dappertutto nel testo, ma con accenti Kierkegaardiani, dubbi, angosce, conflitti interiori. C’è molto esistenzialismo nelle pagine di Neri, e si sente – dietro la struttura narrativa – che l’autore filtra il racconto attraverso la filosofia. A volte i riferimenti sono espliciti: “Solo il bisogno di Dio salverà quest’uomo, quando smetterà di sentirsi Prometeo o Nietzsche” (p. 77).

Il tema – in molte pagine – è anche la provvidenza divina: “Dio muoverà le nostre vite come crederà opportuno” (p. 207); ma ci si arriva per gradi, lentamente, attraverso 36 lettere e flashback e frammenti di dialogo e domande filtrate da una lettura critica di Marx. Il vescovo – al quale Emilio si è rivolto – prova a chiarire i dubbi che lo assillano: “Non si può considerare salvifico il marxismo… Che vuoi, don Emilio, che mercanteggiamo il pensiero di Cristo, lo verniciamo di discorsi estremisti e lo rendiamo sovversivo?” (p.94). Avrebbe risposto così Papa Bergoglio – il Papa rivoluzionario – alle angosce di un prete?

Testo complesso e accattivante, il romanzo di Giuseppe Neri. Si perde molto a leggerlo solo come la storia d’amore del sacerdote Emilio e dell’intellettuale Libero innamorati di Dio e di una donna. C’è di più. Anche se l’innamoramento di un prete per una donna è problema reale e umano, molto umano. Dietro la fabula pulsano idee, problemi, questioni esistenziali, filosofie. “Non sono né eretico né scismatico - dice Emilio a Libero - sono un uomo come te che avverte il bisogno d’amare, della vita reale, senza metafisica” (p. 136). Nel romanzo c’è qualcosa di tutti noi, quando – nei momenti più alti – cerchiamo il senso della vita. Senza dimenticare le sconfitte: “Vorrei mettermi a gridare, restituitemi la libertà, il mare, la mia casa… Ma capisco l’assurdità: ognuno di noi vive nella prigione che si è liberamente scelta” (p. 180). In breve: Neri racconta le angosce e l’umanesimo dei cattolici. Un romanzo bello e interessante. Ci aiuta a pensare.”

Infine, ricordo Pino Neri quando veniva a trovarmi a Galatro. I dialoghi sui libri, le battute, l’ironia, gli scambi culturali, il convegno su Saverio Strati... Era una frequentazione assidua prima che mi trasferissi a Roma. Amava il panorama che osservava, a lungo, dal mio studio. L’ha inserito in un racconto in cui parla molto di me (Una primavera molto fredda): “Dal balcone del suo studio, una camera imbiancata, una libreria ampia… è possibile allungare sguardi a un paesaggio gardesano. Alti, esili cipressi sull’increspatura del verde tenero che scende da un pianoro scomposto, e, lontano, un filo di mare coperto dalle languide foschie. Si mostra poi, a tratti, tra la luce e il buio un cielo bigio d’inverno. Non siamo però sul Garda. Anche qui è bello. In questo studio, coi libri di Sartre in mano.” Addio Pino Neri, addio amico carissimo.

* * *

Visualizza un profilo ed un brano di Giuseppe Neri in
Antologia della letteratura calabrese di Antonio Piromalli

Nella foto: Giuseppe (Pino) Neri.

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(25.7.18) ANTONIO ARDIZZONE IN: CONCERTO SENTETICO KORYBANTESCO PER ANIME AMORALI - Con un singolare ed eccentrico comunicato stampa Antonio Ardizzone invita il pubblico al suo «Concerto Sentetico Korybantesco per Anime Amorali, presentazione prima del parzialmente omonimo libro edito Libereria. Il pragma scritto verrà recitato, battuto e cantato coi musicanti Alessandro Dell’Ammassari, Alessandro Ocello e Alice Pantano. La scenografia si vestirà in corso d’opera e sarà attivata un’interazione finale con la coralità del pubblico.»

L'interessante ed intrigante evento ha luogo a Galatro, presso la Scuola Materna di Via Regina Margherita, Giovedì 26 Luglio alle ore 22:02.

In basso la locandina della serata e la copertina del libro con una presentazione:






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(27.7.18) DIANA MANDUCI PHOTO PRESENTA: LUCI & OMBRE DI ANTONIO NANIA - La mostra fotografica di Antonio Nania, presentata dallo Studio fotografico di Diana Manduci, si svolge a Polistena nei giorni di sabato 28 e domenica 29 luglio. Luci/ombre, bianco/nero si alternano e sovrappongono in una visione critica velata/palese della società moderna che prende forma nei temi filtrati dall'occhio della fotocamera.

In basso la locandina con tutti i dettagli dell'evento:



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(23.8.18) ALTRE DUE POESIE PER MIA MOGLIE SCOMPARSA (Filippo Cirillo) - Queste due poesie sono dedicate alla perdita della mia cara moglie Luppino Carmela:



La vita nasce come un fiore...

