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3.7.05 - Alcune riflessioni
di Pietro Ozimo

7.7.05 - Col piede sbagliato

2.8.05 - Ricordando il dott. Cordiani
di Fortunato Raschellà

10.9.05 - Norma ed eccezione

3.11.05 - Rassegna stampa

4.12.05 - Caro vecchio ponte di ferro...
di Maria Grazia Simari

6.12.05 - Non basta migliorare l'estetica
di Giusy Ferraro

10.12.05 - Non rovinate la nostra Galatro!
di Maria Teresa Lamanna

19.12.05 - Il saluto di Di Canio
di Massimiliano Mercuri

20.12.05 - Libertà e presunzione
di Antonio Sibio

30.12.05 - Il ponte di ferro è pericolante
di Alfredo Distilo





(3.7.05) ALCUNE RIFLESSIONI (di Pietro Ozimo) - L’articolo su Galatro Terme News, "Politica: si muove l'Amministrazione", mi ha portato a riflettere su un metodo politico, ormai, vecchio e stravecchio, vale a dire quello di discutere su alleanze e non su contenuti, che ha portato tanti cittadini ad allontanarsi dalla politica.
  • In politica bisognerebbe avere quel coraggio morale di fare, sì, quel… “passo indietro” rimanendo però fuori da qualsiasi competizione politica, ma restando in ogni modo nel “gruppo” lavorando per il bene di tutti.
  • Molti dicono che Galatro ha “toccato il fondo” ma, pensando che incontri politico–partitici o pseudo tali possano cambiare le sorti del paese, a mio giudizio, sbagliano perché il “DNA” di una persona non si cambia.
  • Ritengo che bisogna individuare una “squadra” sinergica di persone, se pure “senza grandi capacità” ma che abbiano l’umiltà di ascoltare e cogliere le interpellanze di tutti i cittadini guardando al bene dei galatresi, “anche di quei galatresi acquisiti” che sicuramente vogliono il bene di Galatro più di tanti altri, per poi individuare un candidato a Sindaco che sappia dare una svolta reale al modo di governare il Comune (che è di tutti), un Sindaco che possa ridare fiducia ai cittadini ormai stanchi anzi stanchissimi del sistema di fare politica tanto da portarli a dire che non andranno più a votare.