...cade la pioggia e la vita muore.
Carmela mi hai lasciato solo
in questa vita terrena
e tu te ne sei andata nella vita divina.
Aiutami tu Carmelina,
te ne sei andata senza fare rumore
e mi hai lasciato con un vuoto nel cuore.
Quando ti penso ho le lacrime agli occhi
e piango.
A volte mangio,
a volte mi guardo attorno nella casa,
non vedo nessuno,
vedo solo tristezza e dolore
e mi rimane un vuoto nel cuore.
Carmela ti chiedo:
fammi un sorriso.
Angeli del cielo mandate mia moglie in paradiso.
I tuoi cari nipotini ti pensano sempre
e ti hanno nei loro cuori,
il tuo amato Carmelo,
la tua nipote Sabrina,
il tuo amato Raffaele,
i tuoi figli Antonia e Raffaele,
il tuo amato genero Michele,
la nuora Maria.
Carmela, per noi eri come una stella,
abbiamo perso la cosa più bella.
Carmela, per noi eri come una rosa fiorita,
ti ho voluta bene per tutta la vita.
O luce divina, porta aldilà un saluto
alla mia bella Carmelina.
Ricordo quella brutta giornata del 30 gennaio 2016,
il cielo si fece scuro come il venerdì Santo,
la morte crudele si avvicinò al tuo corpo,
portandoti via.
Che brutto giorno,
tu chiudevi gli occhi,
noi piangevamo e tu sorridevi
mentre te ne andavi con gli angeli del cielo.
Angeli del cielo,
vogliate bene alla mia fatina,
il suo nome è Carmelina,
ella sia benedetta.
Quando mi alzo dal letto
non vedo nessuno,
solo tristezza e dolore,
mi hai lasciato un vuoto nel cuore.
Genti di questa terra,
vogliatevi bene, amatevi,
date da bere e da mangiare
a chi ne ha bisogno,
e Dio vi sarà vicino su questa terra.
Il danaro non è la felicità,
ma è solo tristezza.
Chi è ricco su questa terra
è povero nell’aldilà,
nel mondo divino.
Dio disse: “Amatevi”.
La vita è un dono divino”:
nel mondo chi nasce muore,
anche i grandi della terra,
perché la morte è un dono divino.
In questo mondo siamo tutti poveri.
Carmela, ti dedico questa bella poesia
e ti voglio bene con tutto il cuore.

Il tuo amato Filippo,
i tuoi nipoti, i tuoi figli,
il tuo amato Michele e Maria
La strada senza ritorno

La sera del 30 gennaio 2016
il sole si fece oscuro e la luna piangeva
perché moriva Luppino Carmela.
I giorni sono lunghi,
la notte è buia, Carmela,
scende la sera, viene la notte
e ho paura.
La vita è come un piccolo fiore,
quando cresce cade la foglia
e la vita muore.
Carmela, per me eri come una stella,
ho perduto la cosa più bella,
sono solo e triste,
ho perso il sorriso.
Angeli del cielo
mandate mia moglie in Paradiso.
Carmela, lo so che tu mi vuoi bene e mi guidi.
Ti ringrazio per la forza e il coraggio che mi hai dato,
dal cielo e dalla terra ho perduto la cosa più bella.
A volte sento bussare alla porta
e non vedo nessuno,
ma so che la tua anima mi sta accanto.
Ora sono triste e non vedo nessuno,
ma solo tristezza e dolore,
la tua scomparsa mi fa piangere il cuore.
Lo so che anche tu sei triste aldilà, nella vita divina.
Mi hai lasciato solo nel mondo terreno
come una pecorella smarrita,
ti ho voluta bene per tutta la vita.
Non ho più nessuno che mi dà un consiglio,
in questo mondo terreno c’è solo odio,
siamo nati per odiarci l’uno con l’altro.
Carmela, il tuo cuore era grande,
tu sei stata la mamma di tutti,
dando da mangiare e da bere.
Riconoscevi chi aveva bisogno,
ma quello che hai fatto su questa terra
non è riconosciuto dalla morte crudele.
Morte crudele, perché hai portato via
la mia Carmela?
Non hai avuto cuore
e mi hai lasciato un grande dolore.
Quel giorno nella mia vita
ho sentito come un suono di campane
e la tua vita allontanarsi.
A volte rido, a volte piango,
per me la vita è un rimpianto.
Brutta la vita da solo!
Mi hai lasciato come un uccello smarrito
ricordo i nostri giorni felici,
la tua vita era la campagna.
Te ne sei andata con grande dolore,
hai lasciato i nipotini del tuo cuore,
i tuoi figli, i tuoi amici del cuore
e il tuo amato Filippo.
Carmela, dammi un bacio dalla vita divina,
aiutami tu, Carmelina.
Il sole piange, la luna è scura,
chi perde la moglie non ha fortuna.
Nel tuo ricordo…

…il tuo amato Filippo
e che tu sia benedetta

* * *

Altre poesie sullo stesso tema:
28.5.2018 -
Ricordando mia moglie scomparsa
15.7.2017 - Versi in ricordo di mia moglie

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(26.8.18) INVITO ALLA LETTURA: ANIME AMORALI DI ANTONIO ARDIZZONE (Domenico Distilo) - Antonio Ardizzone (Anime amorali, edito da Libereria, pp. 60, € 10,00) è uno che sperimenta, che rifugge dai canoni, che sempre urla la scoperta di qualcosa che si può vedere solo se si è disposti a rompere gli schemi, a rigettare nel caos e nell’informe ciò che sembrava avere un ordine e una forma. Così mescola parole e temi, realtà e immaginazione, saggezza e follia, vittoria e sconfitta.