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    (7.7.05) COL PIEDE SBAGLIATO - Si sa che gli errori del passato dovrebbero servire, a chi ne ha cognizione, a non ripeterli. Se, nonostante ne abbia piena cognizione e consapevolezza, tuttavia li ripete, allora siamo in presenza di un disturbo psicofisico che prende il nome di “coazione a ripetere”, catalogato tra le nevrosi ossessive.
    La campagna elettorale del 2006 è già partita, ma dalle prime mosse s’intuisce, appunto, la coazione a ripetere gli errori del passato, dei quali è il caso di proporre un mini catalogo, nel caso improbabile che ci sia chi voglia trarne beneficio.
  • Errore n. 1 - Proporre e fare alleanze sulla base di affinità elettive (simpatie, antipatie, amicizie, parentele, clientele) rigorosamente prescindendo dai contenuti, da cosa si vuole fare, dal perché e dal come lo si vuole fare.
  • Errore n. 2 - Porre veti ad personam, sganciati da considerazioni oggettive di opportunità, attitudini, inclinazioni, adeguatezza ai ruoli (di sindaco, assessore, consigliere) in astratto e in concreto.
  • Errore n. 3 - Imbarcare chiunque, purché portatore o procacciatore di voti, che se servono per vincere dovrebbero servire anche per amministrare. Vincere senza poter amministrare, tantomeno lasciare un segno nella gestione della cosa pubblica, è una vittoria di Pirro, una vittoria inutile.
  • Errore n. 4 - Pensare che i contenuti, i programmi da presentare agli elettori, siano esercitazioni letterarie, formalità da sbrigare per presentare la lista. Tanto, poi, chi se ne ricorderà?
  • Errore n. 5 - Scrivere nei programmi proposizioni generiche, cose che possano andar bene per tutti. Un buon programma elettorale sarà invece quello che conterrà alcune cose che non vanno bene, almeno, per qualcuno. Vedremo, ad esempio, chi, proponendo una sistemazione urbanistica degna di un paese turistico (a parte il PRG), dirà in che modo vorrà sistemare il Lungometramo (lato Sud).
  • Errore n. 6 - Dare per scontato che i servizi che il Comune normalmente eroga (acqua potabile, pulizia e polizia urbana, manutenzione delle strade ecc.) siano privi di pecche, irreprensibili, solo perché si rischia, dicendo il contrario, che qualcuno si adonti e voti per la lista avversaria.
  • Errore n. 7 - Non chiarire che le indennità di carica, che sono state istituite a garanzia della democrazia (perché tutti, anche se privi di mezzi o non in possesso di mezzi sufficienti, possano accedere agli incarichi elettivi), non sono un modo possibile per alleviare la disoccupazione o arrotondare lo stipendio o la pensione, ma il riconoscimento di un impegno profuso sulla base di altre motivazioni.
  • Errore n. 8 - Glissare, non dir nulla sull’opportunità-necessità di improntare alla trasparenza il rapporto amministrazione cittadini. Trasparenza che, per intenderci, non consiste nell’affissione all’albo degli atti amministrativi, ma nel mettere i cittadini in grado di valutare i risultati raggiunti da dirigenti e funzionari nel perseguimento degli obiettivi definiti, in prima ed ultima istanza, in sede politica, dagli organi dell’amministrazione che derivano direttamente dalla volontà popolare.
  • Errore n. 9 - Continuare a pensare che gli incarichi assessoriali si possa continuare a conferirli come ventanni fa, senza tenere conto delle modifiche sostanziali introdotte dalla Bassanini. La qualità dell’assessore, nessuno ha più dubbi, è ormai più tecnica che politica.
  • Errore n. 10 - Non concepire nessuna idea originale, fuori dagli schemi e dalle convenzioni, per timore di épater les bourgeois, spaventare l’opinione benpensante, mentre è probabile che solo la creatività (possibilmente non in senso tremontiano) potrà farci uscire dalla morta gora in cui siamo finiti.

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    (2.8.05) RICORDANDO IL DOTT. CORDIANI (di Fortunato Raschellà) - Mi ha profondamente addolorato la notizia della morte del dottor Francesco Cordiani che rivedevo con molto piacere da alcuni anni in occasione dei festeggiamenti della Madonna del Carmine.
    Quest'anno non ci sarò nei giorni della festa della Madonna (facevo tutti gli anni la processione percorrendo strade e stradine del paese che rivedevo con piacere anche perché legate a tanti ricordi) per impedimenti vari che mi hanno tenuto nel paese in cui vivo da circa trentatré anni (Uggiate Trevano, in provincia di Como) e, ironia della sorte, non ci sarà neanche il dottor Cordiani, perché ci ha lasciati per ritornare alla luce di Dio.
    Le mie condoglianze vanno innanzi tutto alla moglie e ai parenti tutti. Ricordo con affetto il dottor Cordiani quando, io presidente della S.S. Galatro, aveva preso in mano l'aspetto sanitario della squadra e ci seguiva con dedizione e attaccamento in tutte le trasferte, soprattutto in quelle difficili che ci portavano a giocare, negli anni splendidi del Galatro, negli anni, quanto per intenderci, quando la facevamo da padrone in tutti i campi a suon di gol sotto la guida tecnica di mister Giancotta.
    Con il dottor Cordiani se ne va un altro pezzo di storia della Galatro di altri tempi, un personaggio che aveva contribuito, insieme ad altre figure che ci hanno lasciato in questi ultimi anni, a risollevare le sorti civili e morali del paese.
    Complimenti a Galatro Terme News per il lavoro di informazione costantemente aggiornato attraverso il quale seguiamo quanto accade in paese.