Il risultato è il totale disincanto quale suprema verità dell’essere che trafigge ogni illusione, nel segno di un pessimismo che traducendosi in formulazioni poetico-canore si sostanzia in fatto esistenziale, in stile di vita. Così che il lettore sembrerebbe costretto a intrattenere con lui un rapporto diretto, senza mediazioni, che non può non avere come esito la scelta tra adesione e respingimento. Se il problema fosse una scelta di tipo etico, o magari politico.

Invece la questione è diversa: poiché i destinatari sono anime amorali, cioè disinteressate all’etica e/o alla politica, quel che conta è unicamente la pura artisticità, che come si sa si colloca al di là del bene e del male, una dimensione nella quale la forma prende il sopravvento sulla materia e l’universo si risolve in un estetismo estremo che mette al riparo dalla presa di qualsiasi dover essere, da qualsiasi sollecitazione a puntare ad altro, a diventare altro.

Lo stesso lessico quasi sempre va per conto suo rispetto al contenuto, nel senso che non gli si adatta per renderlo nel migliore dei modi possibili, ma lo crea attraverso assonanze, commutazioni di codice, espressioni pittoriche che sublimano e sostituiscono la ricerca del significato. Che finisce per emergere da sé nell’empito della creazione.

Una vicenda, la produzione poetico-canora di Antonio Ardizzone, che merita di essere seguita nei suoi sviluppi e nelle sue evoluzioni (che si può star certi non mancheranno), soprattutto sul versante stilistico, che dà l’idea di librarsi al di sopra della realtà per poterla ricreare, di modo che non sia un impaccio e una limitazione del genio.



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(31.8.18) INCONTRO A CANDIDONI CON ROCCO GIUSEPPE TASSONE - Un significativo momento culturale è stato quello dello scorso 11 agosto presso la Biblioteca comunale di Candidoni, con la presentazione dei due volumi del noto storico ed etnografo prof. cav. Rocco Giuseppe Tassone.

Alla presenza del sindaco avv. Vincenzo Cavallaro, della responsabile della biblioteca dott.ssa Sabrina Gatto e del parroco don Carmelo Surace è stato presentato dal prof. Carmelo Cocolo il libro del Tassone su San Gaetano Thiene, opera ricca di notizie storiche e biografiche sul Santo nonché di una corposa iconografia.

L’avv. Domenico Coco ha parlato invece del dizionario, sempre realizzato dallo stesso autore, denominato “Il Tassone” Vocabolario del lessico di Candidoni.

Entrambi i volumi sono stati apprezzati dal pubblico in sala che è intervenuto con interesse nella discussione dei lavori ed ha anche invitato l’Autore a ritornare in un secondo momento per un approfondimento dei temi trattati. Ritorno auspicato anche dal parroco Don Carmelo.

Nella foto: il prof. Tassone in un momento della manifestazione.


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(25.9.18) LE CONFESSIONI DI S. AGOSTINO E IL BINOMIO SUCCESSO / SPERANZA (Anna Circosta) - Ho cercato pedissequamente di ricostruire il mio percorso da fedele cristiana, quel percorso che mi ha portato fino al sacramento della cresima, senza ottimi risultati.

Ad oggi il mondo ti porta ad avere prospettive più ampie che possono facilmente allontanarti dalla finestra che affaccia solo verso il mondo cristiano ed i suoi luoghi di culto. Non mi definisco atea ma so che servirebbe qualcosa di più per essere cristiana, la fede.

Mi sono inoltrata, da poco tempo, nella lettura dell’opera agostiniana, meravigliandomi dell’umanità e della verità che lo stesso esprime. Non posso parlare di sincerità, poiché sarei riduttiva, parlo proprio di verità, quella che Agostino ha ricercato supplicando Dio misericordioso.

Capita spesso, a noi mortali, di supplicare con veemenza gente di alto ceto sociale, amori indiscussi, amici, insomma gente che pensiamo possa colmare le esigenze del nostro Io e del nostro Sé. Lui, invece, supplicava e richiamava la Sua presenza, ogni singolo giorno, attraverso preghiere, ammissioni e invocazioni. Pregava per quel Tu che gli ha donato la vita ed ogni singola qualità, ha ammesso ogni singolo peccato per richiamare la sua attenzione, ogni singolo gioco attuato per successo, perché è quello che cerca l’homo per apparire all’interno di un contesto. Possiamo dunque definire il successo, la malattia dell’homo sapiens sapiens?

Agostino lo aveva già dedotto all’epoca, come d'altronde fece Olivier Reboul quando parlò del successo e insuccesso del pedagogista. Quando la voglia di successo scavalca la persona, che sia un tu, un io, un egli o un ella, diventa automaticamente un insuccesso perché ti priva dell’identità. Questa è forse una delle tante tenebre delle passioni di cui parla Agostino, qualcosa che oggi definiremmo una trappola mentale.

Eppure Giorgio Nardone afferma nel suo libro La paura delle decisioni, che siamo liberi di scegliere e di costruire le conseguenze delle nostre azioni. Ci troviamo così di fronte ad un bivio: scegliere il successo o la speranza del successo?

Possono sembrare strade analoghe. In realtà l’una porta a scegliere il successo convenzionato come unica via plausibile per la vita, come parametro di ogni gesto e azione; l’altra ci porta a sperare che questo succeda in via inedita, senza troppe meditazioni sugli standard sociali e senza troppe complicazioni, semplicemente attraverso la speranza che qualcosa accada, proprio come fece Sant’Agostino.

Nella foto: dipinto raffigurante Sant'Agostino.


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(30.9.18) L'ESTATE TEATRALE GALATRESE - Tra gli eventi dell’estate galatrese è ormai divenuta tradizionale la serie di appuntamenti teatrali, con diverse messe in scena da parte di compagnie allogene ma, soprattutto, con l’esibizione della Compagnia Teatrale Valle del Metramo, che ha scelto di cimentarsi ogni anno con testi in grado di far risaltare le peculiarità della storia e delle tradizioni locali, in primis il profilo linguistico-espressivo, articolando tematiche di attuale e sicura pregnanza.

La scelta è caduta quest’anno su U ciondolu miraculusu, commedia brillante in due atti di Roberto Mandica, il cui epicentro narrativo è la credulità popolare verso i sedicenti maghi, in realtà ciarlatani dalle spiccate attitudini persuasive, che dopo essere planati chissà da dove su un piccolo paese, su una cittadina, su un quartiere popolare di una grande città ed essere riusciti, con espedienti banali e nel contempo impensati, a spillare quattrini persino ai più scafati, scompaiono nel nulla o, nel migliore dei casi, finiscono in prigione dopo essersi lasciati dietro una lunga scia di tragedie (altro che commedie!) esistenziali.

L’essenza della commedia, in particolare della commedia brillante in vernacolo, consiste però nel trasformare il tragico in comico, riuscendo a trarre il riso là da dove, senza la sapienza degli adattamenti e la caratterizzazione di personaggi e situazioni, non potrebbero scaturire che sentimenti di segno opposto.

Il gruppo di attori, che lavora sotto la guida di Raffaele Ruggieri, dimostra di essersi saputo egregiamente amalgamare nell’arco degli anni, potendo contare su un nucleo “storico” di esperti – dallo stesso Raffaele Ruggieri a Michele Furfaro a Nicolina Romeo ad altri - che integra via via i nuovi senza stravolgere o alterare linguaggi e formule e preservando l’identità del gruppo.

Così non ha generato traumi il ritorno, dopo parecchi anni, di Marianna Furfaro , mentre non ha pagato dazio all’emozione la new entry Anna Maria Liotti Raschellà, una sorpresa per molti vista la sicurezza e la disinvoltura mostrate sulla scena.


Locandina della commedia "U ciondulu miraculusu"


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(17.10.18) XVIII SETTIMANA DELLA LINGUA ITALIANA NEL MONDO (Pina Lamanna) - Cari amici di Galatro Terme News,

vi propongo in basso il programma della XVIII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo 2018 che si svolgerà nella nostra Circoscrizione Consolare a Lomas de Zamora, in Argentina. Si tratta di un un bel programma: L'Italiano e la rete, le reti per l'Italiano, con la concessione dell´Alto Patronato del Presidente della Repubblica.

Si consegneranno inoltre gli Attestati ai connazionali con piú di 50 anni nella nostra Circoscrizione Consolare.

E' previsto anche un Concorso per un audiovisivo organizzato dagli alunni della "Dante Alighieri" di Lomas de Zamora: L'Italiano, perchè no!

Il programma include anche l'intervento dell'Orchestra Municipale di Tango di Lomas de Zamora e del gruppo folcloristico italiano Chialchia.

Un abbraccio dall'Argentina.

Pina Lamanna






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(19.10.18) SEMINARIO TEMATICO SU NEUROBIOLOGIA E MECCANISMI D'AZIONE DELLE PSICOTERAPIE - E' previsto presso le Terme di Galatro nei giorni di sabato 20 e domenica 21 ottobre un seminario tematico sul tema "Neurobiologia e meccanismi d'azione delle psicoterapie". L'evento, organizzato dall'associazione Ados col patrocinio del Comune di Galatro, è rivolto a psicologi, medici e psicoterapeuti ed è condotto dal dott. Marco Pagani.

Riportiamo in basso la locandina con tutte le informazioni sulla manifestazione.



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(20.11.18) IN MEMORIA DELLA POVERA CARMELA (Filippo Cirillo) -






Si ringrazia Arianna Sigillò per l'impaginazione word.

* * *

Altro sullo stesso tema:
23.8.2018 -
Altre due poesie per mia moglie scomparsa
28.5.2018 - Ricordando mia moglie scomparsa
15.7.2017 - Versi in ricordo di mia moglie

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(20.11.18) IMMAGINI DELLA XVIII EDIZIONE DELLA SETTIMANA DELLA LINGUA ITALIANA NEL MONDO (Pina Lamanna) - Cari Amici di Galatro vi propongo in basso le foto delle recenti feste che abbiamo avuto qui in Argentina.

La Settimana della Lingua Italiana nel Mondo ha avuto, come previsto, un grande successo. C'è stata, tra le tante cose, la consegna degli attestati agli italiani con più di 50 anni a Lomas di Zamora, ed un concorso per un audiovisivo organizzato dall'Associazione "Dante Alighieri" di Lomas di Zamora dal titolo "L'Italiano, perché no!"

Un omaggio speciale è stato fatto al signor Luciano Marson, combattente della Seconda Guerra Mondiale che, a soli 16 anni, è stato prigionero nel campo di concentramento di Dachau in Germania.