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    (10.9.05) NORMA ED ECCEZIONE - La politica è, di norma, conflitto. Tant’è che c’è chi ne fa derivare il nome non da Polis, città, ma da Polemos, guerra, e un certo Von Clausewitz aveva definito la guerra nient’altro che la prosecuzione della politica con altri mezzi, come per dire che tra le due cose non c’è soluzione di continuità ed esse non sono due ma una sola, appunto O’ Polemos, la guerra.
    Si dà il caso, però, che il teatro della guerra sia la città, per cui non si dà Polemos senza Polis, donde l’esigenza, comune ai contendenti, di salvaguardare la città perché il conflitto possa continuare a svolgersi e non venga meno l’oggetto stesso del contendere. Polemos, in altri termini, vive e muore con Polis, per cui diviene giocoforza che i contendenti si diano regole atte ad evitare la distruzione di Polis.
    A contendere nell’ambito di regole che salvaguardino Polis sono, secondo il filosofo tedesco C. Smith, teorico del cosiddetto “decisionismo” e per questo molto in voga in Italia ai tempi di Craxi, gli Hostes, (nemici), da distinguere dagli Inimici, il cui contendere fuori dalle regole mira alla distruzione di Polis.
    Allorché l’Inimicus incombe gli Hostes sospendono le loro ostilità per volgersi contro di lui. La storia pullula di conflitti sospesi per consentire agli Hostes di fare fronte comune contro l’Inimicus, dall’alleanza delle città greche contro i persiani ai governi di coalizione inglesi durante la seconda guerra mondiale, fino alle leggi bipartisan votate di recente dai parlamenti dei Paesi democratici contro le minacce del terrorismo islamico.
    Alla vigilia delle elezioni del 2006 Galatro si trova, esattamente, nella condizione nella quale gli Hostes, se vogliono salvare la possibilità di continuare, in futuro, ad essere tali, debbono far fronte comune contro l’Inimicus.
    Chi sia l’Inimicus crediamo che ognuno l’abbia chiaro, tant’è che da tutti o quasi si riconosce l’eccezionalità della congiuntura, la necessità di operare cambiamenti epocali, rotture sostanziali con il passato recente e meno recente.
    Se queste sono le premesse –da tutti, perlomeno apparentemente, condivise- quel che ne dovrebbe seguire è un’unica proposta –leggi: una sola lista- all’elettorato con quattro punti programmatici di chiarezza solare:
    1) invertire la tendenza al calo demografico attraverso la creazione, puntando in primis sulle Terme, di prospettive occupazionali;
    1bis) elaborare un piano credibile per tirar fuori le Terme dall’impasse, che è conclamata ed evidenziata dalla difficoltà dell’attuale gestione a conseguire il funzionamento a pieno regime della struttura;
    2) ripensare, in ragione della vocazione turistico-termale, l’assetto urbanistico riprendendo il Piano Regolatore Generale abbandonato dall’Amministrazione uscente;
    3) elaborare un piano per gli insediamenti produttivi privilegiando proposte compatibili con la vocazione turistico-termale;
    4) operare una riorganizzazione funzionale dei servizi migliorandone l’efficienza e, con essa, la vivibilità di un paese che è stato abbandonato da molti, negli anni scorsi, anche a causa della scarsa qualità delle poche opportunità che riesce ad offrire.
    Il tempo delle enunciazioni generiche, delle frasi buone a 360°, è ormai finito. Dai partiti, dai movimenti politici, dagli stessi cittadini ci si attende adesso, finalmente, una discesa, una full immersion, nel merito delle questioni.
    Continuare a tenere le carte coperte secondo le regole della politica “normale”, in tempi in cui è l’eccezione a dominare la scena, potrebbe essere, questa volta davvero, un errore irrimediabile.