Si è svolto anche uno spettacolo musicale di Tango e c'è stata l'esibizione del gruppo folkoristico italiano "Chialchia".



























Ecco inoltre delle foto di "Buenos Aires celebra Italia". Come ogni anno in ottobre a Buenos Aires si festeggia l'Italia e la città si veste di festa.























Saluti dall'Argentina

Pina Lamanna


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(24.11.18) GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE: SI PRESENTA UN VOLUME - L'associazione Ados col patrocinio del Comune di Galatro, in occasione della Giornata contro la violenza alle donne, organizza per domenica 25 novembre 2018 la presentazione del volume Quel nastrino rosso della scrittrice Carmela Paonessa. E' previsto l'intervento di varie autorità.

Riportiamo in basso la locandina con tutte le informazioni sull'evento.



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(28.11.18) SI PRESENTA A ROSARNO UN VOLUME SUL MUSICISTA DOMENICO BARRECA - Il pianista e musicologo galatrese Massimo Distilo relazionerà a Rosarno presso Omega Gallery - Via Umberto I n. 4 - in occasione della presentazione del libro di Agostino Formica dal titolo Domenico Barreca, storia di un musicista - Alba Edizioni, pp. 120 - dedicato ad illustrare la figura di un maestro di Terranova Sappo Minulio vissuto a cavallo tra Otto e Novecento.

L'evento, che avrà luogo giovedi 29 novembre a partire dalle ore 16.00, è organizzato da Alfart nell'ambito dell'ottava edizione di "Artisti Calabresi" in cooperazione con "Caffè Letterari".

Riportiamo in basso la locandina della manifestazione.



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(3.12.18) TOURNÉE IN COREA DEL SUD PER NICOLA SERGIOIN DICEMBRE - Il pianista jazz galatrese Nicola Sergio sarà impegnato nel corso del mese di dicembre in un importante tour di ben 9 concerti di piano solo che tocca sette diverse città della Corea del Sud (due concerti a Seoul).

Nel 2012 il suo album "Illusions" era stato selezionato tra i migliori 9 album dell'anno (insieme a Brad Meldhau e ad altri grossi nomi) da una rivista coreana specializzata nella musica jazz. Da quel momento il produttore del tour ha seguito l'evoluzione artistica di Nicola e lo sviluppo della sua carriera e, dopo aver ascoltato tutti i suoi album ed averlo visto esibirsi in concerto in giro per l'Europa, ha deciso fosse giunto il momento per presentarlo al pubblico coreano, sicuro che il suo stile compositivo ed il suo personale melodismo possano fare centro.

Ecco in basso la locandina con le date e le città della tournée coreana di Nicola:


Altra importante novità nell'attività del musicista galatrese, il lancio, previsto a gennaio, del 1° episodio della mini-serie musicale Trailers composta da 5 episodi, che segna al contempo il suo debutto come compositore di musica per immagini (pubblicità, documentari, films) ed il lancio del "brand" Nicola Sergio Music che si occuperà d'ora in poi delle sue produzioni in ambito jazz, musica per immagini, edizioni metodi didattici e spartiti, arrangiamenti su commissione, etc.

Nicola sta inoltre lavorando come pianista/arrangiatore per il progetto Opera Illegal della cantante lirica Gabriella Zanchi e per il musical Le chavalier de Maison Rouge prodotto da Martin Guichard, che ha l'ambizione di portare lo spettacolo in Asia e negli Stati Uniti nel 2021.

Vi proponiamo in anteprima il video del 1° episodio della mini-serie Trailers:


Clicca sull'immagine per visualizzare il video

Nicola Sergio è attivo anche nel campo della pedagogia della musica e, dopo 2 anni di lavoro, ha portato a termine il primo volume del suo metodo di Creazione melodica ed improvvisazione nel jazz che dovrebbe uscire entro il 2019.

www.nicolasergio.com

www.facebook.com/Pagina-Nicola-Sergio-644265625942114


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(14.12.18) HO IL SOSPETTO DI ESSERE UN TANTINO ERETICO (Pasquale Cannatà) - Anche quest’anno, in occasione della festa dell’Immacolata Concezione, mi è capitato di ascoltare un’omelia durante la quale il sacerdote ha ripetuto il concetto caro alla quasi totalità dei credenti e che riguarda la verginità della Madonna prima, durante e dopo il parto.

Nel prosieguo della Messa si è recitato il Credo alla fine del quale il sacerdote ha concluso: «Questa è la nostra fede.»

Mi risulta che si potrebbe non credere alle apparizioni della Madonna (Lourdes, Fatima, ecc.) o ai miracoli che avvengono in quei luoghi o in qualunque altro posto ad opera dell’intercessione di quelli che noi consideriamo Santi, senza per questo essere considerati fuori dalla Chiesa cattolica: ci dicono che basta credere nel Vangelo e in quello che è stato stabilito nei primi concili, quello di Nicea nel 325 e quello di Costantinopoli del 381 sotto forma di “Simbolo degli apostoli”.

E allora posso senz’altro affermare che io credo!