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    (3.11.05) RASSEGNA STAMPA - BERLUSCONI E IL BERLUSCONISMO
    “Non credo che Berlusconi sia uno dei problemi dell’Italia di oggi. Credo invece che Berlusconi sia il problema perché riassume in sé tutti gli altri e li materializza, li rappresenta, li esprime come di più non si potrebbe. Berlusconi concentra in sé e proietta al di fuori di sé nel dibattito pubblico una natura che fa parte della storia di questo paese ed è in un certo senso nella natura di ciascuno di noi.
    In ciascuno di noi c’è un po’ di quello che chiamiamo berlusconismo se con questa parola si intende l’amore di sé, il bisogno di sedurre, il dilettantismo, il pressappochismo, la bugiarderia, il trasformismo, il gusto del comando per il comando, l’ebbrezza del potere, l’arroganza verso gli avversari, il disprezzo delle regole.
    C’è tutto questo in ciascuno di noi e quindi nella società in cui viviamo e della quale siamo partecipi. Ma in lui questi vari connotati esistono allo stato puro, archetipico. Li impersona con assoluta naturalezza. Ne è consapevole e infatti li usa con sagacia. Il suo successo è dovuto a quei requisiti ed è infatti alla loro diffusa presenza nella società che egli fa appello da dieci anni. Con successo fino a qualche tempo fa.
    Solo che ci sono molte altre cose in ciascuno di noi e nello spirito del paese. Diverse da queste. Opposte a queste. La novità di questa fase sta nel fatto che la società italiana sta rivalutando altre sue caratteristiche, un’altra parte della sua composita natura, più responsabile, meno credula, meno fiduciosa nella taumaturgia e nei miracoli, più attenta alla ragione e meno disponibile alle emozioni, meno fiduciosa nel “fai da te”, più esigente di risultati. Insomma non più disposta a farsi fregare”.

    Da Eugenio Scalfari, "La satira fa vedere le mutande del re”, La Repubblica, Domenica 30 Ottobre 2005


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    (4.12.05) CARO VECCHIO PONTE DI FERRO... (di Maria Grazia Simari) - Ho appena appreso della gara indetta dal Comune di Galatro per l’abbattimento del ponte di ferro. Devo dire che mi viene un po’ da sorridere quando leggo queste cose, soprattutto quando vedo che tra le motivazioni c’è il fatto che l’opera risulterebbe “antiestetica”. Con il dovuto rispetto ritengo che il senso dell’estetica e del bello si sia da molto tempo perso nelle opere che vengono realizzate a Galatro. Non volendo entrare nel merito della questione e volendomi appellare al solo senso dell’artisticamente bello, mi chiedo quanto più belle siano le opere di forme indefinite ed indefinibili di cui è stata riempita Galatro in questi ultimi anni, rispetto al ponte in questione.
    Volendo muovere una critica da cittadina e da innamorata del mio paese, ritengo che per quanto antiestetico possa essere considerato il vecchio ponte di ferro, ha visto nascere e crescere più d’una generazione e solo per questo avrebbe diritto di sopravvivere al cemento... è un po’ un’istituzione... come voler dire abbattiamo il Colosseo e costruiamo un altro anfiteatro più moderno perché ormai quello è troppo fuori moda! Credo che ci si debba dare una regolata. Abbiamo forse dimenticato quelle meravigliose fontane antiche di cui era piena la nostra Galatro? Sparite. Hanno lasciato il posto a sorelle sicuramente più moderne, ma meno belle, e vi posso assicurare che è il pensiero di tutti o quasi! E questo è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare!
    Quindi, vorrei dire a quei signori che hanno così a cuore il bene e il bello del paese, di non fermarsi alla sola apparenza perché, a voler cercare, ci sono tante e tante cose che necessiterebbero di una rivisitazione. Se proprio però non riuscite a resistere alla tentazione dell’arte e delle opere, assicuratevi almeno che l’arte sia arte con la “A” maiuscola e le Opere siano veramente “Opere d'Arte”!


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    (6.12.05) NON BASTA MIGLIORARE L'ESTETICA (di Giusy Ferraro) - Pubblichiamo un breve intervento di Giusy Ferraro che, prendendo spunto dall'articolo di Maria Grazia Simari, mette in evidenza come non basti migliorare l'estetica del paese per lenire i disagi di cui sembra soffrire Galatro.

    Sono Giusy Ferraro, ho appena letto l'
    articolo di Maria Grazia Simari e credo che lei abbia pienamente ragione.
    Io sono legatissima al mio paese e ogni anno vederlo declinare sempre più in basso mi procura molto dispiacere. A Galatro non è necessario cambiare l'aspetto del paese che, così come si trova, è delizioso. Credo piuttosto che si debba cambiare ben altro.
    Cari signori, se provate a guardare Galatro come si presenta da alcuni anni, vi accorgerete che è oramai desolato. Intere famiglie e gruppi di ragazzi lo abbandonano. Perche? Non di certo per l’aspetto estetico, ma per ben altri motivi. Cercate di capire il perché e fate qualcosa per ridare un futuro migliore a Galatro e ai galatresi. Auguri e buon lavoro.

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    (10.12.05) NON ROVINATE LA NOSTRA GALATRO! (di Maria Teresa Lamanna) - Ho letto solo adesso l'articolo di Maria Grazia Simari e, sapere che vogliono buttare giù il ponte di ferro, mi addolora e mi rammarica, visto che ormai è solo uno dei pochi pezzi di storia di Galatro che ci rimane.
    I Signori parlano di estetica e anche a me viene da ridere. Io definirei senza senso o assurde le "cose" (concedetemi il termine, ma non saprei come altro definirle) che stanno costruendo in questi ultimi anni.
    Se abbiamo voglia di fare, che ben venga, ma non per rovinare la nostra Galatro!
    Permettetemi una domanda: perchè il gusto e il sapere di questi Signori non è mai conforme a quello del paese?
    Grazie.