1) in Dio Padre Creatore … perché tutto ciò che esiste non può prodursi da se (nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma diceva lo scienziato/filosofo Lavoisier), altrimenti dovrebbe agire prima di esistere, il che è assurdo! Quindi ci deve essere una causa esterna creatrice di tutto l’universo, attraverso il big bang o in qualsiasi modo Egli abbia voluto fare. Inoltre condivido la riflessione di Joseph de Maistre che chiedeva ai suoi ospiti: «Si può concepire il pensiero come accidente di una sostanza che non pensa?»

2)
in Gesù Cristo suo unico figlio… della stessa sostanza del Padre. Infatti Giovanni inizia il suo Vangelo scrivendo: ”In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”.
Noi testimoniamo la Parola che si è fatta carne 2000 anni fa e che è presente tra noi oggi così come era presso Dio al momento della creazione del mondo, e senza di Lei nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste. Il termine latino verbo traduce il greco logos che vuol dire anche pensiero: il Verbo era presso Dio ed il Verbo era Dio, significa dunque che Dio è Pensiero che si manifesta con la sua Parola la cui Potenza crea l’universo. La parola è figlia del pensiero, non può esistere una parola che non nasca da un pensiero e noi non possiamo conoscere cosa pensa una persona se questa non si esprime con parola scritta, parlata, illustrata o in qualsiasi altro modo sia possibile farlo (quando si dice che qualcuno parla senza pensare si intende che lo fa senza riflettere, perché il cervello non può mettere in moto la bocca senza la volontà di farlo che nasce dal pensare di farlo). Noi possiamo conoscere Dio (il Logos, il Pensiero) solo perché Gesù Cristo (il Verbo, la Parola) ce l’ha rivelato e ci ha fatto sapere che Lui è il figlio di Dio così come la parola è figlia del pensiero. Gesù è la manifestazione di Dio sulla terra, e sono la stessa cosa, così come la nostra parola è manifestazione del nostro pensiero e sono la stessa cosa.

3) che nacque da Maria vergine… che resuscitò da morte…
Su Maria ho già fatto una considerazione in un mio precedente articolo riguardo le litanie del rosario nelle quali si prega la Madonna quale “madre del Creatore”. Maria è madre di Dio, perché è madre di Gesù Cristo che è Dio, e su questo non ci piove in quanto nel Vangelo è scritto che Gesù ha detto di essere una cosa sola con il Padre e che esiste un unico Dio. Ma se si vuole entrare nello specifico delle tre Persone uguali e distinte nelle quali in tempi e modi diversi si manifesta questo Dio Unico, bisogna tener presente che lo Spirito Santo (che è Dio) agisce in mezzo a noi dal momento dell’Ascensione di Gesù e fino alla fine del mondo; del Figlio sappiamo dai Vangeli e dagli atti degli apostoli come e quando si è manifestato; il Padre ha creato l’universo, e in quel principio il Verbo era presso di Lui e lo Spirito Santo aleggiava sulle acque…
Un unico Dio quindi, in tre Persone uguali, ma distinte al punto che Gesù afferma in un passo del Vangelo: “Alcune cose le conosce solo il Padre”; per questo sarebbe forse più corretto dare a Maria l’appellativo di “madre del Signore nostro Gesù Cristo, che è Dio” piuttosto che “madre di Dio”. Madre del Salvatore, e non madre del Creatore, madre del Figlio, e non madre del Padre, così come non si è mai sentito dire che sia madre dello Spirito Santo: d’altronde ci sarà pure un motivo se ogni anno a Pasqua ricordiamo la morte e resurrezione di Gesù Cristo e non la morte di Dio! Dio coinvolge Maria per concretizzare il Suo manifestarsi su questa terra in forma di uomo, ma non mi risulta che l’abbia interpellata al momento di creare l’universo! Maria è madre di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, e mentre noi facciamo fatica a credere, perché come Tommaso non abbiamo “visto e toccato”, Lei era compenetrata dalla Grazia ed aveva capito che il Figlio (Cristo Salvatore che è Dio) doveva morire e risorgere in espiazione dei nostri peccati, cosa che i discepoli hanno tardato a capire e ad accettare; la sofferenza di Maria sotto la croce attiene solo alla perdita del figlio (Gesù uomo) che non avrebbe più ripreso la sua forma terrena in carne ed ossa, non alla morte di Dio Creatore.
Ora vorrei fare una considerazione sulla verginità della Madonna dopo il parto. Premesso che “nulla è impossibile a Dio” e che i concili II e III di Costantinopoli e quello Lateranense hanno sostenuto tale verità affermando che i “fratelli e le sorelle” di Gesù erano praticamente dei cugini chiamati fratelli secondo l’usanza del tempo, credo anch’io che Gesù è figlio unigenito di Maria e che lei non abbia avuto figli da Giuseppe: d’altronde, quando hai potuto toccare con mano la divinità, ogni altro interesse umano svanisce. Ma io mi domando: se Dio ha voluto farsi uomo, condividendo in tutto fuorchè nel peccato la condizione umana (questo dice la Chiesa, per cui Gesù mangiava, beveva ed espletava i suoi bisogni corporali), perché Maria dovrebbe essere sminuita della sua Immacolata Concezione e della sua purezza se durante il parto le fosse successo quello che capita a tutte le donne? E se la sua verginità dopo il parto attenesse solo alla sua vita coniugale? Sarebbe salva la verità affermata dai concili e ne verrebbe esaltata la natura umana di Maria e con lei la grandezza di tutte le donne che portano in se e trasmettono la Vita.