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    (19.12.05) IL SALUTO DI DI CANIO (di Massimiliano Mercuri) - Che strano paese l’Italia, che strano modo di affrontare i problemi che attanagliano la nostra società, che strano modo di parlare di sport, di etica, di moralità, di giustizia.
    Appunto, di giustizia, che bella parola: ma per chi e quando ci sarà una vera giustizia? E chi dovrebbe garantire la giustizia in Italia? Forse chi indossa una toga ideologica?
    Forse la parola esatta è “giustizialismo giacobino”, sì, proprio quello della rivoluzione francese. Oggi, certo, non ci sono le ghigliottine, ma l’aria che si respira è la stessa: giustizia, o presunta, ma a senso unico.
    Domenica scorsa, alla fine della partita di calcio Livorno-Lazio, Di Canio, giocatore e capitano della squadra bianco-celeste, saluta i tifosi, amici e non, con il saluto romano: braccio destro alzato. Non l’avesse mai fatto: l’indomani, su quasi tutte le testate giornalistiche si sono scatenati quei giornalisti giacobini-giustizionalisti, che hanno avuto, così, il giusto “assist” per invocare la sopra citata giustizia forcaiola, e per gridare all’attentato alla patria, alla bandiera italiana, alla Costituzione.
    Oh perbacco!
    Pensate che lo stesso n° 1 della FIFA, Blatter; ha invocato la squalifica per Paolo Di Canio e per la stessa Società bianco-celeste.
    Pensate un po’!
    Di Canio l’ha fatta propria grossa, ha commesso una strage, è stato scoperto mentre stava preparando un attentato suicida alla Nazione Italiana!
    Che paura!
    Ma che idiozie!
    Moralisti-giacobini ipocriti, presunti paladini della retta via, ci si vergogni e si abbia il pudore di tacere, sì, di tacere; e se si vuol parlare, si dica la verità fino in fondo.
    Se è rimasta un po’ di dignità, si cambi mestiere, e forse si farebbero meno danni.
    Ma guarda un po’, anziché parlare dei razzi sparati ad altezza d’uomo (Tare, altro giocatore della Lazio, per poco non veniva colpito alla nuca rischiando di rimanere ucciso), dei bilanci falsati, dei Rolex regalati, del calcio-scommesse, dei debiti delle maggiori società calcistiche (con in testa qualche società che annualmente spende miliardi, per poi vincere, alla fine, solo la “Coppa Scarabocchio”, coppa assegnata in un torneo nazionale parrocchiale degli anni ’80 ), dei cori razzisti, di quei “bravi tifosi”, compagni di merenda, che nella partita Lazio-Livorno (che coincidenza) dello scorso campionato, distrussero la stazione di San Pietro e malmenarono i poliziotti, ci si attanaglia a condannare un gesto, un semplice saluto romano. Appunto, romano: quel saluto usato, ancor prima della nascita di Cristo, da un leggendario esercito, quello dell’Impero Romano.
    Ma che scandalo!
    Come ha osato Di Canio usare un saluto romano?
    E allora bisognerebbe chiedersi: come osano i compagni Lucarelli e Zampagna (rispettivamente giocatori del Livorno e Del Messina), e compagni di merenda a salutare con il pugno sinistro alzato?
    E come osano quei bravi ragazzi dei tifosi del Livorno (non tutti per fortuna) a intonare allo stadio “Bandiera rossa”? Ma si è allo stadio o in una sezione di un partito?
    Si sta parlando di calcio o di politica?
    Che vergogna!
    In questo paese ci si indigna per un semplice saluto romano, però, contemporaneamente vengono scarcerati dei terroristi, con la “labile” giustificazione di essere definiti guerriglieri patriottici: si vada a chiedere ai genitori ed ai parenti di quei poveri 132 bambini trucidati, massacrati a Beslan, in Ossezia, il 1° Settembre del 2004 da un commando di terroristi ceceni (bestie assassine), come definiscono questi “bravi guerriglieri” che si fanno saltare in nome di Allah.
    In questo paese vengono intitolate strade al più grande terrorista palestinese di tutti i tempi, strada che, ironia della sorte, doveva essere intitolata ai soldati italiani massacrati in Irak.
    In questo paese vengono concesse da frati cattolici, nonostante il divieto del Vescovo, le palestre del proprio convento ai musulmani per pregare (e a casa loro ti “sgozzano” solamente se ti vedono indossare un semplice simbolo cristiano).
    In questo paese si vedono pseudo-preti marciare a braccetto con quei “bravi compagni maoisti” che vanno in giro per l’Italia a manifestare, distruggendo e mettendo a ferro e a fuoco tutto ciò che incontrano (il popolo Sassone gli farebbe un baffo), e, alla fine, chi ne fa le spese sono sempre quei poveri poliziotti, carabinieri e finanzieri che, per 700 euro misere al mese rischiano la vita puntualmente. E questi “angelici delinquenti”, quando vengono arrestati, vengono, poi, rilasciati in quanto, anch’essi, considerati guerriglieri patriottici, bravi ragazzi che si oppongono, poverini, alla globalizzazione dell’intero pianeta.
    Ci si vergogni, pseudo-giornalisti e non, paladini di un giustizialismo-giacobino, becero e forcaiolo, si cambi mestiere! Si abbia la dignità di tacere!
    Qualcuno, in questi giorni, su qualche quotidiano nazionale ha avuto, addirittura, la faccia tosta di scrivere: “ Eh, ma in Italia non c’è stato un regime comunista condannato dalla nostra Cositituzione, ma solo un regime fascista, e, quindi, il saluto comunista non può essere paragonato a quello fascista”.
    Falsari della storia, si sa soltanto predicare odio, emanare sentenze giacobine-forcaiole, predicare solo menzogne, falsità, invenzioni. Non si ha rispetto, neanche oggi, della memoria e dei parenti di quei 100 milioni, ripeto 100 milioni (32 milioni nella sola Unione Sovietica) di vittime innocenti che dal 1917 al 1991 sono stati massacrati, trucidati dal regime comunista in tutta Europa. Cifre fornite dall’accademico russo, Aleksandr Iakovlev, direttore della Commissione per la riabilitazione delle vittime delle repressioni politiche in Russia, istituita nel 1991. E il mondo è ancora in attesa di un rapporto sugli orrori del PC cinese di Mao.
    Emeriti moralisti giacobini, che vi indignate per un semplice saluto romano, ma non per un pugno sinistro alzato al cielo, ci si è dimenticati dei “Gulag” russi delle isole Solovki? Sì, Solovki, sul mar Bianco, dove Stalin trasformò uno straordinario monastero ortodosso, con secoli di vita religiosa e sociale ineguagliabili (nonostante le difficilissime condizioni ambientali), insieme ad altre chiese disseminate sulle varie isole, in un immenso lager, e furono rinchiuse, perché contrarie alla dittatura comunista o soltanto sospettate, persone di ogni ceto sociale, compresi molti vescovi, moltissimi sacerdoti e monaci ortodossi.
    Ci si è dimenticato, o non si vuole ricordare, il famoso “Triangolo della morte” in Emilia Romagna, descritto anche dal giornalista-scrittore comunista Giampaolo Pansa nel libro “Il sangue dei vinti-Quello che accadde in Italia dopo il 25 aprile”?
    Si racconta di migliaia di innocenti, massacrati dai partigiani comunisti, tra cui 108 sacerdoti, rei soltanto di esseri cristiani-cattolici. E ancora oggi ci si chiede quali fossero veramente le ragioni di tale mattanza.
    Ci si è dimenticato di Porzus, nel Friuli orientale, dove un centinaio di partigiani comunisti fecero prigionieri e trucidarono 19 uomini (tra questi Francesco De Gregori, zio dell’omonimo cantautore, e Giulio Pasolini, fratello dello scrittore Pier Paolo) della brigata Osoppo?
    E si vuol parlare dei diecimila morti e dei trecentocinquantamila esuli istriani e dalmati (le foibe, proprio loro, ci si ricorda vero?), massacrati dai compagni titini per la sola colpa di essere italiani?
    E si potrebbe andare avanti per ore, e ricordare (senza presunzione) tutto ciò che ha rappresentato, e, ahimè, rappresenta, ancora oggi per qualcuno, quel regime comunista di cui sono figli coloro che salutano con il pugno sinistro alzato al cielo. E allora, cosa fare?
    Personalmente il modo di salutare lo considero folcroristico, ma se ne si vuol parlare, si condannino entrambi i saluti (quello romano, o fascista, e quello comunista), o ci si preoccupi di problematiche più serie che attanagliano il calcio italiano e, più in generale la società italiana.
    E quando sarà, lo si faccia con onestà intellettuale e memoria storica, altrimenti il giudizio sarà falsato da beceri giacobini ideologismi.