4) nello Spirito Santo Amore, nella comunione dei santi, nella remissione dei peccati, nella resurrezione della carne, nella vita eterna.

5) in tutto quello che è scritto nei Vangeli!
San Paolo, nell’esortare il discepolo Timoteo a non tradire la sua fede in Gesù, afferma che il nostro Dio è: “Il solo che possiede l'immortalità, che abita una luce inaccessibile”. Forse neanche lui ha capito pienamente la grande forza esplosiva, il significato profondo di ciò che scriveva, ma la sua frase è una grande testimonianza per noi uomini moderni: è chiara a noi che abbiamo conoscenza di meccanica quantistica e di fisica nucleare, e che sappiamo come ogni cosa misurabile si può dimezzare e ridurre fino ad un certo punto oltre il quale non si può andare. Questa misura minima si chiama ‘quanto’, ed esiste il quanto di energia, quello di materia, di luce, ecc... C’è una certa analogia tra quanto dicono Bibbia e scienza, vediamo: - in principio (nell’istante zero) Dio creò il cielo e la terra (erano presenti l’infinitamente grande di materia ed energia da cui è nato l’universo, concentrati nell’infinitamente piccolo dello spazio-tempo iniziale) Dio disse ‘sia la luce’ e la luce fu (poi il big-bang).

Davanti a quell’istante zero, al principio, si ferma la scienza andando a ritroso, perchè non si può accedere oltre la grande luce dove abita il Creatore.

L’Apostolo delle genti, parlando della “luce inaccessibile” ci ha fornito la chiave giusta per aprire la porta oltre la cui soglia si scopre ineluttabilmente la presenza di Dio.

Questa è la mia fede, e spero che alcuni miei piccoli o grandi distinguo che ho illustrato qui o in altri miei scritti non mi pongano al di fuori dalla comunità cattolica della quale sono onorato di far parte: solo quando sarò al cospetto di chi giudicherà la mia condotta terrena saprò se le mie idee avranno allontanato qualcuno dalla Verità e ne chiederò perdono o se qualcuno si sarà rafforzato nella fede ed allora forse questo mi varrà per farmi perdonare qualcuna delle mie tante debolezze.

Consiglio a quanti si sono allontanati dalla Fede a motivo di tanti piccoli particolari aspetti che non condividono, o per il comportamento disdicevole di alcuni ministri, di badare alla sostanza del messaggio Evangelico e del Credo Niceno-Costantinopolitano, e quindi di tornare a credere.

Buon Natale a tutti!

Articoli attinenti:
06.12.2016 - Dicono che è solo letteratura
03.06.2015 - Bizantinismi teologici

Nella foto in alto: Immacolata Concezione di Antonio Cortina y Farinos.

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(21.12.18) SPETTACOLO NATALIZIO SU DICKENS ALLA SCUOLA MEDIA "ROCCO DISTILO" DI GALATRO - I ragazzi della Scuola secondaria di primo grado "Rocco Distilo" di Galatro presentano uno spettacolo musicale dal titolo Canto di Natale tratto dall'omonimo racconto di Charles Dickens.

L'evento è previsto per sabato 22 dicembre con inizio alle ore 15.30 e si svolgerà presso la sala congressi del Grand Hotel delle Terme di Galatro.

Vi proponiamo in basso la locandina della manifestazione:



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(22.12.18) PREFAZIONE AL LIBRO DI POESIE DI ROCCO GIUSEPPE TASSONE (Lorenzo Infantino) - Quando Rocco Giuseppe Tassone mi ha rivolto l’invito a scrivere qualche riflessione su questa sua raccolta di poesie (Solo il poeta può nel canto, Edizioni Università Ponti con la Società, 2018, pp. 120), ho accettato subito e volentieri. Ho trascorso tanti anni in mezzo alle opere dei classici delle scienze sociali. Ed è la prima volta che mi accingo a parlare di poesia. Il compito non mi spaventa. Al pari del poeta, anch’io mi trovo in permanenza davanti a problemi che nascono dalla condizione umana. Il mio approccio è diverso. E diverse sono le mie risposte. Ma il poeta, il narratore e lo scienziato sociale sono uomini che, posti di fronte agli eventi della vita, ci danno una loro “lettura” e aiutano in tal modo il nostro orientamento esistenziale. E, sebbene nello svolgimento del mio lavoro non mi sia consentito di andare al di là delle prove e delle confutazioni, non mi sento personalmente estraneo alla poesia.

Ci sono tuttavia anche altre ragioni che mi hanno indotto a scrivere queste righe. Credo nell’esistenza della “Repubblica delle lettere”, un mondo in cui la cittadinanza si acquisisce con la qualità dell’impegno e la consapevolezza di quanto fruttuoso sia dialogare senza barriere. Inoltre, so che Tassone è molto amato dai suoi allievi. È questo un privilegio che non tutti i docenti riescono ad acquisire: non è sufficiente avere alle spalle qualcosa che ci attribuisca un posto di lavoro. È necessario porsi dalla parte dei giovani: ascoltarli, capirne le aspettative, prenderli per mano e aiutarli a scegliere l’itinerario della loro vita. E tutto ciò dev’essere vissuto come un ineludibile compito. Se gli studenti amano un docente, è perché sanno sempre individuare coloro che danno un contributo alla loro crescita e quanti invece vivono con svogliatezza impiegatizia il rapporto educativo.

Rammento infine che Tassone vive nella città in cui sono nato. E, malgrado il fatto che ne sia lontano da più di cinquant’anni, conosco quel che c’era ieri e quel che c’è oggi. Soprattutto, so quanto sia difficile fare cultura in un contesto in cui gli sforzi compiuti nel secondo Dopoguerra non hanno prodotto i risultati sperati. E c’è anzi la caduta di quelle aspettative che hanno alimentato la vita delle generazioni nate immediatamente prima della guerra e subito dopo.

Non frappongo però altri indugi. Vengo al compito che Tassone mi ha assegnato. Un filosofo a me caro soleva dire che ogni uomo è un romanziere di se stesso: perché, in una certa misura, ciascuno progetta la propria vita, cerca di “scriverla” concretamente tramite le proprie realizzazioni e, anche se non lo fa attraverso le pagine di un libro, la racconta. Ciò significa che ogni uomo, pure colui che non ci lascia i suoi versi, perché risponde a un’altra vocazione o ad altre possibilità, nel suo intimo, con le sue aspettative, le sue gioie e le sue delusioni, è un poeta. Con il loro dolce fluire o con la loro aguzza drammaticità, gli eventi segnano la sua anima. E, anche se non è formalizzata e resa pubblica, la sua poesia è nota alle persone con cui egli più strettamente comunica. La piccola o grande cerchia degli amici nasce elettivamente. E, a ben vedere, la scelta discende dal reciproco apprezzamento del romanzo esistenziale e della poesia che ciascuno esprime nel rapporto intersoggettivo.

Pure quando non incarniamo il ruolo sociale di romanziere o poeta, tutti siamo, in vario modo, narratori e poeti. Non possiamo farne a meno. Ed è per questo che il romanzo e la poesia ci attraggono. Corriamo a leggere e a condividere l’opera di quanti fanno di queste attività la loro professione. Cerchiamo di dare alla nostra vita un itinerario sulla base della vita reale o immaginaria degli altri. E ciò è in fondo un tentativo di difenderci dall’incertezza della nostra condizione. Ci troviamo davanti alla cooperazione e al conflitto, all’amore e all’odio, all’allegria e al dolore, alla natura benevola e alla natura matrigna, in un mare magnum che minaccia i nostri fragili ormeggi e che ci disorienta. Ecco: la narrazione e la poesia, quelle che i grandi offrono al vasto pubblico e quelle che comunichiamo oralmente alla cerchia dei nostri amici, ci aiutano a fare la nostra strada, a non sentirci smarriti e a non smarrirci.

Giunti qui, dobbiamo fare i conti con un interrogativo. Ho detto che ciascuno di noi è in varia misura, e necessariamente, romanziere e poeta. Ma nel contesto in cui viviamo non siamo giudicati tali. Perché? Per la ragione che assurgono socialmente a quel rango solo coloro che, nel momento in cui “cristallizzano” nella narrazione o nei versi gli eventi vissuti o immaginati, sanno dare un profilo unico a quel che pongono davanti a noi. La complessità di tutto ciò che è umano impedisce di dire «come le cose sono effettivamente avvenute». È così che, pure se non ne siamo consapevoli, nei nostri minuti racconti abbiamo bisogno di “isolare” frammenti di realtà. Ma il romanziere e il poeta, se pure prendono spunto da un aspetto della quotidianità, lo rappresentano in una lingua che solo loro sanno padroneggiare e in una forma che a noi è preclusa.

È come se facessero ri-nascere, e a volte nascere, le cose. Pongono dinanzi ai nostri occhi quel che spesso noi non vediamo.

E Rocco Giuseppe Tassone vive in un tale mondo. Non a caso afferma che «solo il poeta può nel canto». Ci parla allora di un desiderio che «muore disperato, nel ricordo[… di] baci mai provati». Dice ai suoi allievi: «Per voi avrò motivo di vita, con voi avrò continuità di pensiero, in voi avrò memoria». Dialoga con le «gigantesche ombre secolari» degli antichi ulivi. Annuncia un’alba che «sorgerà su di un tramonto» in cui «nessuno godrà del sole e nessuno ascolterà il canto degli uccelli». E, rivolgendosi alla luna, chiede risposta alla domanda che grava inevasa su tutti noi: «Luna, dolce Luna! Tu che miri la transumanza dell’umana vita, scadenzando il tempo dell’effimera nostra esistenza, dimmi, favella, cos’è la nostra presenza difronte all’eternità e l’infinito oblio del tuo vagare eterno?».

Le poesie di Tassone sono un viaggio all’interno della vita. Sono una grande galleria di sensazioni, sentimenti e interrogativi, che egli rivela a tutti noi. Senza reticenze. E gli dobbiamo essere grati, perché la lettura dei suoi versi, ponendo in luce meridiana la nostra condizione di eterni cercatori di orientamento, ci accomuna e ci arricchisce.

Il prof. Lorenzo Infantino è titolare della cattedra di Filosofia delle Scienze Sociali presso la LUISS "Guido Carli" di Roma. Ricopre inoltre il ruolo di Presidente della Fondazione "Friedrich A. von Hayek".

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Solo il poeta può nel canto di Rocco Giuseppe Tassone

Nella foto in alto: copertina del libro Solo il poeta può nel canto

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