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    Il saluto di Di Canio (20.12.05) LIBERTA' E PRESUNZIONE (di Antonio Sibio) - Caro Massimiliano, vorrei fare un appunto alla tua presa di posizione sul gesto di Di Canio, senza entrare in discorsi complessi che riguardano la storia, alla quale permettimi di fare solo un accenno alla fine, o la nostra società moderna, ma cercando di rimanere solo nell’ambito sportivo.
    Concordo pienamente con te sul fatto che ci sono, sempre riferiti al calcio, dei problemi più importanti da affrontare e da mettere in risalto rispetto a tale gesto, ma sappiamo entrambi che la cosa che più importa ai direttori delle varie testate giornalistiche, è quella di vendere il maggior numero di copie, sfruttando per questo”la notizia del momento”.
    Ritornando a Di Canio, premetto che anche secondo me la politica dovrebbe rimanere fuori degli stadi, ma bisogna anche dire che lo stadio è un luogo pubblico dove ognuno può, sempre nei limiti consentiti dalla legge e dalla decenza, esprimere la propria opinione, anche in fatto di politica od ideologie.
    Il gesto in questione, come tutti sapranno, è il saluto romano compiuto dal capitano della S. S. Lazio in occasione della partita svoltasi a Livorno contro la squadra locale. La partita era una di quelle considerate “a rischio” proprio per le opposte ideologie, mai nascoste, delle due tifoserie che già lo scorso anno, come hai avuto modo di ricordare, avevano avuto modo di mostrare quanta stupidità regni in alcune persone che sono definite, a torto, tifosi.
    La colpa di Di Canio sta appunto in questo, e cioè nel fatto che, essendo la partita così a rischio per i motivi sopraelencati, non doveva lui, capitano nonché bandiera della S.S. Lazio, fare quel gesto, per il semplice motivo che così facendo avrebbe potuto esasperare gli animi già caldi d’entrambe le tifoserie, che fino a quel momento si erano scambiate soltanto cori offensivi e intonati canti di partito. Infatti, a “Bandiera rossa” cantata dalla curva livornese rispondeva quella laziale con “Faccetta nera”, come i cori contro Di Canio venivano bilanciati da quelli contro Lucarelli, capitano del Livorno nonché idolo della curva livornese sempre, ma non solo, per motivi ideologici.
    Anche se non perseguibile a norma di legge (doveva essere compiuto da almeno altre quattro persone), tale gesto è però passibile d’idiozia da parte di chi lo ha compiuto proprio per i motivi da me prima citati e riferiti all’ordine pubblico. Ed è sempre per questi motivi che non trovo sbagliato il gesto, sempre da te citato, del calciatore del Messina Zampagna. Questi, non ricordo se dopo una sostituzione o a fine partita, si è rivolto alla curva livornese col gesto del pugno chiuso, ricevendo dai tifosi locali degli applausi e non mettendo, quindi, in pericolo l’ordine pubblico. Sarebbe stato bensì da idiota, oltre ovviamente che da irresponsabile, se tale gesto fosse stato compiuto non a Livorno verso la curva di casa ma magari all’Olimpico in occasione della partita contro la S. S. Lazio oppure in un qualunque altro stadio avente tifoseria di destra.
    Concludo qui il mio intervento facendo solo un piccolo accenno storico, come ho detto all’inizio, ricordando cioè che nel caso del comunismo, la storia non ha rispecchiato quegli ideali d’uguaglianza e libertà che erano alla base del pensiero che l’ha generato, mentre il fascismo ha espresso in pieno, purtroppo, gli ideali di violenza (razzismo compreso) che lo hanno portato al potere e che hanno segnato, insieme al terrorismo rosso, una delle pagine più nere della storia d’Italia.

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    Alfredo Distilo, responsabile dell'Ufficio Tecnico Comunale di Galatro (30.12.05) IL PONTE DI FERRO E' PERICOLANTE (di Alfredo Distilo) - Il ponte in ferro non sarà sostituito con un altro in cemento armato. Anche il nuovo ponte sarà in ferro e non in cemento armato. Vorrei precisare, inoltre, che il "caro (anche a me!) vecchio ponte di ferro" viene demolito perchè fatiscente, instabile e, quindi, pericolante e non perchè sia antiestetico.
    Eppoi, vogliamo far finta di non ricordarci che il ponte non è mai stato collaudato per i motivi che tutti sappiamo?
    Quanto all'ipotesi di organizzare una pubblica manifestazione a favore della conservazione del ponte, è semplicemente ridicolo, soprattutto perchè la quasi totalità della popolazione vuole che sia realizzato un ponte nuovo e più funzionale.
    Alfredo Distilo
    Responsabile dell'Ufficio Tecnico Comunale


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